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Le liste di proscrizione: chi istiga alla violenza?

di Massimo Fini - 05/09/2006


Con buona pace di quei lettori del Gazzettino che mi danno del "comunista", sabato pomeriggio durante una manifestazione dei Centri sociali a Roma, cui hanno partecipato anche il sottosegretario all'Economia, il verde Paolo Cento, e il deputato di Rifondazione Vladimir Luxuria, il mio nome, insieme a quelli di intellettuali, di giornalisti, di calciatori ed ex, come Damiano Tommasi (noto, oltre che per essere un notevole centrocampista, per le sue attività di volontariato), Bruno Conti e di allenatori come Luciano Spalletti, è stato scandito dal palco come appartenente a una "lista nera" di persone.
 Queste sono accusate di "legittimare una cultura violenta e neofascista partecipando alle iniziative di spazi occupati dalla destra radicale romana".

La manifestazione voleva essere di cordoglio per la tragica morte dell'ingegner Renato Biagetti, un frequentatore di Acrobax, uno spazio occupato dai Centri sociali nel quartiere ostiense, accoltellato all'alba di domenica da due giovani dopo una festa reggae a Focene, sul litorale laziale. Gli inquirenti escludono, allo stato, che i ragazzi arrestati e accusati del delitto facciano parte di gruppi organizzati dell'estrema destra. Ma la questione non è questa, anche se pare un tantino arbitraria l'affermazione dei Centri sociali secondo i quali "questo assassinio a sangue freddo è comunque di stampo fascista nel senso che è frutto del clima di violenza e di aggressione al diverso fomentato dai gruppi della destra radicale sul territorio e legittimato dalla destra istituzionale sul piano politico".

La questione non è nemmeno se io sia di destra o meno. Tuttavia su questo punto voglio spendere qualche parola perché troppo spesso subisco dalla sinistra o dalla destra, non facendo parte né dell'una né dell'altra, attacchi, intimidazioni, censure, violenze e ne ho le scatole piene.

Ci vuole tutta la crassa ignoranza e la confusione mentale dei giovani dei Centri sociali per confondermi con uno di destra, radicale o meno. Negli ambienti dove circola un po' di cultura sono ritenuto un antesignano del "No Global" (quello internazionale, non quello italiano declinatosi subito in un contraddittorio "New Global") per aver scritto contro la globalizzazione e la mondializzazione del mercato in vari libri fra cui "La Ragione aveva Torto?" che è del 1985 quando quei giovani non erano nemmeno nati o avevano ancora il latte sulle labbra e Caruso and company erano di là da venire. Sono stato, e sono, contro le aggressioni alla Jugoslavia, all'Afghanistan e all'Iraq sostenute da tutta la destra, internazionale e nazionale. L'unica volta che mi era stato affidato il commento (nemmeno la conduzione, il commento) in una trasmissione televisiva, all'una di notte, il programma è stato bloccato prima ancora di andare in onda, prima addirittura di essere visto da alcuno, dalla Rai controllata dalla maggioranza di governo di centrodestra.

È vero che non sono di sinistra, ma ciò non basta per definirmi di destra. Il mio pensiero va "oltre" la destra e la sinistra, due categorie politiche che giudico obsolete, vecchie di due secoli e non più in grado di comprendere nè, tantomeno, di gestire le esigenze più profonde dell'uomo contemporaneo.

Quanto alla violenza l'ho sempre condannata, venisse da destra o da sinistra. L'ho condannata negli anni '70 quando era "rossa" e molti intellettuali, giornalisti e politici (parecchi dei quali poi passati a destra) civettavano con la violenza, non solo quella dei gruppi extraparlamentari che scorazzavano allegramente per le città spaccando vetrine e crani, ma anche quella delle Brigate Rosse (i "compagni che sbagliano"). Ciò mi valse l'attenzione di Prima Linea e il mio nome fu trovato, insieme a quello di Walter Tobagi, in uno dei covi di questo gruppo terrorista. Walter, che era allora uno dei miei più cari amici, è stato accoppato. Io mi sono salvato. Come, per puro caso, mi ero salvato negli anni precedenti dal manipolo di sprangatori, guidato dal figlio di un imprenditore veneto, Giorgio Livrini, che mi era stato inviato da uno dei leader del Movimento Studentesco, Luca Cafiero, per aver denunciato in un'inchiesta su "Linus" la violenza dei gruppuscoli extraparlamentari.

Ho condannato ovviamente anche le violenze della destra, anche se bisogna dire che in quegli anni erano del tutto minoritarie rispetto a quelle della sinistra estrema, tanto che sull'"Europeo" di Tommaso Giglio facemmo un'inchiesta titolata "Dove sono finiti i fascisti?". Nell'orgia del conformismo di quegli anni si faceva fatica a trovarne uno, erano tutti diventati di sinistra, di estrema sinistra, marxisti, leninisti, rivoluzionari, tutti, intellettuali, giornalisti, docenti universitari, imprenditori, mignottine. Non c'era chi scrivesse pure un manuale sul giardinaggio non lo inquadrasse "in una prospettiva rivoluzionaria".

Ho sempre difeso invece la libertà di espressione e il diritto di cittadinanza proprio del "diverso", delle minoranze, fossero di sinistra, di destra o di nulla oppure, come oggi in Italia, islamiche. Per questo ho presentato i miei libri a "Casa Pound", cosa che mi viene rimproverata, a quanto ho capito, dai Centri sociali romani, come negli ambienti di Rifondazione comunista. In democrazia tutte le idee, anche quelle che ci paiono più aberranti, hanno diritto di esprimersi. L'unico discrimine è che rinuncino a farsi valere con la violenza. Questa liberalità - che peraltro in Italia con le leggi Mancino e simili sta venendo meno - è il pedaggio che la democrazia paga a se stessa.

Ma, come dicevo, la questione esula dalla mia posizione personale e da quella degli altri "monatti" messi nella "lista nera". Fa specie che queste accuse di legittimare la violenza vengano da persone che guidavano un corteo in cui si gridavano slogan come "uccidere un fascista non è reato"; "10, 100, mille Acca Laurentia".

Chi è, allora, che legittima la violenza? Che, anzi, istiga alla violenza? A meno che i confusi giovani dei Centri sociali romani (ma Paolo Cento e Vladimir Luxuria non sono dei ragazzi) non pensino che la violenza è illegittima quando è di destra e legittima quando viene da sinistra.

In quanto alle liste di proscrizione, inaugurate da Silla in epoca romana, sono sempre una cosa infame, come la Colonna di manzoniana memoria. E mi ricordano il giornale di Lotta Continua, di cui era leader indiscusso quell'Adriano Sofri che oggi, pur condannato a 22 anni di reclusione per l'omicidio del commissario Calabresi, è uno dei principali editorialisti di Repubblica che ha dato asetticamente la notizia delle prodezze dei Centri sociali senza spendere una parola in difesa di coloro che venivano esposti al ludibrio pubblico. Lotta Continua negli anni '70 pubblicava le fotografie di "fascisti" o presunti tali, i loro indirizzi, i loro percorsi, le loro abitudini, additandoli alle spranghe dei compagnucci. Qualcuno ci ha rimesso la pelle, altri sono rimasti sulla sedia a rotelle. Non vorrei che nell'Italia dove gli errori si ripetono sempre, con costanza estenuante, e dove, come disse splendidamente Mino Maccari, "i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti propriamente detti e gli antifascisti", fosse ricominciata una stagione di quel genere. Sarebbe gravissimo.