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Picco del petrolio = rovina urbana

di George Orwel - 15/07/2006


 
 
   


La nostra economia dipende così tanto dai combustibili fossili che una mancanza di petrolio senza fonti di combustibile alternative condurrebbe al caos totale.

Mi torna spesso in mente un detto cinese che grosso modo si può tradurre così: a lungo non vuol dire per sempre. In altre parole, tutto termina; non importa quanto tempo ci voglia.

Mi sono occupato a lungo dell'industria petrolifera e ho parlato spesso con molti economisti sullo stato del mercato. Costituiscono un gruppo molto ottimista. Questo è un bene, perché trattano la questione della creazione di ricchezza, sebbene quando lasciano che un irragionevole ottimismo colori il loro modo di pensare, la loro unica preoccupazione è il beneficio finanziario a breve termine, e corrono il rischio di perdere di credibilità.

Dico ciò perché nel mondo moderno sta accadendo qualcosa di nuovo. A lungo, siamo stati abituati all’economia classica sostenuta da personaggi come Milton Friedman. Ma c’è una nuova razza di quelli che si potrebbero definire economisti rinnegati, il cui obiettivo non è basato soltanto sulla mera concorrenza, ma anche sul bene della comunità. Questi economisti, come anche gli scienziati, stanno discutendo sulle conseguenze di un mondo con disponibilità di petrolio ridotta. Si stanno chiedendo "perchè non possiamo cominciare a prepararci per il momento in cui probabilmente non ne avremo più?" Come i geologi che stanno richiamando la nostra attenzione su un picco del petrolio, questi scettici pensano che l'industria petrolifera si stia prendendo in giro da sola, essendo eccessivamente ottimista sull’abbondanza delle risorse naturali. Molto presto, vedremo una variazione nel pensiero economico tradizionale, da roventi mercati liberi a briglia sciolta a qualcosa di più ingrigito.

Il che ci porta al discorso del picco del petrolio. Prendiamo per assunto che la produzione di petrolio mondiale raggiunga il suo apice in circa 15 anni. Cosa significa per noi, in concreto? Non significherà che rimarremo senza petrolio immediatamente. Significa solo che la disponibilità netta di petrolio da allora in poi diminuirà ad un tasso annuo del 2 % circa, e dovremmo prevedere che la disponibilità cali del 20 % circa entro il 2035, quando la popolazione del mondo sarà raddoppiata, assieme al consumo di combustibile. Questa è ancora un’ipotesi e le cose potrebbero svilupparsi in modo diverso, incluso lo sviluppo di nuove tecnologie che potrebbero rendere la vita un po’ più facile, ma stiamo andando verso un enorme problema. Possiamo dire con sicurezza che la progressione generale degli eventi indica un futuro spaventoso.

Durante gli ultimi due anni già abbiamo visto un’anteprima di questo film, sotto forma di fornitura di petrolio che non riesce a tener dietro alla richiesta. Il risultato è stato prezzi elevati del combustibile ed un brutto colpo all'economia e alla fiducia dei consumatori. È importante ricordare che gli attuali, elevati costi dei combustibili non sono poi male se confrontati con ciò che dobbiamo aspettarci in futuro. Ci sarà una crisi quando la disponibilità si ridurrà così drasticamente che non importerà se avrete i soldi per pagare il combustibile. Come tutti sanno, quando i soldi perdono di significato perché non c’è niente da comprarci, ciò con cui si rimane è l’esistenza primordiale.

Sarà dura aver a che fare con l’impatto su trasporti, salute, agricoltura e altri aspetti dello sviluppo. Nel caso di una carenza generale di energia, pensate a cosa sarebbe delle nostre metropolitane, dei nostri ospedali, delle nostre fabbriche, dei nostri uffici e delle nostre case. La nostra economia dipende talmente dal combustibile fossile che una mancanza di petrolio senza fonti di combustibile alternative condurrebbe non solo ad un virtuale tracollo dell'economia, ma al caos totale. Come precisa James Howard Kunstler nel suo libro "La lunga emergenza: sopravvivere alle catastrofi convergenti del XXI secolo (*)" l'economia degli Stati Uniti si è evoluta gradualmente dall'uso di energia solare a modelli artificiali di vita sostenuti da combustibile fossile a basso costo.

Io di solito sono un ottimista ed il mio punto di vista è che farsi mantenere dal petrolio potrebbe non essere così artificiale come afferma Kunstler, ma devo apprezzare il suo punto centrale. Dice che dipendiamo dai computer per il lavoro, per imparare e fare shopping. Che siamo abituati a cuocere in microonde i nostri alimenti e che usare il gas per cucinare non è in dubbio. I sistemi che abbiamo sviluppato in Occidente, afferma - sistemi che si suppone dovrebbero migliorare l'efficienza - non possono sopravvivere senza un certo tipo di energia, soprattutto energia da combustibili fossili.

