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A Proposito dei Dati Sugli Impianti Nucleari

di Domenico Coiante - 21/08/2006

In questo articolo, l'autore esamina il rendimento delle centrali nucleari a fissione, in particolare in relazione al "fattore di capacità", ovvero il numero di ore effettivo in cui l'impianto funziona nel corso dell'anno. La conclusione è che ci sono che i dati dichiarati dall'industria nucleare potrebbero non essere molto credibili e che, di conseguenza, i valori calcolati per il costo del kWh nucleare potrebbero essere sottostimati.

PREMESSA

La centrale nucleare rappresenta una versione più complessa di una termoelettrica. Essa è molto simile a

questa per tutte le parti tradizionali dell’impianto con la sola eccezione dello stadio iniziale contenente il

reattore nucleare.

A) CENTRALE TERMOELETTRICA

Il calore della combustione nello stadio bruciatore dà luogo al vapore ad alta temperatura nella caldaia.

Questo, opportunamente essiccato e processato viene inviato nella turbina-alternatore, dove l’energia termica

viene trasformata in elettricità inviata in rete. Il vapore recuperato nel condensatore della turbina viene

riciclato facendolo tornare alla caldaia.

B) CENTRALE NUCLEARE AD ACQUA BOLLENTE (BWR)

Lo schema logico a blocchi è molto simile a quello della centrale termoelettrica, se si considera il fatto che lo

stadio del bruciatore è incorporato in quello della caldaia, che contiene il nocciolo del reattore ed anche il

generatore di vapore. Anche in questo caso, il vapore recuperato nel condensatore della turbina viene

riciclato riportandolo nel generatore di vapore. Poiché il vapore che alimenta la turbina proviene direttamente

dall’acqua che modera i neutroni nella caldaia e poiché questa è a contatto con gli elementi di combustibile,

le impurezze contenute nel liquido divengono radioattive. Pertanto il vapore che circola nello stadio della

turbina è radioattivo. Poiché questo componente si trova al di fuori del contenitore primario del reattore, un

rilascio di vapore in turbina provoca un incidente radioattivo molto serio.

C) REATTORE AD ACQUA PRESSURIZZATA (PWR)

In questo caso l’acqua bollente viene mantenuta sotto pressione a circa 70 atmosfere in modo da avere

vapore surriscaldato ad alta temperatura. A differenza del BWR il vapore del circuito primario viene fatto

passare per uno scambiatore di calore in modo da trasferire l’energia ad un circuito secondario indipendente,

BRUCIATORE

CALDAIA –

GENERATORE

VAPORE

TURBINA

ALTERNATORE

RETE

ELETTRICA

NOCCIOLO -

CALDAIA

GENERATORE

VAPORE

TURBINA

ALTERNATORE

RETE

ELETTRICA

2

tutto esterno al contenitore primario del reattore. Il generatore di vapore, che alimenta il gruppo turbinaalternatore

è situato in questo circuito secondario, cosicché si

evita il rischio di rilascio radioattivo nei circuiti esterni al contenitore primario. Per tale motivo il reattore

PWR possiede una sicurezza intrinseca maggiore.

Poiché il progetto EPR (European Power Reactor) è una versione di questo tipo di reattore, poniamo

l’attenzione su questo schema logico. Il confronto con lo schema A della centrale termoelettrica rende

immediatamente conto, sia della somiglianza tra gli impianti, sia della maggiore complessità impiantistica di

questa centrale a livello di analisi di sistema. Si pensi ad esempio alla necessità di raddoppiare o triplicare i

sistemi rilevanti ai fini della sicurezza e alle logiche ridondanti di attuazione. Quindi a parità di missione, la

centrale termoelettrica è notevolmente più semplice di una nucleare. Questo è un dato di fatto indiscutibile.

Pertanto, facendo riferimento ai guasti tradizionali, casuali e da usura, e supponendo realisticamente che i

componenti dei sistemi possiedano all’incirca lo stesso grado di affidabilità, una centrale termoelettrica

dovrebbe avere una maggiore affidabilità complessiva di quella nucleare. Infatti questa possiede più sistemi e

più componenti e quindi la probabilità di guasto dovrebbe essere complessivamente maggiore. Pertanto, si

deve ritenere, in linea di principio, che la affidabilità di una centrale nucleare sia più bassa di quella

termoelettrica.

