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Il Volto di Qana (XV)

di Miguel Martinez - 02/08/2006

 

Abbiamo già incontrato i sorridenti rappresentanti della Hasbarà, ossia della pubblicità sionista militante, alle prese con i gay e con i neri.

Gli argomenti dell'hasbarà sono quelli esposti in maniera definitiva da Fiamma Nait e Deborah Firenstein nella loro
"vera storia d'Israele", un testo la cui lettura consiglio a tutti.

Adesso il
London Times ci informa che il governo israeliano sta lanciando sul pianeta un "esercito di ciber-soldati". Il Ministero degli Esteri ha ordinato ai propri giovani diplomatici in formazione di rintracciare siti web e forum "in modo che reti di gruppi statunitensi ed europei con centinaia di migliaia di attivisti ebrei" possano intervenire.

L'Unione Mondiale degli Studenti Ebrei (WUJS) ha già lanciato un software speciale che dovrebbe avvisare immediatamente dell'esistenza di forum o di sondaggi internet critici d'Israele, dove probabilmente possono applicare le
geniali tecniche di voto plurale insegnate sulla mailing list Destra per Israele.

Prepariamoci a un flusso onnipresente di luoghi comuni, banalità e frittate girate.

In effetti, si sente il bisogno dell'esercito di hasbarini. Questa è la prima guerra in cui i media iniziano a riconoscere un ruolo fondamentale ai siti e ai blogger di Internet. Ne parlava già qualche giorno fa Lucia Annunziata in un
interessante articolo sulla Stampa.

E' un curioso danno collaterale per la società dello spettacolo: se la guerra è per un quarto massacro e per i due terzi manipolazione del flusso mediatico, è vero che i dominanti hanno il controllo quasi totale delle tecniche di macellazione umana. Ma Internet cambia, a sorpresa, le regole del gioco per quanto riguarda il flusso mediatico.

Di Internet si può dire tutto, ma è vero che mette oppressi e oppressori sullo stesso piano. E se gli oppressori hanno una maggiore preparazione tecnica e di comunicazione, gli oppressi sono comunque di più. E in genere, diciamocelo, hanno storie più interessanti, o comunque più drammatiche, da raccontare degli oppressori.