Altri hanno inoltre notato che il boom economico della prima metà Anni Venti è stato alimentato dal petrolio. L'economia è stata spinta dalle automobili così come dalla prima grande ondata di espansione suburbana. Entrambe hanno generato un’enorme attività economica in altri settori, dai beni immobili alla manifattura. Circa l’8 % delle famiglie statunitensi hanno avuto l’elettricità nel 1907 e la cifra passa al 35 % nel 1920. La produzione di automobili è aumentata da 45.000 unità nel 1907 a 3.5 milioni nel 1923. Ancora più importante, gli Usa hanno soddisfatto le proprie esigenze di petrolio con la produzione nazionale. Il fatto che il petrolio fosse disponibile a basso costo qui negli Stati Uniti ha fatto risparmiare tonnellate di denaro, che abbiamo investito a Wall Street.

Ma quel boom del petrolio ha anche significato problemi per l'economia agricola, che è stata trascurata mentre ci spostavamo verso l'industrializzazione durante la metà del XX secolo, con le esportazioni di beni manifatturieri verso Europa proprio mentre iniziava la Seconda Guerra Mondiale. Le fattorie degli Stati Uniti, che avevano guadagnato esportando grano in Europa durante la Prima Guerra Mondiale, hanno cominciato ad aver problemi negli Anni Trenta non appena la meccanizzazione portò ad una sovradisponibilità dei prodotti agricoli quali il grano. Il prezzo del grano crolla e la depressione finanziaria dei primi anni '30 porta nel seguito di quel decennio alla depressione economica per le fattorie. Il sistema da cui avevamo dipeso sprofonda durante la Grande Depressione. Alcuni pensano che l’attuale scarsità di fonti di energia potrebbe spingere la nostra economia verso una situazione simile.

Fino ad ora, non abbiamo iniziato a pensare a cosa possiamo mettere in pratica per continuare a far funzionare questi sistemi nel caso in cui rimanessimo senza combustibili fossili. Secondo l’ottica di Kunstler, il motivo per cui non abbiamo investito in combustibili alternativi è semplice: abbiamo affidato la decisione agli economisti neoclassici, i quali non credono che stia comparendo una crisi all’orizzonte. Il risultato, dice, è che ad un certo punto nell'immediato futuro la nostra economia smetterà di crescere. Nei due anni scorsi, gli alti costi energetici hanno tagliato la crescita di una piccola percentuale, abbassato la fiducia dei consumatori e colpito sia i guadagni dei produttori di auto che delle linee aeree. Quando l'economia degli Stati Uniti subisce un duro colpo, noi probabilmente lo sentiamo - non soltanto nei nostri portafogli, ma anche nelle strutture sociali che abbiamo costruito – a causa del potenziale crollo dei servizi.

Il cambiamento non avverrà in una notte. L'industria dell’automobile è uno dei tipi di trasporto più affamati di energia mai creati. La proprietà di automobili negli Stati Uniti, 217 milioni, è la più alta al mondo. A causa dell'espansione urbana nel Sud e all’Ovest, in posti come California e Arizona, abbiamo una dipendenza sociale dal trasporto su auto. Il sistema autostradale, realizzato negli anni '50, ha soltanto incoraggiato questo bisogno di guidare da soli automibili enormi. Milioni di galloni di benzina sono stati usati in questo processo. Nei decenni successivi, potrà non esservi necessità di costruire più autostrade perché non ci saranno molte automobili che le useranno. Potrebbe esser un buon consiglio iniziare a spostarci verso un sistema di trasporto di massa anche in città che attualmente non ne hanno uno. Il motivo è semplice: la necessità di conservare carburante aumenta di anno in anno.

Uno studio di parecchi anni fa di Randall G. Holcombe della Auburn University nell'Alabama dimostrava che l'industria automobilistica subirebbe i danni di gran lunga più significativi in caso di un crack petrolifero, dovuto ad un embargo dei produttori o altri tagli alla disponibilità. Inoltre, una grande parte del danno economico deriva da un declino nella domanda di produzione più che come conseguenza diretta della riduzione della fornitura di petrolio. Holcombe considera ciò significativo per due motivi collegati alla politica. In primo luogo, implica che anche se i responsabili delle decisioni politiche potessero sostituire tutto il petrolio contingentato, potrebbero ancora verificarsi importanti disfunzioni economiche come risultato di un embargo o solo di una fornitura limitata. In secondo luogo, le politiche progettate per minimizzare le perturbazioni della domanda possono produrre significativi benefici a basso costo e dovrebbero avere una netta priorità nelle questioni politiche pertinenti agli embarghi. Si tratta di un potente argomento per una pianificazione iniziale.

* “Collasso” Sopravvivere alle attuali guerre e catastrofi in attesa di un inevitabile ritorno al passato Traduzione di Giuliana Lupi pagg. 344 – € 20.00 – ISBN 88-89091-25-8 Edizioni NuoviMondiMedia

Il presente articolo è tratto da “Black Gold”, © 2006 di George Orwel

George Orwel è un analista del petrolio e un giornalista sia per Oil Daily che per Petroleum Intelligence Weekly. È apparso sulla CNN, la BBC e la NPR, ha scritto per LA Times e Christian Science Monitor, tra le varie pubblicazioni

Fonte: http://www.truthout.org
Link: http://www.truthout.org/issues_06/062206EA.shtml
21.06.06

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FILMARI