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L'etica del biocentrismo

di Paola Ficco* - 13/07/2006

Deep ecology ( “ecologia profonda”), cioè della ricerca dello spirito delle cose in una società che, portando l’uomo a concentrarsi su un materialismo esasperato, gli ha tolto la capacità di vivere la sua parte spirituale. Quindi, per tornare a capire quali sono i valori reali delle cose, l’ecologia profonda è convinta che l’uomo debba prendere esempio dai propri antenati e dalle popolazioni meno progredite.
Fondamentale è riportare l’uomo verso il giusto processo di maturazione naturale rimuovendo le forzature del sistema educativo e dei modelli culturali egocentrici promosse dalla informazione di massa.

Questo concetto filosofico elaborato da Arne Naess nel 1973, si colloca in una posizione mediana tra l’antropocentrismo e il biocentrismo.
Infatti, l’antroponcentrismo vede l’uomo come arbitro di ciò che è buono e di ciò che è, al contrario, cattivo. Non importa se al mondo c’è qualcuno o qualche cosa che può avere degli interessi, possa prosperare o deperire. E’ l’uomo che decide sempre come deve comportarsi e, quando sente la necessità di cambiare il suo atteggiamento nei confronti della natura, lo fa a meri fini utilitaristici.

Il biocentrismo, al contrario, ritiene che la natura sia dotata di un “valore intrinseco” indipendente dall’uomo; quindi, considera l’antropocentrismo totalmente inadeguato, interrogandosi sulla sua liceità etica e si chide se, ad esempio, sia sufficiente una “saggia amministrazione” per risolvere i problemi ambientali od occorre fare qualche cosa di più?

La volgarità della concezione antropocentrica dell’ambiente è di totale evidenza, poiché le fanno difetto caratteristiche come rispetto, responsabilità, diritti, conservazione, sostenibilità.

Sono questi piccolissimi spunti di filosofia ambientale, cioè di quella disciplina del pensiero (affatto nuova se si pensa che Cartesio agli inizi del ‘600 pensava che gli animali fossero semplici oggetti sui quali era possible effettuare ogni esperimento) che si interessa di come l’uomo si rapporta con l’ambiente che lo circonda.

Piccolossimi spunti che devono indurre una non più rinviabile riflessione su quali siano il nostro posto e il nostro ruolo nella natura. Per fare questo è necessario fare propri: i principi tecnici della scienza e dell’ecologia; la categoria comportamentale dell’etica e lo strumento programmatico della politica. Quale di questi dati è stato recepito (ad esempio) dalle emergenze dei rifiuti nel sud del Paese o nel “Codice ambientale” (Dlgs 152/2006)?

Nessuno, si registra solo una paralisi ed una incertezza totali (per le emergenze si aggiungono non più quantificabili risorse economiche). Regole legali e principi filosofici non servono più o meglio servirebbero se qualcuno li ricordasse e non piegasse a proprio favore l’ignoranza di sintassi di chi ascolta.

* Paola Ficco è giurista e giornalista, direttore di Rifiuti-Bollettino di informazione normativa (Edizioni Ambiente), nonché esperto per le tematiche ambientali del Sole24ore