Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / L’ambasciatore palestinese Sabri Ateyeh: nessuna pace con l’occupazione

L’ambasciatore palestinese Sabri Ateyeh: nessuna pace con l’occupazione

di Antonella Vicini - 01/08/2006


In un periodo come questo, ancora più intenso e difficile per tutta l’area del Vicino Oriente, incontriamo a Roma l’ambasciatore Sabri Ateyeh, insediatosi da pochi mesi come delegato generale della Palestina in Italia. Si tratta di una chiacchierata informale per discutere del preoccupante quadro generale, della guerra in Libano e, in particolare, del nuovo e violento assedio israeliano che sta strozzando la Striscia di Gaza da circa un mese.
Fatta questa premessa, è la prima osservazione del nostro interlocutore che, spazzando il campo da possibili dubbi o complicate interpretazioni su quello che ci si sta dispiegando dinnanzi, apre la nostra conversazione.

Malgrado siano molti gli eventi che attualmente vediamo, questi eventi non sono complicati, ma semplici: è l’occupazione israeliana, ci dice.
E continua: il mondo intero sta considerando chi ha colpito chi, ma le cose precise che, dal 1946, quando le Nazioni Unite hanno deciso di fare 2 stati, uno israeliano e uno arabo-palestinese, quella risoluzione ha realizzato una sola parte, lo stato di Israele; il resto è emigrazione, occupazione.
Abbiamo firmato gli accordi di Oslo nel 1993 - prosegue - alla base di questi accordi tutto doveva essere realizzato al massimo in 5 anni; ma con l’inizio delle trattative Israele ha cominciato ad allargare e ad aggiungere altri insediamenti.
Il popolo palestinese accetta questi accordi, vuole solo costruire il suo stato accanto a quello di Israele e vivere in pace. Ma con le continue azioni israeliane questo non è possibile. Se Gaza è diventato un carcere a cielo aperto; se c’è il muro di divisione, razzista, condannato da tutte le organizzazioni internazionali, Nazioni Unite e Corte penale dell’Aia, allora non può esistere continuità (territoriale, ndr) per creare uno stato. E come hanno dichiarato gli israeliani stessi il loro ritiro da Gaza è per rafforzare la loro esistenza in Cisgiordania.

Con la nuova operazione ‘Pioggia d’estate’ si tornerà ad occupare Gaza? Si tratta di un pretesto?
Loro dicono di non volere ritornare nel pantano di Gaza, ma attaccano e distruggono dal mare, dal cielo e dalla terra, con la scusa del soldato israeliano rapito. Noi d’accordo con Russia, Usa e altri volevamo restituire questo soldato, ma non é semplice, ci sono dei tempi. Con un pretesto vano hanno distrutto l’impianto elettrico, dell’acqua, le case della gente.
In Europa e in Italia migliaia di articoli sono scritti su quel soldato, mentre nessuno ha parlato della distruzione e della sofferenza del popolo palestinese. Ci sono 10mila prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. La maggior parte di loro è composta da donne, alcune delle quali incinte, persone in età avanzata, minorenni; molti sono malati. Ci sono anche ministri, deputati. Le organizzazioni dei diritti umani hanno tutte le documentazioni su questi fatti, ma perché se ne parla come si parla, invece, di questo soldato israeliano?

Sul rapimento del caporale Gilad Shalit, la presidenza dell’Anp, al Fatah, dunque, ha sposato la stessa linea di Hamas in relazione allo scambio di prigionieri?

La causa dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane è da tempo nell’agenda del presidente Abu Mazen durante i suoi incontri con le leadership israeliane. Ci sono opinioni diverse su come riuscire a risolvere questo problema. Di questa problematica se ne sta occupando il presidente palestinese insieme ad altri intermediari. Speriamo di riuscire a risolvere la faccenda dello scambio fra prigionieri, ma ci sono anche altre questioni importanti, come il ritorno al tavolo della trattative.

La guerra in Libano è un modo per completare l’occupazione della Palestina, o magari semplicemente per destabilizzare l’area?
Israele non ha occupato, ma distrutto il Libano e fatto tornare indietro il Paese di anni. Il loro scopo è incidere nel cuore di tutti i palestinesi e accrescere il senso di sconfitta psicologica e far accettare quello che loro (i sionisti, ndr) impongono al popolo palestinese: gli insediamenti, Gerusalemme, il ritorno dei profughi. Si tratta di un tema politico.

Nei fatti questa guerra sta distogliendo l’attenzione da ciò che continua a succedere ogni giorno in Palestina.

È proprio così. È quello che sta succedendo.

Cosa pensa dell’atteggiamento della comunità internazionale (Nazioni Unite; Unione europea) su quello che sta accadendo ora a Gaza e sulla guerra in Libano?
Noi chiediamo solo il rispetto di tutte quelle risoluzioni (le 74 risoluzioni dell’Onu contro Israele, inapplicate nel silenzio generale, ndr) che nessuno sta applicando o facendo in modo che si applichino: né le Nazioni Unite, né gli Stati Uniti, né la Russia, né altri Paesi europei. La nostra richiesta è chiara: costruire uno Stato palestinese indipendente sul confine del 1967 (Guerra dei sei giorni, ndr) e risolvere la questione dei profughi; questo può avvenire solo tramite il ritorno al tavolo delle trattative, ma non significa, come è stato detto, fare trattative per 20 anni senza arrivare a nessun risultato. Noi abbiamo iniziato nel 1991 a negoziare, e allora la situazione non era così; non esisteva il muro. La nostra generazione accetta le soluzioni (proposte, ndr) per risolvere questi problemi, ma l’insistenza da parte degli israeliani di umiliare il popolo palestinese non porterà mai ad una soluzione. La sicurezza arriva solo tramite la pace. Noi accettiamo il diritto di Israele alla pace, ma anche noi abbiamo questo stesso identico diritto.
Il quartetto deve obbligare Israele a tornare al tavolo delle trattative. La comunità internazionale deve intervenire in modo pratico ed effettivo per applicare la Road Map.
Questa è la situazione.

Voi avete fiducia che lo faccia?
Noi lo chiediamo. Se hanno intenzioni di farlo, possono farlo.
La comunità internazionale ha delle responsabilità storiche, morali e politiche. Ora serve un intervento veloce per fermare questa emorragia che continua.
Non passa una giornata senza vittime palestinesi nei Territori e nei mezzi di comunicazione non c’è nulla. Come se il sangue palestinese non interessasse a nessuno.

Spostandoci all’interno dell’Anp. Dopo tutte le divisioni e gli scontri tra Fatah e Hamas, come è la situazione ora? La ripresa delle operazioni israeliane quale effetto ha avuto a livello politico?
Appena prima dell’avvio delle operazioni israeliane (su Gaza, ndr) le fazioni palestinesi erano arrivate ad un accordo fra loro. Esiste un dibattito interno, a volte molto intenso. Abu Mazen è il presidente dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e dell’Autorità nazionale palestinese e chiede il ritorno al tavolo delle trattative; Hamas non obietta su questo.

Ultima domanda. Si è parlato della possibilità di dimissioni di Abu Mazen e di scioglimento dell’Anp di fronte alle nuove violenze sioniste. È stata solo una provocazione?
Non è vero. Si tratta di una diceria della stampa. Non c’è nulla di vero.