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Petrolio: Basta investire per risolvere il problema?

di Ugo Bardi - 23/06/2006

 
Di fronte ai recenti aumenti di prezzo del petrolio, c’è chi non vuol sentir parlare del progressivo esaurimento dei pozzi, ma sostiene che la causa sia un effetto del meccanismo dei prezzi e degli investimenti. Secondo questa interpretazione, il prezzo del petrolio è stato basso fino a pochi anni fa e questo ha fatto si che le compagnie petrolifere non fossero invogliate a investire nell’esplorazione e nello sviluppo di nuovi giacimenti. Con l’ingresso di India e Cina sul mercato, le infrastrutture esistenti si sono trovate in difficoltà a soddisfare la domanda. Da questo è deroviato l’aumento dei prezzi. Tuttavia, adesso che i prezzi sono alti, diventa conveniente fare nuovi investimenti. Si scaveranno nuovi pozzi e si costruiranno nuove infrastrutture e fra breve tempo, qualche anno al massimo, tutto tornerà come prima. Basta investire per risolvere il problema.

Il ragionamento fila abbastanza, in apparenza. C’è evidenza, in effetti, se contiamo il numero di “rig” (attrezzature per l’esplorazione petrolifera), per esempio dai dati a WTRG, che gli alti prezzi del petrolio generano effettivamente un aumento di investimenti nell’esplorazione. Ci troviamo però di fronte a un problema. Vediamo l’andamento storico di prezzi e produzione (dati ASPO).
Prezzo_1Prima della grande crisi degli anni ’70, il prezzo del petrolio era rimasto su valori che oggi ci sembrano molto bassi, ovvero intorno ai 10 dollari al barile e spesso anche molto meno. Ciononostante, si investiva a sufficienza da poter mantenere una crescita della produzione del 7% all’anno, crescita che a noi oggi sembra vertiginosa. Dopo la grande crisi, il prezzo del petrolio si è abbassato, ma non è mai tornato ai valori di prima della crisi. In principio, questa fase di prezzi più alti avrebbe dovuto favorire gli investimenti e mantenere la crescita perlomeno ai livelli precedenti. Invece, la produzione è cresciuta molto più debolmente, a livelli medi intorno all 1.5% all’anno.

Ne consegue che l’incremento degli investimenti non si traduce necessariamente in un incremento della produzione. Questo è dovuto al fatto che è sempre più difficoltoso e costoso trovare nuovi giacimenti e trovarne che siano abbondanti e convenienti come una volta. Infatti, il massimo nei ritrovamenti si è avuto negli anni ’60, e l’aumento dei prezzi degli anni ’70 non è stato sufficiente ad invertire la tendenza, come si vede dalla figura (dati ASPO).
ProduzioneIn sostanza, chi ragiona secondo la linea “basta investire” si dimentica che l’esaurimento fa si che gli investimenti diventino sempre più costosi. La quantità di petrolio esistente è fisicamente limitata e, a lungo andare, si deve per forza arrivare a un punto in cui non importa quanto uno investe, non riuscirà a trovare niente. Non ci siamo ancora, ma evidentemente ci stiamo dirigendo in quella direzione. Meglio prenderne atto e dirigere gli investimenti verso qualcosa che renda più del petrolio, le energie rinnovabili per esempio.

Ugo Bardi
Fonte:
http://petrolio.blogosfere.it/