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Gli illeciti segreti di Bush

di Michael Ratner - 12/07/2006


È un fatto noto che l’amministrazione Bush sia costantemente alla ricerca di un potere esecutivo senza controlli, unilaterale, come lo sono le sue azioni illegali – dalla tortura alle intercettazioni elettroniche senza mandato. Se i tribunali continuano ad accettare ciecamente il ricorso sempre più frequente al 'segreto di Stato', il governo statunitense potrà continuare ad agire impunemente

Finalmente il Dipartimento di Giustizia Usa si è reso protagonista di un intervento decisivo nei confronti del crescente numero di azioni legali contro il programma di spionaggio del presidente George Bush. C’è un unico problema: ha agito per difenderlo, non per fermarlo.

Il 15 giugno, infatti, il Dipartimento ha avviato una causa per impedire al procuratore generale del New Jersey di verificare se le compagnie telefoniche abbiano o meno infranto la legge fornendo registrazioni alla National Security Agency (NSA). L’organo giudiziario statunitense ha sostenuto, per conto del presidente Bush, che lo stato del New Jersey non può portare avanti questa inchiesta in quanto ciò potrebbe “mettere a repentaglio la sicurezza nazionale”.

In maggio la stessa argomentazione era stata ribadita per indurre un tribunale federale a respingere, senza neppure esaminare le prove, un caso che metteva in discussione la validità delle intercettazioni sul territorio Usa prive di mandato, sulla base del fatto che il caso stesso avrebbe compromesso la sicurezza nazionale. L’amministrazione Bush ha preteso che il giudice lo respingesse senza possibilità di riesame.

Come è possibile che nei tribunali americani vengano portate avanti queste richieste unilaterali?

In entrambe queste circostanze, l’amministrazione ha fatto ricorso a un metodo radicale, il State Secrets Privilege (privilegio sul segreto di Stato), per respingere casi che avrebbero potuto mettere in discussione la condotta del governo. In virtù di questo privilegio, stabilito dalla Corte Suprema Usa nel 1953, il potere esecutivo può impedire la prosecuzione di casi che possano mettere in luce informazioni riservate del governo. Quando l’amministrazione invoca il segreto di Stato, nemmeno alla magistratura è permesso di verificare per decidere se una rivendicazione è corretta. Al dipartimento di Giustizia basta dichiarare che la prosecuzione del caso, anche a porte chiuse, metterebbe a repentaglio la sicurezza nazionale per far interrompere l’azione giudiziaria. In questo modo la magistratura non può operare alcun controllo sull’esecutivo per assicurarsi che operi all’interno dei confini costituzionali, e il Presidente resta l’unico giudice informato della propria condotta.

Il caso che l’amministrazione ha cercato di affossare il mese scorso avvalendosi del segreto di Stato è stato il 'CCR v Bush', che io stesso ho contribuito a depositare, assieme al Center for Constitutional Rights (Centro per i diritti Costituzionali), per conto dei cittadini americani verso cui le intercettazioni elettroniche senza mandato erano dirette.

Questo caso specifico non contiene nessun segreto rilevante – tanto che le prove a cui si fa riferimento nella nostra citazione non provengono da documenti riservati del governo, ma da documentazioni pubbliche (come ad esempio alcune dichiarazioni pubbliche del presidente Bush e del capo dell’NSA di quel periodo Michael V. Hayden). È difficile quindi accettare la tesi dell’amministrazione Bush secondo cui discutere queste informazioni, che sono di pubblico dominio, in tribunale potrebbe portare alla luce segreti di Stato.

Il caso è importante perchè rappresenta una delle ultime possibilità di mettere in discussione l’intercettazione sul territorio statunitense. Quest’azione si oppone all’intercettazione illegale di conversazioni ed e-mail di avvocati, che viola la legge federale, la Costituzione e la possibilità di un’equa azione legale. Se l’amministrazione Bush può spiare i privati cittadini senza un mandato e senza l’autorizzazione della magistratura niente vieta che il potere esecutivo spii chiunque – inclusi gli oppositori politici che ne contendono il potere, i giornalisti che ne esaminano accuratamente le azioni o gli avvocati che ne mettono in discussione la condotta.

