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La realtà in Libano

di movisol - 25/07/2006

 
Nonostante la distruzione delle infrastrutture del paese e lo sfollamento di 600 mila abitanti, cresce in Libano il sostegno per Hezbollah.

In parlamento Hezbollah ha 23 seggi su 128, conta ministri nel governo, gestisce attività caritative e scuole, ed ha un’ampia rete di sostegno nel paese. Si fonda soprattutto sulla popolazione sciita, che è l’80% nel Sud e il 40% sul totale. Militarmente Hezbollah può mobilitare fino a 100 mila uomini, sostengono fonti libanesi. Secondo un politico libanese, “Hezbollah è al volante del taxi che prendi, dietro al banco del negozio di alimentari, ecc.” Il leader di Hezbollah è lo sceicco Hassan Nasrullah, il quale ha dimostrato in diverse occasioni negli ultimi anni di essere in grado di portare in piazza un milione di manifestanti.

Le forze militari di Hezbollah sono molto inferiori a quelle di Israele, ma hanno finito spesso per sorprendere gli israeliani. In un’intervista alla CNN il 22 luglio, il presidente libanese Emile Lahoud ha asserito che nel caso di un’invasione di terra da parte israeliana l’esercito libanese si dispiegherebbe a fianco di Hezbollah. Un’arma “non convenzionale” di cui i libanesi dispongono è un esplosivo dossier sugli assassinii gestiti dal Mossad all’interno del paese. Il 17 giugno il Primo ministro Siniora ha reso noto che il Libano presenterà un esposto contro Israele al Consiglio di Sicurezza dell’ONU documentando gli “atti di aggressione”. Però, stando ad Al Manar, vicina ad Hezbollah, e come ha riferito in Germania Junge Welt, quest’iniziativa sarebbe stata bloccata dagli USA e dalla Francia.

Il dossier documenterebbe come il capo del Mossad Meir Dagan abbia personalmente reclutato squadre per l’esecuzione di attentati con autobombe e assassinii nel Libano. Tra i casi citati vi sarebbe quello di Ali Hassan Diebs, liquidato il 16 agosto 1999 e di Jihad Ahmad Jibril (figlio del capo del FPLP), avvenuto il 20 maggio 2002. E ancora l’assassinio dell’esponente di Hezbollah Ali Saleh il 2 agosto 2003 e l’esecuzione del leader della Jihad Mahmoud Majzoub il 26 maggio 2006.

In questo contesto sono state arrestate due persone. Una dichiarazione dell’esercito libanese del 13 giugno afferma: “L’esercito ha arrestato una cellula terroristica che operava per il Mossad israeliano” e gli arrestati hanno ammesso di aver preso parte agli assassinii sopra elencati. Il 22 giugno il quotidiano libanese Al Safir riferiva che lo spionaggio militare ha individuato un’altra cellula di spie israeliane, persino più sofisticata della precedente. Questa disponeva di un sistema di comunicazione capace di segnalare ai caccia israeliani gli obiettivi di Hezbollah a Sud di Beirut.

L’ambasciatore USA Jeffrey Feltman avrebbe minacciato il governo libanese “di interrompere la love story degli USA con il Libano”, e la sospensione di aiuti finanziari e militari, se Siniora avesse portato fino in fondo l’iniziativa di denuncia. Secondo quanto riferito da Junge Welt, l’11 luglio il ministero degli Esteri libanese ha confermato queste pressioni. Feltman avrebbe anche detto ai libanesi di non allargare l’ambito dell’indagine, in teoria per proteggere dei politici libanesi che potrebbero risultare coinvolti. Il ministero degli Esteri libanese però ha sottolineato che “Beirut insisterà affinché ci sia una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU”. Secondo fonti libanesi il ministro degli Esteri Fawzi Salloukh è deciso a proseguire l’indagine. E’ importante che il presidente Lahoud intenda presentare i risultati dell’indagine al funzionario dell’ONU Serge Brammertz, responsabile dell’indagine sull’assassinio dell’ex primo ministro Hariri. Alla fine potrebbe risultare che dietro quell’assassinio vi siano elementi del Mossad impegnati a rimuovere gli ostacoli alla destabilizzazione del paese.