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Lo sceicco Nasrallah nuovo Saladino delle masse arabe

di Umberto De Giovannangeli - 24/08/2006

 
Giovane, ambizioso, capace di tenere insieme l'anima guerrigliera e quella sociale del Partito di Dio. Fedele ai dettami dell'Islam radicale ma anche attento a imprimere una svolta modernizzate alle poliedriche attività del movimento sciita. Esalta l'eroismo degli «shahid», i martiri della «resistenza all'occupante sionista» e tratta con le altre componenti libanesi i posti di potere all'interno del primo governo post protettorato siriano.
È tra i prediletti della guida spirituale dell'Iran teocratico, l'ayatollah Ali Khamenei, ma è anche ricevuto con gli onori di un capo di Stato dal «laico» presidente siriano Bashar el-Assad. Le istanze religiose s'intrecciano nel suo agire politico-militare con l'irredentismo nazionalista. Israele lo annovera tra i suoi nemici mortali, gli Stati Uniti lo considerano il capo di una delle più potenti organizzazioni terroristiche mediorientali, ma nel 2000 il moderato Financial Times gli ha dedicato una biografia intitolata: «Un guerrigliero con fascino». È sheikh Sayyed Hassan Nasrallah, 46 anni, leader di Hezbollah, uno degli uomini da cui dipende il futuro di pace o di guerra in Medio Oriente. La famiglia di Sayyed Hassan Nasrallah è originaria del villaggio di al-Bazouriyah, nel Sud Liban. Sayyed vede la luce e cresce nel quartiere «al-Karanteena», uno dei più poveri e degradati della periferia orientale di Beirut. Quando scoppia la guerra civile in Libano, nell'aprile 1975, la sua famiglia ritorna ad al-Bazouriyah.

Nonostante la sua giovane età, viene nominato ufficiale del movimento sciita Amal. È l'inizio di una inarrestabile carriera politica. Nel 1979 viene nominato rappresentante politico per la regione di al-Biqaa e membro del politburo di Amal. Tre anni dopo, nel 1982, insieme ad un gruppo di ufficiali e di quadri, Nasrallah si separa da Amal per «insanabili divergenze» con i dirigenti politici del movimento riguardo al modo di rispondere agli sviluppi politici e militari conseguenti all'invasione israeliana del Libano. Per Sayyed Hassan Nasrallah inizia la scalata ai vertici del Partito di Dio.
Dopo la morte del leader di Hezbollah, Abbas al-Musawi, ucciso insieme alla moglie e alla figlia da un missile Helfire israeliano, nel febbraio del 1992, Nasrallah diviene segretario generale di Hezbollah. La sua leadership coincide con l'espansione della presenza del movimento nel Sud Libano, e con l'accentuazione della resistenza armata alle forze di occupazione israeliane. Con Nasrallah, Hezbollah diviene sempre più uno Stato nello Stato libanese, capace di coniugare lotta armata e assistenza sociale, guerriglia e partecipazione alla vita politica libanese, Corano e patriottismo. Hezbollah cresce nel numero dei militanti e nei consensi elettorali. Il «martirio» entra nella sua sfera affettiva nel settembre 1997, quando il suo primogenito, Muhammad Hadi, viene ucciso durante un conflitto a fuoco con le forze israeliane a Jabal al-Rafei, nel Sud Libano. Il resto, è storia recente.

Quando nel maggio del 2000 il primo ministro israeliano Ehud Barak decide il ritiro di Tzahal dal Sud Libano, Nasrallah si proclama vincitore del potente esercito israeliano e i suoi miliziani vengono acclamati come «eroi della resistenza». Guerriglia e politica. Hezbollah non smobilita le sue milizie armate ma al tempo stesso partecipa a tutte le elezioni, politiche e amministrative, che rimodellano gli equilibri di potere in Libano. Nei giorni della «Primavera di Beirut», marzo 2005, porta in piazza un milione di sciiti. Sei anni dopo, sheikh Nasrallah è tornato a sfidare Israele e a imporre la sua leadership all'interno dell'Islam radicale. I suoi miliziani hanno tenuto testa a Tzahal, il mondo deve fare i conti con lui. Israele lo considera il primo nella lista dei capi terroristi da eliminare, intanto per le masse arabe e musulmane è divenuto il «nuovo Saladino». Sulle macerie del Libano, Sayyed Hassan Nasrallah ha costruito le sue fortune.