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Lotta per l’Ucraina

di Valerij Kulikov - 20/12/2013



602px-Map_of_Ukraine_en.svgNove anni fa, la rivoluzione arancione (dal nome del colore della bandiera di Viktor Jushenko) fu avviata in Ucraina con il sostegno finanziario e politico del governo e degli strateghi degli Stati Uniti, con la partecipazione attiva dell’intelligence degli Stati Uniti e di numerose organizzazioni non governative e di ricerca come l’Open Society Institute del miliardario George Soros, l’Harvard University, l’Istituto Albert Einstein, l’International Republican Institute, il National Democratic Institute, ecc. Questa rivoluzione fu la logica continuazione dell’operazione attuata da Washington e dai suoi alleati europei, alla fine del secolo precedente, volta al “rinnovamento politico” dell’Europa dell’Est e dell’ex Unione Sovietica, portando al potere i loro regimi fantoccio. Questi regimi potrebbero cancellare dalla memoria dei popoli di questa regione la gratitudine per la Russia che  sentivano grazie alla lunga amicizia e collaborazione dalla Seconda guerra mondiale e dalla successiva ripresa delle loro economie. Tali furono la “rivoluzione delle rose” in Georgia nel 2003, la “rivoluzione arancione” in Ucraina nel 2004, la “rivoluzione dei tulipani” in Kirghizistan nel 2005, così come i tentativi di avviare la “rivoluzione dei fiordaliso” in Bielorussia nel 2006, e le rivoluzioni colorate in Armenia nel 2008 e in Moldavia nel 2009. Notevoli fondi per l’organizzazione di queste “rivoluzioni colorate” furono stanziati con il sostegno della statunitense Fondazione per la Democrazia Est-Europea (SEED), finanziata dal dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Seguendo l’esempio di queste “rivoluzioni” e questi schemi già collaudati, la Casa Bianca lanciò la “primavera araba” pochi anni dopo, ma le somiglianze degli schemi e della “guida” di tali processi da parte di Washington sono chiare. Lo stesso per il ruolo “leader” della Casa Bianca nella destabilizzazione di questi Paesi, in un primo momento, e poi nell’erogazione dei finanziamenti alle autorità dell’opposizione attraverso “organizzazioni pubbliche e di ricerca” internazionali, per comprarne sentimenti e discorsi volti a mettere al potere scagnozzi e burattini e, quindi, avere l’accesso incontrollato alle risorse naturali tramite loro.
In un primo momento, la Casa Bianca la spuntò relativamente senza problemi in Ucraina. Grazie alla “rivoluzione arancione”, l’ascesa al potere di V. Janukovich, orientato verso la Russia, fu bloccata e poi il loro uomo Viktor Jushenko fu posto alla presidenza sull’onda dell’opposizione promossa da Washington nel 2004. Tuttavia, durante gli otto anni della “presidenza arancione” gli strateghi politici d’oltremare non riuscirono a cambiare completamente la mentalità della popolazione ucraina facendola diventare antirussa. Quindi, nel 2012, come nel 2004, la popolazione dell’Ucraina rielesse presidente, sempre a maggioranza, V. Janukovich. Tuttavia, un tale esito della lotta per l’ex-repubblica sovietica e granaio dell’impero russo del 19° secolo, ovviamente, non  soddisfece la Casa Bianca. In queste condizioni, gli strateghi politici stranieri scelsero lo slogan sui presunti “benefici celestiali” per il Paese con l’alleanza con l’Unione europea e l’indebolimento delle relazioni commerciali ed economiche con la Russia; ulteriore strumento per destabilizzare la società ucraina e separarla dalla Russia. In effetti, le “condizioni dell’alleanza” proposte dall’UE portano al netto peggioramento della situazione sociale ed economica in Ucraina: la limitazione delle retribuzioni e dei dipendenti del settore pubblico, aumento delle tariffe del gas per le famiglie e le aziende, il divieto di partecipare all’Unione doganale. L’ultimo di tali requisiti è il più sensibile per l’economia ucraina, incentrata sulla cooperazione con la Russia da decenni, e la cui rottura porterebbe inevitabilmente al collasso della maggioranza delle imprese aumentando la disoccupazione nel Paese. Al fine di aderire alle norme tecniche dell’UE, per essere competitivi e  vendere i propri prodotti sul mercato europeo, l’Ucraina, secondo le stime del Premier Azarov, avrà bisogno di circa 160 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. L’UE è pronta a stanziarne solo una piccola parte, 1 miliardo, chiaramente insufficiente, così spiegando la resistenza di Kiev verso tale  pseudo-integrazione europea.
