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Città verdi contro i canyon urbani

di Leonardo Servadio - 31/07/2006

I flussi d'aria calda pompati dai condizionatori, i palazzi che fermano i venti, le masse di cemento e di asfalto che trattengono il calore... Le metropoli hanno sviluppato un proprio, torrido clima. Ma i rimedi esistono già: basta progettare usando buon senso

 

Sulla metropolitana si vedono signore col golfino al braccio (la scena è riferibile a qualsiasi città europea o nordamericana). Non ci sarebbe niente di strano, se non fosse pieno luglio, con temperature ben sopra i 30 gradi. Le poverette vanno negli uffici, dove l'aria condizionata può provocare torcicolli e colpi della strega a profusione, se non ci si protegge. Un tempo ci si copriva per uscire, oggi in estate ci si copre per entrare. La città si difende dalla calura coi condizionatori. Si dice che oggi in Italia un quarto delle abitazioni ne sia dotato, contro il due per cento di dieci anni fa.
Negli Stati Uniti, dove tutto si fa prima, più in grande e più in fretta, naturalmente già trent'anni or sono camminare per le strade delle metropoli d'estate era una vera tortura: non c'era appartamento che non avesse un condizionatore - e non c'era condizionatore che non soffiasse all'esterno imponenti flussi d'aria calda. La logica del condizionatore infatti è: freddo privato, caldo pubblico ancor più riscaldato. Finché sono pochi ad averlo, nessuno lo nota, ma se tutti ce l'hanno, l'aumento di temperatura per le strade si farà sentire. Beninteso, non è che i condizionatori causino il caldo, ma certo non migliorano la situazione negli spazi urbani. «In città fa più caldo di fuori - spiega Giancarlo Allen, responsabile nazionale dell'Anab (Associazione nazionale architettura bioecologica) -, la differenza può essere di tre gradi rispetto a quella che si riscontra in una zona a parco extraurbana. I muri e i tetti delle case, come gli asfalti delle strade, hanno una forte inerzia termica: assorbono le radiazioni solari, si riscaldano e nella notte mantengono alte le temperature. La città è un'isola di calore».
A questo si aggiunga che la presenza di edifici alti costituisce una barriera per i venti e la stagnazione dell'aria impedisce di "portare altrove" il caldo. C'è chi sostiene che il microclima urbano di Roma sia stato leggermente modificato dopo la costruzione de l quartiere dell'Eur, a ovest della città, verso la costa: costituirebbe una barriera che smorza il ponentino, il venticello che rinfresca le serate della capitale. Nella Pianura padana invece, la cerchia delle Alpi impedisce che ci sia una diffusione di venti, di qui il fatto che questa zona - dove le fonti di inquinamento sono molteplici e diffuse - sia quella con la maggiore percentuale di inquinanti atmosferici in Europa. E l'inquinamento atmosferico è anche causa di surriscaldamento. Ma anche le lunghe file di palazzi costituiscono dei veri e propri "canyon" urbani: questi possono determinare il costituirsi di correnti d'aria che raccolgono la smog lungo le strade e lo concentrano in alcune zone, quali piazzole e slarghi dove magari la gente va alla ricerca di un attimo di respiro.
Che fare dunque? Occorrerebbe porre in atto strategie per il controllo climatico delle città, anziché limitarsi a difendersi dal caldo nel chiuso delle case: «Il verde in Italia è inteso di solito come elemento decorativo - sostiene Allen -, invece va ripensato per la sua importanza nel controllo del microclima cittadino. Un esempio: nel nord Europa sono molto diffusi i giardini pensili invece del tetto convenzionale: può essere sufficiente un piccolo spessore di terra per far vivere piante che assorbono il calore delle radiazioni solari. Inoltre i tetti andrebbero usati per i pannelli solari: questi usano l'irraggiamento solare per scaldare l'acqua di uso domestico, impedendo così che si riscaldi l'edificio. I viali alberati ombreggiano l'asfalto e impediscono che si riscaldi eccessivamente. Anche i piccoli specchi d'acqua contribuiscono ad abbassare la temperatura».
I singoli edifici nuovi andrebbero pensati in funzione del movimento del sole: se correttamente orientati e progettati secondo i criteri della bioedilizia, con ampie vetrate sul lato sud dotate di cristalli speciali, le abitazioni verranno riscaldate dall'irraggiamento solare in inverno, quando i raggi incidono bassi e quasi frontalmente sulle superfici; mentre d'estate, quando il sole è alto e i raggi giungono fortemente angolati rispetto alla facciata, saranno schermati e non riscalderanno le stanze. Il risparmio energetico che consegue da una progettazione attenta, contribuisce a ridurre l'inquinamento, con tutti gli effetti secondari che questo comporta.

Ma non solo i singoli edifici vanno progettati con nuova sensibilità: le aree urbane nella loro interezza possono essere riviste per migliorare la qualità di vita. L'esempio più evidente di pianificazione urbana in funzione del controllo termico è quello di Siviglia. In occasione dell'Expo 1992 la città fu dotata di fontane e laghetti, percorsi ombreggiati, pergolati, zone di verde. Ma la soluzione più inconsueta e interessante è forse stata quella di aver collocato canali d'acqua subito sotto la pavimentazione di marciapiedi e strade: in questo modo il calore di irraggiamento viene contrastato dal flusso del liquido, non si accumula e non si diffonde nell'aria. In tutta la Spagna recentemente è stato poi adottato un regolamento edilizio che impone agli edifici nuovi l'uso di pannelli solari: sulle prima questo comporterà qualche problema di approvvigionamento, ma alla lunga favorirà lo sviluppo di un'industria locale per la produzione di questi strumenti e ridurrà, in qualche misura, consumo energetico ed inquinamento urbano.
Il recente incontro della Organizzazione mondiale della sanità, svoltosi a Göteborg in Svezia sul problema dell'inquinamento urbano, ha formulato la richiesta che i governi offrano incentivi perché le amministrazioni locali sostengano la riqualificazione delle abitazioni per favorire il contenimento del consumo energetico. La ricetta è sempre la stessa: aumentare la coibentazione e diffondere i pannelli solari. Non si può dire che manchino le tecniche che consentono di migliorare il clima in città. La nuova frontiera della guerra all'afa non sta nel condizionatore, ma nel progettare la città con un po' di buon senso.