Nella pratica, però, la necessità di prevenire il rischio dell’incidente radioattivo ha fatto introdurre negli

impianti nucleari una serie di sistemi ridondanti e di logiche attuative che compensano il deficit di

affidabilità e che, anzi, a detta dei nuclearisti, rendono le centrali nucleari più affidabili di quelle

termoelettriche. Questa discussione va avanti da molti anni ed ancora non è approdata ad una acquisizione

certa. A prescindere dal credere o no a questa presunta maggiore affidabilità degli impianti nucleari, sta il

fatto che la ridondanza dei componenti e dei sistemi rende il costo della potenza nucleare molto più alto di

quella convenzionale. Ciò fa sì che, a parità delle altre condizioni, il costo di produzione del kWh nucleare è

più alto di quello termoelettrico. Ecco allora che diviene fondamentale per i nuclearisti dimostrare che tale

differenziale di costo può essere ampiamente recuperato nei nuovi impianti, sia sul lato dell’affidabilità con

l’incremento del fattore di capacità a 8000 ore equivalenti, sia su quello della vita operativa allungata a 40 o

50 anni.

E’ noto dai dati pluriennali di esercizio delle centrali termoelettriche che la loro affidabilità è tale da

assicurare una capacità operativa di circa 6600 ore equivalenti. Poiché non è pensabile che la loro

manutenzione richieda tempi morti maggiori di quelli che vengono richiesti dalle centrali nucleari, vista la

similitudine degli impianti, ci si dovrebbe aspettare una capacità delle centrali nucleari inferiore alle 6600

ore. Di fatto, per molti anni questa considerazione è stata verificata anche nella pratica, mentre oggi, come si

è detto, il fattore di capacità delle centrali attualmente in costruzione è dichiarato in 8000 ore.

Che cosa è avvenuto?

Le ipotesi possibili sono due: o c’è stato un break through tecnologico nell’hardware che ha migliorato il

funzionamento delle centrali, oppure è cambiato il modo di gestire gli impianti rispetto alle norme di

sicurezza.

NOCCIOLO

- CALDAIA

GEN.

VAPORE

TURBINA

ALTERNATORE

RETE

ELETTRICA

SCAMBIATORE

DI CALORE

3

FATTORE DI CAPACITA’

La discussione sorta di recente sul Forum Petrolio e, soprattutto, i dati, presentati con cortese insistenza da

Mauro Ghibaudo sul fattore di capacità delle centrali, mi hanno indotto a tornare ancora una volta su questo

spinoso argomento. Infatti, le mie conoscenze erano ferme agli anni 80-90, quando mi ero occupato

professionalmente di questo soggetto. La materia del contendere consiste essenzialmente nella discrepanza

tra il dato a mia conoscenza e quello pubblicato di recente in letteratura e sui siti internet. A me risultava un

numero di ore equivalenti di funzionamento a piena potenza, mediato sul parco di centrali in funzione nel

mondo, allineato sulle circa 6600 ore, mentre i dati recenti nelle pubblicazioni nucleari danno circa 8000 ore

e su questa base vengono impostati i conti economici delle centrali di cosiddetta IV generazione.

Ho preso allora i dati storici del Rapporto Energia e Ambiente dell’ENEA e quelli del Rapporto dell’Unione

Petrolifera Italiana, che poi attingono alla serie storica dell’IEA, e li ho elaborati per ricavare l’andamento

storico del fattore di capacità nel tempo. La figura sottostante presenta questo andamento in forma di grafico

(vedi punti e linea blu con scala di destra). Sullo stesso grafico è mostrato l’andamento nel tempo della

potenza nucleare installata nel mondo sotto forma di istogramma (scala di riferimento a sinistra).

Esaminando il grafico è possibile fare alcune osservazioni.

1. A parte la fase di apprendimento iniziale degli anni 80, si può vedere che nel decennio successivo la

capacità degli impianti è aumentata leggermente nel tempo, mantenendosi intorno alla 6600 ore.

2. Dal 95 fino al 2000 la potenza installata si è mantenuta su un livello quasi costante di 350 GW ed il

fattore di capacità è salito a circa 6800 ore.

3. A partire dal 2000 si è avuto un aumento consistente del fattore di capacità che si è bruscamente portato

sopra alle 7300 ore.

4. Negli ultimi quattro anni presi in considerazione il suo valore si è stabilizzato su circa 7300 ore.

5. A questo punto, il valore dichiarato di 8000 ore per gli impianti in costruzione appare più come un

estrapolazione della tendenza che come un dato reale.