L’interesse dell’Europa verso l’Ucraina è abbastanza comprensibile. Stabilire stretti rapporti di alleanza con essa e separarla dall’Unione doganale aiuterebbe notevolmente commercialmente ed economicamente l’Europa verso la Russia. L’Ucraina stessa, con le sue risorse naturali, i ricchi terreni agricoli e 46 milioni di abitanti è sempre interessante per l’Europa, soprattutto per la Germania, quale bersaglio allettante per la colonizzazione dalle imprese tedesche che potrebbero produrvi prodotti a prezzi molto più bassi che in Cina. Tale interesse è stato più volte evidenziato dal tentativo di occupare questo territorio durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia, la Germania, l’Unione europea e gli Stati Uniti perseguono obiettivi non solo economici, ma anche geopolitici, nella lotta per l’Ucraina. Data la perdita di influenza della Russia in Europa orientale, a causa del crollo dell’Unione Sovietica, l’integrazione dell’Ucraina nell’UE contribuirebbe a una rapida emarginazione della Russia nella politica ed economia europee. Per attuare tali piani, Washington e l’UE si sono concentrati sulla popolazione usando tre partiti ucraini “addomesticati”, che sono:
- l’Unione pan-ucraina “Batkivshyna“, guidata dalla detenuta ed ex-primo ministro Julija Tymoshenko. Per tale scopo, l’Unione ha avuto anche lo status di membro del Consiglio di Sorveglianza del Partito popolare europeo, l’Associazione dei partiti cristiano-democratici e  nazionalisti europei;
- Alleanza Democratica per la Riforma ucraina (Udar), guidato dal pugile peso massimo Vitalij Klitschko che vive in Germania da molto tempo. Non essendo portavoce della popolazione ucraina, il partito che nel 2010 contava circa 10000 aderenti, fu creato con l’aiuto del Partito democratico cristiano della cancelliera tedesca Angela Merkel e del suo centro di analisi, la Fondazione Konrad Adenauer. Quest’ultima ha attuato una palese interferenza negli affari interni dell’Ucraina, organizzando seminari per “addestrare gli attivisti” dell’alleanza attraverso i social network e internet;
- l’Unione pan-ucraina “Svoboda“. Anche secondo le conclusioni del tedesco Friedrich Ebert Stiftung, “Svoboda” è un partito radicale dell’estrema destra nazionalista ucraina, che in precedenza  utilizzava un simbolo simile alla svastica come logo. Le dichiarazioni antisemite e xenofobe dei leader di “Svoboda” furono fortemente criticate sia in Ucraina che all’estero, mostrando l’ideologia di tale partito, le cui dichiarazioni pubbliche e retorica sono neo-fasciste e neo-naziste. Tuttavia, come si può vedere, la Casa Bianca non rifiuta “servizi” da simili alleati per i suoi scopi, diventando così complice di nazisti e xenofobi.
Dopo che il governo e il Presidente dell’Ucraina hanno rifiutato di accettare i termini evidentemente sfavorevoli dell’integrazione con l’UE, Washington e Bruxelles gettarono forze sempre maggiori nella lotta per questa repubblica, ignorando i principi del diritto internazionale in materia di non-ingerenza negli affari interni di uno Stato straniero. Leader politici statunitensi ed europei furono inviati a sostenere i manifestanti che si oppongono al presidente e al governo legittimi dell’Ucraina. L’ex primo ministro e leader del partito conservatore polacco Legge e Giustizia Jaroslaw Kaczynski ha personalmente partecipato alle manifestazioni dell’opposizione a Kiev. I manifestanti di Maydan Nezalezhnosti furono visitati dalla sottosegretaria di Stato statunitense Victoria Nuland, che evidentemente aveva dimenticato che la sua agenzia dovrebbe proteggere il diritto internazionale e non interferire negli affari interni di un Paese straniero! L’opposizione ucraina e, in particolare, i neo-nazisti di “Svoboda“, sono sostenuti dal governo tedesco che aveva recentemente dichiarato la sua disapprovazione verso le attività similmente neo-naziste del Partito Nazionale Democratico di Germania. Se confrontiamo la reazione dei politici europei e statunitensi alle misure per ripristinare l’ordine pubblico nel Paese delle autorità ucraine, con l’assenza di qualsiasi reazione dei regimi politici occidentali ai recenti giri di vite contro i manifestanti in Grecia, Spagna e Portogallo, la loro parzialità politica e i loro pregiudizi sono evidenti. Le cose che accadono intorno l’Ucraina, oggi, non sono una lotta per la democrazia e lo Stato di diritto, come i media europei e statunitensi comprati da Washington cercano di presentare. Questa è la palese lotta per l’Ucraina, rivolta principalmente contro la Russia. E’ facile intuire le prossime fasi degli strateghi in tale lotta, aumentare la destabilizzazione della società ucraina, maggiore corruzione e sostegno finanziario all’opposizione. E, come ultima opzione, Washington ha esperienza nell’imporre soluzioni ai conflitti interni in Iraq, Libia, Siria…

Valerij Kulikov, analista politico, in esclusiva per la rivista online New Oriental Outlook.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora