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Quando la forma ignorò Darwin: introduzione alla scienza della morfologia. Parte 3

di Fulvio Saggiomo - 25/08/2015

Fonte: Centro Studi La Runa



Certo ci sono esempi di metamorfosi eclatanti nel mondo organico, ad esempio la trasformazione di un bruco in farfalla. L’azione di un ormone specifico attiva quella serie di azioni e trasformazioni che porteranno un essere strisciante a diventare la silfide dei nostri boschi attraverso un processo che ha del miracoloso. Ma si stratta di una trasformazione infraspecifica, all’interno dello stesso campo morfico, direbbe l’americano Rupert Sheldrake. Il bruco non ha senso senza la farfalla e la farfalla non ha origine senza il bruco, tutto è nell’uovo, parliamo sempre dello stesso essere. La metamorfosi del bruco è un buon esempio purché resti un’analogia allusiva, un modo molto suggestivo, quasi fiabesco, di parlare di metamorfosi, perché nella realtà naturale un essere specializzato come un bruco non genererà mai un altro essere specializzato come la farfalla, ciò può avvenire solo all’interno della stessa specie e queste due realtà sono facce della stessa unità biologica. Spesso il bruco è l’aspetto metabolico e la farfalla quello riproduttivo dello stesso essere.

dnaMa cosa ci raccontano la biologia molecolare e la genetica in merito? Confermano l’evoluzionismo darwinianamente inteso o lo smentiscono? cosa possono dire, invece, in merito alla Morfologia?

Queste discipline, ad onta dei sensazionali progressi fatti negli ultimissimi anni, si propongono come la spada per tagliare il proverbiale nodo di Gordio sull’evoluzionismo darwiniano e sulla scienza della Morfologia.

Il primo punto da trattare riguarda la selezione naturale. Abbiamo visto come da un punto di vista strettamente logico ancorché biologico la dottrina della selezione naturale non può reggere e ne abbiamo trovati i motivi in Darwin stesso, quindi non occorre dire altro. Tuttavia il coro neodarwinista, nonché i mezzi di divulgazione, specialistica e non, continuano a proporre imperterriti a mo’ di mantra il credo evoluzionista fondato sulla selezione naturale.

Ma la scienza dell’infinitamente piccolo, quella che penetra nel nucleo vivente della cellula ci racconta tutt’altra storia. La selezione naturale esiste ma svolge il compito contrario rispetto a quello assegnatogli dal darwinismo ortodosso: essa elimina le novità, gli errori che possono occorrere nella replicazione del DNA o nella copiatura in RNA o nella traduzione in proteine. Processi molecolari molto complessi che hanno come cardine le varie polimerasi del DNA e dell’RNA, che scorrendo sul testo o sul trascritto, leggono, traducono, copiano e trascrivono l’informazione, eliminando gli elementi estranei, in particolare appaiamenti sbagliati (eliminando le basi sbagliate o i nucleotidi appaiati in modo scorretto) o fattori estranei come elementi alchilanti (gruppi metile o acetile, radicali liberi, metalli pesanti ecc, che potrebbero compromettere il funzionamento della cellula e dell’organismo), sigillando il tutto (nel caso della trascrizione da RNA a proteine) con un cappuccio di metil-guanosina trifosfato all’estremità 5’ e una coda poliadenilica all’estremita 3’ dopo aver eliminato (splicing) i tratti non codificanti (introni)[23].

Pertanto, senza addentrarci nei dettagli molecolari che presupporrebbero cognizioni di Chimica organica avanzate, il DNA combatte attivamente l’entropia, il disordine che tende a fagocitare tutte le strutture ordinate e coerenti. Sembrerebbe non esserci scampo per la selezione naturale. Tuttavia gli “specialisti” hanno trovato un escamotage. Secondo loro la selezione naturale ingaggerebbe una gara, una lotta per la vita a livello microscopico, con i meccanismi di correzione del DNA-RNA, una gara di velocità. Quando l’efficienza e quindi la velocità nella correzione cala la selezione si incunea e opera le sue meraviglie. Quindi un processo casuale, fondato su una falla nella difesa attiva delle cellule, sarebbe alla base di un processo innovativo che si assesta su un ordine sovente più elevato e più ricco di informazione. Per avere nuovi organi, occorrono nuovi geni o una maniera innovativa di disporre ed utilizzare i geni esistenti e non del loro deterioramento.

