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Dimora del Graal

di Luca Lionello Rimbotti - 05/07/2006

Appare improvvisamente
in
fondo alla
strada rettilinea:
ulivi e
sole introducono
alla vista
della corona di pietra che si erge
alta su uno sperone. Le Murge, un
tempo ricche di foreste, oggi sono
riarsa pianura su cui svetta il solare
monolite di Castel del Monte.
Castello, si dice. Ma davvero uno
strano castello. Non ha spalti, non
ha merlature o camminamenti. È
un blocco ottagonale, rinserrato
da otto torrioni anch’essi ottagonali.
E il numero otto è la base
fisica e metafisica
di questo poderoso
monumento
all’inaccessibile.
L’imperatore
Federico II lo
fece costruire intorno
al 1240, ma probabilmente
non vi
entrò mai. E
questo contribuisce
ad
ammantare
l’edificio di
un’ulteriore aura
di mistero.
Non sappiamo neppure quale
doveva essere la sua funzione.
Casino di caccia? Troppo grande.
Fortezza? Ma è privo di aperture
atte al combattimento difensivo.
Residenza imperiale? Non possiede
vaste corti interne, cantine, stalle,
alloggiamenti. Maniero di rappresentanza?
Troppo spoglio, spartano,
le stanze sono strette, inadatte.
Del palazzo ha le finestre gotiche,
ma non l’agio dei saloni e delle
scalinate. Forse allora un edificio
metafisico? L’imperatore filosofo
avrebbe dunque costruito nella cuore
della Puglia, lui che veniva chiamato
Puer Apuliae, la rappresentazione
in pietra della sua concezione
sacrale del potere? Questa, che è
una delle interpretazioni più plausibili,
si fonda in effetti sulla considerazione
che Castel del Monte
sorge innanzi tutto su uno spazio
geomantico. Un luogo di
apertura magica del suolo, dove
non a caso una volta sorgeva un
tempio pagano: magnetismi tellurici
ai quali gli antichi
costruttori di edifici simbolici
erano attentissimi.
L’enigmatica sacralità di Castel
del Monte è la sua cifra più
profonda. Non per nulla è stato
associato alla tradizione sapienziale:
dimora del Graal, addirittura.
La sua collocazione sulla
via dell’Oriente, il suo nome in
antico associato a quello di
Maria e per estensione alla figura
femminile di Sophia, la Donna filosofica
dei Fedeli d’Amore, la presenza
nella pavimentazione di tracce
di mosaico col sigillo di Salomone
e di un Bafometto sull’architrave
di una sala interna: sono tutti
segni che avvicinano questo
castrum alla cultura templare. Tandi
to che alcuni studiosi hanno ipotizzato
che tra quelle mura si compissero
esperimenti di magia alchemica,
dato che vi sono camini troppo
piccoli per funzionare da riscaldamento,
ma giusti per servire da
bacino d’infusione. La sua collocazione
geografica, poi, avrebbe
dirette rispondenze astrali e l’intera
sua dislocazione rivelerebbe una
concezione numerosofica, basata
cioè sulla magia dei numeri.
In effetti, siamo di fronte a un’architettura
evidentemente sacra. Una
gemma ottagonale, in cui il numero
otto – simbolo dell’uomo e dell’infinito,
a indicare la rispondenza tra
il cielo (cerchio) e la terra (quadrato)
- si ripete con puntualità ossessiva
nel numero dei lati del castello,
nel numero dei torrioni, delle stanze
del piano inferiore e del superiore,
nei lati del cortile interno e in quelli
della vasca al suo centro, fino nei
più minuti dettagli ornamentali, i
petali, le foglie, tutti ripetuti otto
volte.
Bisogna ricordare che la cultura
matematica medievale era intrisa di
magismo e astrologia: e Federico
teneva a corte, tra sapienti di ogni
provenienza, anche illustri dotti dell’epoca,
tra i quali un Leonardo
Fibonacci, il maggiore matematico
del Medioevo, oppure un Michele
Scoto, figura di erudito e astrologo
Castel del Monte
è stato edificato
in uno spazio
geomantico.
aristotelico, profeta e alchimista.
Che quindi a Castel del Monte convergano
simbologie tradizionali,
allegorie e metafore sapienziali,
non desta meraviglia.
Alcuni autori hanno ricordato che,
nella sua disposizione architettonica,
Castel del Monte ricorda molto
da vicino altri edifici eretti come
simbologie del potere regale, quali
ad esempio il castello westfalico di
Wewelsburg, eretto nella forma atipica
di punta di lancia su un arcaico
sito pagano, o San Vitale a Ravenna
o la cappella palatina di Aquisgrana,
capitale imperiale. Oppure,
ancora, si è fatto notare che lo
stesso disegno a massa geometrica
della fortezza
pugliese ricorda
la corona
imperiale ottoniana
– ottagonale
anch’essa
- conservata nella
Hofburg di Vienna
e cimelio tra i più
prestigiosi della
natura sacra del
potere medievale.
Questi
rimandi sono
troppi per
essere considerati
semplici coincidenze.
Dietro ci dev’essere del
vero. E noi sappiamo che Federico
II, lo Stupor Mundi, fu un
sovrano votato come pochi alla
devozione per l’Imperium. La
regalità non era solo potere politico,
ma dignità circonfusa di divino,
bagnata coi crismi di una necessità
fatale, alla maniera romana antica.
Castel del Monte, lungi dall’essere
soltanto un eccezionale documento
di arte architettonica, è soprattutto
uno scrigno che racchiude sapienza
tradizionale nostra, è l’idea del
potere sacro lavorata col marmo e
pietrificata una volta per tutte.
Qualcosa dunque di eterno, che va
oltre le epoche.
Il vecchio storico tedesco Ferdinand
Gregorovius, che visitò Castel
del Monte nel 1875, aggirandosi a
cavallo per quelle terre ancora
immerse nella solitudine e nel
fascino intatto dell’evocazione,
scrisse che “a me, a vederlo
col sole declinante accendersi
di porpora e d’oro, apparve
appunto così, come la corona
imperiale degli Hohenstaufen
che si posasse sul magnifico
paese”. Inoltratosi poi tra
quelle mura silenziose, appena
sfiorate dal sussurro del vento
che saliva dalla piana, Gregorovius
entrò in una delle piccole
camere a volta che sorgono
all’interno delle torri, e rimase
allibito da una scoperta che gli
apparve fantastica: “Nella feritoia
di una di esse trovai tre uova di
uccello di color rosso, più grosse di
quelle di colombo. Il giubilo che
provai per questo ritrovamento fu
grande: le uova erano di falcone.
L’uccello di rapina che venne quivi
a deporle, discendeva indubbiamente
in linea retta da uno de’ nobili
falchi di Federico II…”.
Straordinarie rivelazioni come questa
appaiono soltanto in luoghi
sovraccarichi di destino. E Castel
del Monte è stato visto anche come
un tempio solare, costruito in modo
che la luce del sole nei solstizi formi
un rettangolo, divina proporzione,
racchiudente il numero d’oro
della sezione aurea, secondo progressioni
geometriche tradizionali:
le stesse, ad esempio, che furono
alla base della costruzione del Theseion
o del Partenone di Atene.
Castel del Monte è assai più di un
castello suggestivo. È un forziere
monolitico che racchiude in un unico
spazio il sapere metafisico e la
simbologia del potere. La nostra
civiltà riassunta in un simbolo di
pietra..