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Alla gara del tradimento

di Ida Magli - 05/10/2013

Fonte: itlainiliberi.it

   

È un terribile destino quello di doversi vergognare, davanti a se stessi e davanti al mondo, dei propri governanti, un destino che la storia ha riservato da molti secoli agli Italiani, sempre uguale lungo il succedersi di Papi, Re, Imperatori, Principi, Dogi. La democrazia non ha cambiato nulla a questo orrido scenario, anzi: da quando abbiamo dei parlamentari, dei “rappresentanti”, l’umiliazione è diventata il nostro pane quotidiano proprio perché in teoria ci “rappresentano”, sarebbero “noi” nel loro modo di essere e di agire. La miseria dei loro comportamenti ci ha inflitto fin dai primi passi della vita parlamentare tutte le umiliazioni possibili; tuttavia ci eravamo illusi che non si potesse superare la vetta raggiunta con Mani Pulite. Quello cui abbiamo assistito nel giorno della conferma del governo Letta invece è andato al di là di ogni possibile previsione.
 
 La prima cosa che dobbiamo dire al mondo che ha guardato, incredulo e senza riuscire a capire, l’orribile scena, è che i politici, i parlamentari, i governanti che hanno visto succedersi sul palcoscenico, non ci rappresentano e non sono italiani. Gli italiani, infatti, non sapevano nulla di quello che sarebbe successo; nessuno ha chiesto il loro parere, ma anzi il governo Letta, cosiddetto delle “larghe intese” è stato costituito contro l’indicazione degli elettori, tanto che nessun partito aveva la maggioranza. Fa parte, inoltre, del governo Letta, nella qualità di Ministro degli Esteri e che dovrebbe quindi rappresentare l’Italia di fronte al mondo, la signora Emma Bonino che alle elezioni era stata esclusa, come persona e come partito (il partito Radicale) dal Parlamento non avendo avuto neanche il minimo dei voti richiesti.  Questa è la situazione giuridica, e se si vuole “formale”, per la quale affermiamo che gli odierni politici e governanti, insieme a tutti coloro che nel Parlamento li hanno approvati, non ci rappresentano e che, non avendo rispettato le regole della democrazia parlamentare richieste dalla Costituzione, hanno tradito il giuramento di fedeltà all’Italia, insieme al Presidente della Repubblica che ha firmato le loro nomine. Sono dei traditori, dunque, e come tali  espulsi dal consesso della società italiana (il tradimento è previsto dalla Costituzione italiana: basterebbe che qualcuno avesse il coraggio d’invocarlo).

 Lo spirito del tradimento, però, non è una caratteristica psicologica “passeggera”, dettata da qualche casuale contingenza: il carattere di “traditore” connota la personalità di base di un individuo e lo guida in tutto ciò che pensa, che fa, che dice. Lo connota in modo tale da non accorgersi neppure di “tradire” visto che chi tradisce non ha presente nessuno nel proprio orizzonte, né figlio, né padre, né amico, né socio, né concittadino, né suddito, né essere umano. Non “sceglie” fra tradire e non tradire. Ha una sola mossa davanti a sé: la più utile per se stesso. Quindi colui che tradisce non appartiene a nessun gruppo, non ha nessuna famiglia e nessuna cittadinanza. Per questo non sono “italiani” gli attori di una delle scene più paradigmatiche di che cosa sia “tradimento” che la storia ricordi (pensando a chi potesse mai un domani ricondurla al suo luogo di “teatro”, non sono riuscita a trovare un nome: certamente né Shakespeare né Molière l’avrebbero mai potuta immaginare).

 Non c’era nessuno che potesse “partecipare” in nessun modo alla loro azione, né prima né dopo. L’Italia e gli italiani non erano neanche “oggetto” di questa azione perché erano stati già venduti, consegnati, fin dal governo Monti, all’Europa e al Governo finanziario mondiale. Infatti nessuno si è preoccupato di che cosa potessero pensare gli italiani, neanche i propri elettori, nel constatare che non c’è neanche la parvenza di un ideale, di un valore, di una meta cui tener fede in ciò che dicono e fanno i politici, del proprio o di qualsiasi altro partito.

Abbiamo assistito dunque alle più “pure” mosse di traditori con e fra traditori. Adesso ci spiegano che il più abile è stato Berlusconi. Che sia stato necessario spiegarcelo, visto che non avevamo capito, è già una prova che, perfino nel tradimento, cui da tanti secoli gli italiani sono abituati, questa volta c’è stato il superamento di un limite: quel limite con il quale si fingeva che anche in guerra, anche in politica, pur sapendo che c’era, il tradimento non fosse ammesso. Da adesso, finalmente, non è più così. Non si finge più. Bisogna tradire e tradire a viso aperto perché è giusto tradire, è bene tradire, è utile tradire, è bravo chi sa tradire di più e soprattutto è il più bravo chi sa farsi compagno e socio dei tradimenti di chi l’ha tradito.