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Apocalypse again

di Alessandro Ursic - 29/08/2006

La Marina Usa torna a puntare sulle lance veloci, come in Vietnam
Never get out of the boat”, diceva Martin Sheen-capitano Willard nel film capolavoro di Francis Ford Coppola, Apocalypse Now. Mai scendere dalla barca, perché di quel delta del Mekong i guerriglieri vietnamiti conoscevano ogni palmo, giocando a casa loro. E in quelle acque basse la barca, ossia la swift boat, consentiva ai marinai statunitensi di attaccare e fuggire veloci, in caso di pericolo. Per gli Usa non finì bene. Dopo trent’anni, ora la Marina americana punta di nuovo sulle lance veloci per sconfiggere un altro tipo di guerriglia: quella irachena. Con un cambio di strategia che fornisce una nuova analogia tra il pantano del Vietnam e quello crescente dell’Iraq.
 
Martin Sheen in Apocalypse NowNuovo impiego. Già da un anno il corpo dei Marines impiega qualche barca simile sull’Eufrate, in particolare per proteggere la diga della centrale idroelettrica di Haditha dagli attacchi degli insorti. Ma dalla prossima primavera, l’impiego delle nuove swift boat verrà potenziato e sarà affidato alla Marina, che invierà in Iraq una decina di imbarcazioni da 12 metri, capaci di sfrecciare a 40 nodi e di navigare in acque profonde anche 25 centimetri. Su ogni lancia potranno trovare posto 16 marinai. All’inizio la US Navy invierà 220 uomini per pattugliare l’Eufrate, ma è previsto che in futuro questi aumenteranno fino a 900. I fiumi e le acque costiere del Vietnam, nel massimo sforzo americano, impegnavano 4.500 marinai e circa 450 barche.
 
La missione. Pur dotate di una massiccia blindatura e di mitragliatori da 50 millimetri, ufficialmente le swift boat del terzo millennio non avranno come compito principale la caccia agli insorti, ma quello di impedire il contrabbando d’armi tra la Siria e la capitale irachena Baghdad, nonché l’afflusso di guerriglieri, e di proteggere i pescatori e gli agricoltori sulle rive del fiume. “I fiumi iracheni rappresentano le vecchie vie del contrabbando”, ha detto il capitano Michael Jordan, commodoro di uno dei nuovi squadroni di lance, “vie che sono state utilizzate per centinaia, migliaia di anni. E finora noi abbiamo posti di blocco sulle strade, non sui fiumi”. L’ammiraglio Michael Mullen, responsabile supremo delle operazioni navali statunitensi, ha però dichiarato che le missioni comprenderanno anche scontri a fuoco con gli insorti, che spesso scappano lungo i fiumi dopo aver attaccato le truppe Usa.

Due swift boatsCambio di strategia. Comunque sia, la scelta di tornare ai metodi del Vietnam rappresenta una rivoluzione strategica per la Marina statunitense, che negli ultimi trent’anni aveva puntato tutto sulla supremazia data dalle portaerei e dai sommergibili nucleari. Quando la guerra era “fredda” e il nemico era sovietico, questa strategia aveva funzionato alla grande. Per essere pronti a inviare truppe in ogni area di crisi, anche. Ma la guerra in Iraq, ormai entrata nel suo quarto anno, presenta un nemico diverso: migliaia di insorti che colpiscono con armi leggere, mordono e fuggono. Contro di loro, una Marina che si basa sui giganti del mare e la tecnologia può fare poco. Lo dimostrò anche l’attacco suicida contro il cacciatorpediniere USS Cole nelle acque dello Yemen, nell’ottobre 2000. Il cambio di strategia era già stato annunciato a inizio anno dall’ammiraglio Mullen, che aveva spiegato come la Marina doveva prepararsi a combattere guerre grandi e piccole. “Tradizionalmente non è così che intendevamo il controllo del mare, ma se questo è quello che il nuovo secolo richiede noi ci adegueremo”, aveva detto. Sperando, ovviamente, che dalle nuove swift boat si possa anche scendere, senza rischiare un colpo in fronte. E che non vada a finire come in Vietnam.