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Un generale israeliano in congedo denuncia le illusioni del suo esercito

di movisol - 25/07/2006

 
Il generale in congedo Uri Sagi ha dato una intervista al quotidiano israeliano Ha’aretz che dimostra come il fronte dei militari sia tutt’altro che unito, ed ha messo a nudo alcune illusioni:

“Chi dice che abbiamo a disposizione tutto il tempo che vogliamo non dice la verità, né a sé stesso né ai cittadini israeliani. Fino a quando riusciremo ad andare avanti con una situazione del genere? … I bombardamenti aerei sono importanti, ma non bastano ad eliminare le infrastrutture di Hezbollah. Questo richiede un’operazione di terra, alla quale sono fermamente contrario”.

Per Sagi occorre che Israele avvii dei negoziati con il Libano e la Siria. “Hezbollah”, scritto, “è paziente. Incassa risultati, come i colpi su una grande città come Haifa e la paralisi di un quinto della popolazione israeliana…” Ha quindi aggiunto che in poche settimane l’opinione pubblica si rivolgerà contro Israele in quanto riconoscerà che ha provocato “la caduta del debole governo libanese provocando il caos” in quel paese.

Sagi ha ricordato come in un’operazione simile nel 1992, chiamata “Operation Accountability”, egli mise in guardia il capo di stato maggiore Ehud Barak che un attacco in grande stile contro Beirut, come Barak stava allora progettando, si sarebbe ritorto contro Israele. L’allora primo ministro Yitzhak Rabin convenne con Sagi e ridusse la pressione militare fino ad arrivare a prendere contatti diretti con Hezbollah. “Oggi pare che chi prende le decisioni sappia tutto. Invece vive nell’illusione che Israele possa continuare ad attaccare finché vuole, e che nel mondo non succederà niente”.

Sagi, che ha diretto l’intelligence militare, ha affermato che anche l’idea di esigere dal governo libanese che esso imponga il proprio controllo sulle regioni meridionali del Libano è decisamente illusoria. Secondo Sagi la proposta di stanziare nella regione forze di pace internazionali potrebbe funzionare, ma soltanto con la cooperazione di paesi arabi come Egitto, Giordania e Siria.

Dopo il suo congedo, nel 1995 Sagi diventò negoziatore segreto con la Siria. All’epoca della presidenza Clinton disse all’allora ambasciatore USA in Israele Dan Kurtzer che “l’odio non è una politica” e che Israele doveva intavolare una trattativa con la Siria. Sebbene Kurtzer promise a Sagi il sostegno dell’amministrazione Clinton, i negoziati con la Siria fallirono perché “gli Stati Uniti non mantennero la parola data al presidente siriano Hafez al-Assad e Barak si spaventò all’ultimo minuto”. Sagi è convinto che un’intesa, e poi eventualmente un accordo di pace con la Siria, e questo sotto la leadership di Bashar al-Assad, sia fondamentale per arrivare ad una composizione in Libano e poi, attraverso il Libano, aprire un primo spiraglio verso l’Iran. Ha notato che nel 1991 l’Iran sostenne la decisione della Siria di partecipare alla conferenza di pace di Madrid. Aprire questi negoziati avrebbe un impatto positivo anche nel conflitto con i palestinesi, ha concluso Sagi.