IL DUBBIO

Continuando ad osservare il grafico si può notare che nel 2001 la potenza è salita da 351 a 353 GW, cioè

essa è aumentata di circa 2000 MW, diciamo di due nuove centrali. In corrispondenza il valore della

POTENZA NUCLEARE E FATTORE DI CAPACITA'

0

50

100

150

200

250

300

350

400

73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 0 1 2 3 4

ANNO

POTENZA IMPIANTI (GW)

0

1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

8000

ORE EQUIVALENTI

POTENZA CAPACITA'

4

capacità dell’intero parco è balzato da 6996 a 7363 ore equivalenti Secondo la statistica l’aggiunta di queste

due centrali fa salire la capacità produttiva media dell’intero parco di 367 ore. Cioè aggiungendo una

potenza di 2000 MW a 351 MW, cioè un incremento di circa lo 0.6%, si ottiene un incremento del fattore di

capacità del 5.2%. C’è un effetto di amplificazione. Come è possibile? L’unica spiegazione è che per effetto

di simpatia con i due nuovi impianti, tutte le centrali del parco si siano messe a produrre molto di più.

Infatti, ammettiamo pure ottimisticamente che queste due nuove centrali abbiano prodotto il record di

capacità lavorando per 8000 ore ciascuna, l’elettricità prodotta da aggiungere a quella del parco sarà di 16

TWh. Quindi, la produzione totale dovrebbe passare dai 2456 TWh del 2000 ai 2472 TWh del 2001 e invece

il dato statistico pubblicato dice che la produzione 2001 è di ben 2601 TWh con un surplus di 145 TWh,

cosa che corrisponderebbe alla produzione annuale a 7000 ore di circa 20 nuove centrali.

La conclusione è che i dati statistici non sono internamente coerenti e quindi il dubbio che qualcuno stia

giocando al rialzo con il fattore di capacità delle centrali nucleari mi sembra legittimo.

D’altra parte, se si eccettua il normale trend di miglioramento della tecnologia, non mi pare che ci sia stato

alcun break through significativo. Allo stesso modo, non credo che le norme di sicurezza siano state rese

meno severe in modo da consentire una gestione più rischiosa delle centrali (almeno spero che ciò non sia

avvenuto). Ad esempio, il fermo del reattore per la sostituzione parziale degli elementi di combustibile

richiede in condizioni di sicurezza almeno un mese all’anno. Sono 720 ore e solo con questo tempo

rimangono a disposizione 8040 ore a cui si deve sottrarre il tempo, sia della manutenzione ordinaria che

eccede le 720 ore, sia quello della manutenzione straordinaria a fronte dei guasti casuali. Diviene allora

molto improbabile che si possa raggiungere un fattore di capacità di 8000 ore come dato statistico sull’intero

arco di vita operativa della centrale.

In conclusione, mentre può essere accettato il dato di 7300 ore mostrato nel grafico come valore asintotico,

che d’altronde è lo stesso delle nuove centrali termoelettriche a ciclo combinato destinate al carico di base,

non ha molta credibilità il dato dichiarato di 8000 ore e, di conseguenza, i valori calcolati per il costo del

kWh appaiono sotto stimati.

LA VITA OPERATIVA UTILE

Vista l’accuratezza con cui sono realizzate le opere civili delle centrali nucleari, molto simile a quella degli

impianti idroelettrici, si può anche ammettere l’analogia idroelettrica di queste parti d’impianto e supporre

che il contenitore secondario e quello esterno possano durare 40 anni. Ma tutti i km e km di tubi, le centinaia

di valvole e attuatori, le migliaia di sensori, la strumentazione elettronica, insomma tutte le frattaglie interne,

non hanno alcun motivo per durare più di quanto durino nelle centrali termoelettriche. Anzi, come è noto, il

bombardamento neutronico a cui sono sottoposti i materiali ha l’effetto generale dell’infragilimento

meccanico e ciò avviene in special modo nelle saldature metalliche. Dopo 15 anni di funzionamento gli

impianti BWR italiani (Garigliano) e tedeschi della prima generazione furono fermati definitivamente a

causa delle numerose cricche apparse nelle saldature dei bocchettoni tra il circuito primario ed il vessel, (ho

visto questo danno con i miei occhi), da cui fuoriusciva il vapore radioattivo. Che cosa è cambiato rispetto

ad allora? A mio avviso proprio niente. Pertanto credo che i conti economici, presentati oggi, qualora

fossero estesi a 40 anni di vita operativa, dovrebbero prendere in considerazione già in fase di preventivo la

spesa per la sostituzione delle numerose parti soggette ad usura ed i relativi tempi di fermo per le

riparazioni. Ma allora il kWh sarebbe ancora così conveniente (ammesso che lo sia)? Forse sono poco

documentato, ma negli articoli di rassegna che ho letto di recente, non esiste il minimo accenno alle

modalità tecnico scientifiche che fanno confidare, sia nelle 8000 ore, sia nei 50 anni di vita operativa.

Visti i tempi in gioco, è proprio il caso di dire: chi vivrà, vedrà!