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Baltimora, benvenuti nella polveriera americana

di Mauro Indelicato - 29/04/2015

Fonte: L'intellettuale dissidente


Ancora una volta la società americana si rivela per quello che è: una polveriera pronta ad esplodere ed a mostrare tutti i suoi risvolti più negativi e disumani. Gli scontri di Baltimora dimostrano l'irrazionalità di una società che per reggere ha bisogno di lasciare indietro l'anello più debole della popolazione.

   

La società americana è una vera polveriera; non basta lo spot elettorale del 2008 di aver portato un nero alla Casa Bianca, così come non basta aver dedicato migliaia di boulevard ed avenue a Martin Luter King, le palesi contraddizioni in seno alla società americana emergono ciclicamente, anzi arrivano spesso ad esplodere improvvisamente minando dalla base la sicurezza e l’ordine pubblico delle principali città. Molti ammiratori della democrazia americana, affermano che gli USA hanno sì tanti problemi ma che a lungo andare riescono a risolverli; in realtà, dati alla mano, così non è: il divario di reddito medio tra i cittadini bianchi e cittadini neri è notevolmente aumentato negli ultimi anni, così come non mancano mai di riproporsi, ad ogni legislatura e ad ogni decennio, rivolte e tensioni della popolazione di colore. Quanto accaduto a Ferguson in estate e quanto sta accadendo adesso a Baltimore, non è che la punta di un immenso iceberg di un sistema nato e cresciuto su basi fortemente discriminatorie; del resto, gli USA sono nati sterminando la popolazione natia ed attuando il primo grande genocidio della storia, poi in seguito per far reggere la propria economia capitalistica si è fatto largo uso della tratta degli schiavi: quella che viene chiamata guerra di indipendenza, identificandola come un moto di libertà che ha dato origine al sistema politico occidentale, altro non è stata che una guerra attuata per sancire il predominio di un sistema che senza la prepotenza attuata dai colonizzatori bianchi sui nativi e sugli schiavi africani non poteva durare a lungo.

Oggi però, rispetto ad allora, le condizioni sono radicalmente cambiate; l’apartheid americano, attuato anche negli anni in cui Washington erigeva monumenti a Mandela per la lotta alla segregazione in Sudafrica, metteva di fatto fuori da ogni gioco politico e sociale le persone di colore. Adesso non è più così: non certamente perché le cose sono cambiate in meglio ed i neri hanno potuto liberarsi della supremazia della popolazione di origine europea, ma perché la rincorsa all’omologazione delle persone di colore in questi ultimi decenni ha messo maggiormente in risalto le tante contraddizioni. Chi in America detiene il controllo di economia e mezzi di informazione, sperava che avvolgendo dentro il mantello del consumismo e dell’occidentalizzazione anche la popolazione di colore, avesse per sempre dato la dolce parvenza che tutto fosse stato ricucito; poi quello spot elettorale di Barack Obama, ‘falso nero’ come definito da un attore del calibro di Morgan Freeman, voleva dimostrare al resto del mondo che oramai tutto era appianato ed il coperchio della menzogna poteva rendere governabile il pentolone della società USA.

Le mancate promesse di Obama, ma soprattutto le attuali remote possibilità della popolazione nera di condurre uno stile di vita uguale a quello della popolazione bianca, hanno nel giro di pochi anni fatto riesplodere la questione. Una dimostrazione si è avuta nel settembre del 2005, quando l’uragano Katrina sconvolgeva New Orleans, città ‘nera’ per eccellenza: 1000 morti, ma soprattutto immagini di baraccopoli in cui viveva popolazione di origine africana lasciata allo sbando e senza aiuti. Ecco cosa ha dimostrato quell’evento, scoglio di inefficienza organizzative che ha rivelato al mondo la fragilità di una superpotenza che in realtà ha lasciato sempre più indietro gli ultimi della classe. Poi anche la crisi economia ha fatto il resto; quando il genitore di origine africana non ha più potuto comprare gli stessi vestiti e gli stessi giocattoli che il genitore del compagno di banco bianco del figlio invece poteva permettersi, lì ha iniziato lentamente ad innescarsi la miccia. Infine gli episodi scellerati della Polizia hanno fatto il resto: prima l’omicidio a Ferguson, poi altri episodi di sparatorie contro ragazzi neri disarmati, infine la morte sospetta in cella di un ragazzo a Baltimora.

La realtà sullo squallore sociale americano è adesso di nuovo sotto gli occhi di tutti; terra delle disuguaglianze economiche, sociali e razziali, in poche parole terra natia del capitalismo, ecco lo specchio dell’America di oggi, di ieri ed anche di domani. Ma con un elemento di novità importante: la popolazione di colore pressa demograficamente su quella di origine europea. Fra non molto, la percentuale dei neri americani aumenterà: la popolazione nera fa figli, quella bianca no e fra qualche decennio isolati episodi di esplosione di rabbia saranno la quotidianità di una società rintanata dentro il tunnel di un caos disorganizzato. A Baltimora adesso vige lo stato di emergenza: le tv tradizionali ed i media parlano di generici scontri, ma nella città del Maryland la situazione è molto più grave e si è dovuto ricorrere alla guardia nazionale; si è ad un passo dall’instaurazione del coprifuoco, specie dopo il ferimento di diversi agenti nelle ultime ore. Una situazione difficilmente controllabile, ma anche così simile a tanti contesti tipici di quelle nazioni in cui i divari economici alla lunga fanno crollare l’unità sociale; il terzo mondo è all’interno del primo: l’American Dream altro non è che una palude stagna di illusioni in cui vige l’estrema sintesi del peggiore sistema disumano/capitalistico che la storia abbia mai conosciuto.