dimenticare-darwinUn altro grosso problema già trattato a livello macroscopico e che a livello microscopico diventa insormontabile per gli evoluzionisti, almeno a nostro avviso, è quello della trascrizione del DNA. Essa avviene grazie al concorso dei cosiddetti fattori di trascrizione[24], particolari molecole che agiscono in sinergia con la RNA polimerasi, molecole che si incuneano tra le spire della molecola di DNA già srotolato, la “aprono”, la “leggono”e la traducono in RNA per poi convertirla in proteine secondo il processo accennato in nota 11, coadiuvati in questo da non meno di 50 altri fattori tra enzimi, coenzimi ecc. Tali fattori di trascrizione ed i loro annessi sono anch’essi trascritti, naturalmente, a partire dal DNA seguendo lo stesso procedimento: quindi per trascrivere i fattori di trascrizione occorrono i fattori di trascrizione, cioè per tradurre o trascrivere il DNA è necessario il DNA. Vale a dire che il DNA e la sua biochimica, sono un sistema autoportante che necessita di tutti gli elementi funzionanti ed in piena efficienza, come un arco a tutto sesto che si regge finché tutte le pietre sono al proprio posto e che non può essere costruito ponendo una pietra per volta ma mettendole tutte insieme servendosi di un supporto sottostante. L’evoluzionismo non possiede questo supporto. Inoltre se si considerano tutte le altre funzioni e sistemi organici che possono attivare o disattivare i geni, come il sistema endocrino, a sua volta attivato dal sistema nervoso, impulsato dalle sollecitazioni ambientali, interne ed esterne si capisce che il passaggio da organico ad inorganico è impossibile: organismo solo da organismo, DNA solo da DNA! [25]

Ma anche qui gli evoluzionisti hanno pensato ad un antidoto. Il mondo ad RNA. Agli albori il DNA non sarebbe esistito e tutti i processi sarebbe stati espletati dal RNA che avrebbe funto da testo, copia, e catalizzatore del processo della vita. I vari tipi di RNA (mRNA, tRNA, rRNA, hnRNA, snRNA, iRNA) sarebbero la prova dell’esistenza di quel mondo. Tuttavia si tratta solo di supposizioni e comunque questo non risolverebbe il problema delle origini di questa complessità. La complessità che riscontriamo nel vivente, dal batterio all’Uomo, non può derivare dal semplice per “rabberciamenti” progressivi. Inoltre c’è un altro problema che neppure il DNA può risolvere ed è il problema della forma: il DNA e la sua biochimica fornisco i mattoni, il materiale di cui è fatto l’organismo, l’attivazione e l’inattivazione di alcuni geni, calibrata a partire dal sistema nervoso ed endocrino, regola la tempistica e l’opportunità di disporre di un gruppo di proteine piuttosto che un altro, in un posto dell’organismo piuttosto che in un altro[26] ma la forma di una mano, quella di un organo, il profilo di una corolla fiorita, le volute logaritmiche del guscio del Nautilus, la fisionomia di un volto, non sono scritti da nessuna parte nei geni e sono il frutto di forze invisibili che plasmano queste forme a partire dal materiale fornito dai complessi meccanismi molecolari del genoma.

Ma a questo punto, dopo aver mostrato che l’evoluzione come adattamento graduale per mutazione e selezione è impossibile, sorge la domanda chiave: come origina o come ha avuto origine la varietà? La nostra risposta evidentemente sarà: grazie alla metamorfosi guidata dalle leggi del Tipo, scoperte da Goethe, che agiscono nei limiti e nell’alveo dei principi scoperti da Von Baer e di altri principi frutto delle scoperte dell’ultimo secolo. Ma nel concreto come nasce una nuova Classe, un nuovo Ordine o Famiglia o Genere o Specie. Facendo un parallelo con l’Analisi Matematica, ci chiediamo cosa succede quando una curva da concava diviene convessa, cioè cosa avviene nel “punto di flesso” dei taxa, quando una forma, poniamo, rettiliana, imbocca la via mammaliana o aviana e soprattutto come avvengono quelle modificazioni così profonde che possono far ascrivere una specie ai mammiferi piuttosto che ai rettili. Evidentemente la risposta non può essere univoca ne lapidaria, stiamo cercando di sfiorare il mistero della forma e della sua provenienza, possiamo tutt’al più fare delle supposizioni ma non ripeteremo l’errore di molti evoluzionisti di proporre delle pure congetture come qualcosa di altamente probabile. Ebbene, abbiamo escluso che una specie particolare, perfettamente adattata ad una certa nicchia ecologica possa generarne un’altra altrettanto specializzata: un leone non può generare una giraffa, ne una lucertola un pipistrello, ne un salmone una balena. Del resto neppure una regressione a stadi più generali di organizzazione sono possibili una volta che la specializzazione è avvenuta; è possibile, al massimo, una involuzione e atrofia di funzioni superiori. Le svolte potrebbero avvenire, a rigor di logica, solo quando la specializzazione non è ancora avvenuta. La conclusione è che solo forme generiche possono dar vita a forme specifiche e quindi o tutte le differenziazioni si danno all’inizio, subito dopo o contestualmente alla nascita dei Phylum[27] oppure si potrebbe ipotizzare un arresto di sviluppo allo stato embrionale, accompagnato da un rimodellamento della struttura genetica in maniera non locale, quindi sull’intero fronte o su un fronte abbastanza esteso[28] e così produrre forme adulte rimappate in senso differente.[29]

La prima ipotesi può sembrare poco probabile perché le radiazioni (o meglio sarebbe chiamarle esplosioni, perché così si presentano nella stratigrafia) delle classi di vertebrati, ad esempio, si succedono l’una all’altra e sono seguite da quelle degli Ordini ecc, ma non è da escludere che le classi “successive” fossero già presenti in forme non iperspecializzate già nelle età precedenti. Tuttavia anche queste forme sono cattivi candidati per essere il “trampolino di lancio” per qualsiasi salto, in quanto già adattate ad un ambiente o ad un’altro pur conservando una certa versatilità.