Tuttavia, il ricorso dell’amministrazione al segreto di Stato non si limita al caso delle intercettazioni. Negli ultimi cinque anni la carta del segreto di Stato è stata la carta vincente che il presidente Bush ha usato contro molte delle obiezioni fondamentali sollevate sulla sua condotta. Come ha recentemente riportato il New York Times, in questa presidenza viene invocato “con maggiore frequenza” e in modo molto più vago di quanto abbia fatto ogni altra amministrazione nel corso della storia; secondo gli esperti, questa situazione ha mandato in "corto circuito le indagini della magistratura e il dibattito pubblico su alcune controversie centrali del periodo post 11/9".

I princìpi in gioco in queste controversie rapprendano il cuore della democrazia americana e della pubblica decenza: può il governo federale spiare tutti senza controllo? E la polizia può mettere in galera le persone senza motivo e senza un’autorizzazione o un controllo del tribunale? L’esercito può portare le persone all’estero segretamente per torturarle? E il presidente può nascondere errori che compromettano la sicurezza nazionale impedendo alla giustizia di far luce sulla condotta scorretta o sugli abusi del governo?

Esistono molti esempi inquietanti di situazioni in cui il presidente Bush ha fatto chiudere casi che sollevavano questioni analoghe.

Ad esempio, il caso ACLU, sul rapimento da parte degli Usa di un cittadino tedesco coinvolto per un errore di persona, è stato insabbiato dal segreto di Stato. La divulgazione di questi avvenimenti al governo avrebbe potuto creare solo imbarazzo, in quanto la persona rapita non era di certo al corrente di alcuna informazione riservata sugli Stati Uniti. Il ricorso al segreto di Stato è stato usato anche nel caso di un’altra causa intentata dal CCR per la detenzione ed estradizione illegittima di un cittadino canadese. (Questo caso è stato respinto per altre ragioni legate alla sicurezza e verrà fatto ricorso).

Usando quest’arma l’amministrazione Bush ha anche cercato di far tacere i cosiddetti whistleblower (i dipendenti che denunciano il malfunzionamento dell’amministrazione, NdT). Una traduttrice dell’FBI è stata licenziata nel 2002 dopo che si era lamentata di problemi all’interno della sua unità. La sua causa per “licenziamento per rappresaglia” è stata bloccata dal segreto di Stato.

La donna, Sibel Edmonds, era una traduttrice appena assunta senza alcun accesso a documenti riservati, quindi non avrebbe potuto essere al corrente di segreti rilevanti per la sicurezza nazionale. Secondo la stampa, più che di informazioni riservate si trattava di una questione d’incompetenza, come nel caso della FEMA (Federal Emergency Management Agency). La donna, infatti, aveva informato i suoi superiori che l’amministrazione aveva inviato traduttori non qualificati a condurre gli interrogatori con i detenuti di Guantánamo, e che, all’interno del programma, esistevano prove di spionaggio e corruzione.

L’amministrazione ha quindi abusato del privilegio semplicemente per nascondere quegli errori? Si tratta di una domanda che il tribunale si è persino rifiutato di prendere in considerazione. Tutti questi casi hanno una cosa in comune: il governo può usare il segreto di Stato per evitare di rispondere della sua condotta, di subire il controllo della magistratura e in ultima analisi per mettere a repentaglio la democrazia americana, così come la conosciamo.

Per concludere, è un fatto noto che l’amministrazione Bush sia costantemente alla ricerca di un potere esecutivo senza controlli, unilaterale, come lo sono le sue azioni illegali – dalla tortura alle intercettazioni elettroniche senza mandato. Se i tribunali continuano ad accettare ciecamente il ricorso sempre più frequente al segreto di Stato, il governo statunitense opererà al di fuori della legge e potrà continuare ad agire impunemente – un precedente pericoloso per qualsiasi paese che si definisca una democrazia.

Michael Ratner è un avvocato per i diritti civili e presidente del Center for Constitutional Rights, un’organizzazione che rappresenta le vittime di tortura, cattura ed estradizione illegale e spionaggio domestico.
Ratner è autore, con Ellen Ray, di Prigionieri di Guantanamo. Quello che il mondo deve sapere.

 

 

Fonte: Common Dreams
Traduzione a cura di Antonella Melegari per Nuovi Mondi Media