La seconda ipotesi è più verosimile anche se va impostata in senso “finalistico”, poiché una mutazione del genere, così radicale, così circostanziata, come ad esempio quella ipotetica da Rettile ad Uccello non può essere sospesa sul Caso ma avere una vis interna teleologicamente indirizzata verso uno scopo; per trasformare una zampa in ala in modo quasi repentino seppur facilitato da vari fattori interni ed esterni, occorre un evento davvero prodigioso ed intelligente. Senza progetto è difficile immaginare un aeroplano, quanto più complesso è un gabbiano che veleggia nel vento!

una-scienza-senza-animaQualunque sia il meccanismo del salto, esso potrebbe avvenire a partire da forme massivamente transvarianti[30] verso il gruppo di arrivo. Quindi nel caso dei Mammiferi o degli Uccelli, il cui gruppo più prossimo è costituito dai Rettili, si sarebbe trattato, di creature che nel cerchio di variabilità rettiliana avevano sfiorato, tra le potenzialità insite nella Classe, quelle più prossime ai Mammiferi da un lato o agli Uccelli dall’altro, pur conservando i tratti caratterizzanti dei Rettili.[31] Evidentemente per dar forma ad una qualsiasi specie, ad esempio, di Mammifero, occorrerà il Mammifero tipico o archetipico o generico, ma questo mammifero tipico non potrà essere alcun mammifero concreto, altrimenti sarebbe già specializzato in un senso o nell’altro (H. Frieling). Quindi questi archetipi non sono forme effettive, bensì forme ideali, modelli che si incarnano in un “posto” piuttosto che in un altro. Questi archetipi sono come campi di forza che si espandono nello spazio morfogenetico in cerchi concentrici[32] e che agiscono allorché se ne presentano le condizioni opportune o prossime: nel nostro esempio l’archetipo dei Rettili espandendosi e quindi generando tutte le possibili forme rettiliane (Kleinschmidt-Dacquè)[33] tra cui anche quelle più mammaliane ed aviane, ha “sconfinato” nei campi dei Mammiferi e degli Uccelli ed ha attivato quegli archetipi i quali a quel punto hanno funto da attrattori sintropici[34] o cause finali che si servono in maniera intelligente dei geni a disposizione o generando nuove sequenze per creare le forme più consone alla propria manifestazione. Manifestazione che si esplica a vari livelli che seguono i livelli tassonomici: quindi una volta attivato il modello della Classe seguirebbe l’attivazione degli Ordini. E, dopo alcuni milioni di anni il livelli delle famiglie ecc. Quindi, ancora una volta, dal generale al particolare. Quindi esiste una sorta di travaso morfico tra i gruppi ma non si può parlare in alcun modo di derivazione anche perché occorre ripeterlo, non esistono forme di transizione tra nessuno dei taxa conosciuti, viventi o fossili ma solo esplosioni ed estinzioni quasi improvvise. Si tratta di una sorta di “dialogo” e scambio di “informazioni” biunivoco, non locale, un intreccio olografico tra archetipi gerarchicamente ordinati.

Tornando a Goethe, dopo questa passeggiata sui gradini della doppia elica del DNA.

Quali sono le linee guida, gli strumenti euristici proposti da Goethe? In primis occorre dire qualche parola sul metodo goethiano. Possiamo parlare di una fiducia di Goethe nella razionalità del reale. Il pensiero non è astrazione, ma un organo di percezione di realtà archetipe che si manifestano nel reale concreto e che è compito dell’Uomo enucleare e portare a chiarezza. Come nota Rudolf Steiner nella Introduzione agli scritti scientifici di Goethe[35] , vi sono tre livelli di comprensione: legge scientifica, tipo e concetto. Nella legge di natura l’Idea si manifesta come separata dal suo fenomeno: ad esempio la legge di gravità regola i suoi fenomeni ma resta separata, al punto che occorre eseguire esperimenti, secondo il dettato galileiano, in “condizioni ideali”, per evincere la legge. Vi è poi il livello del tipo, in cui l’Idea, lo Spirituale agisce dall’interno del fenomeno come “essenza operante” che però ancora necessita di essere guardata sensibilmente per scorgerne l’azione. Infine nel concetto, non evidentemente il concetto come immagine di una classe di oggetti, ma il concetto in se stesso; in tal caso il fenomeno e la sua legge sono uno, la legge stessa è il fenomeno ed il fenomeno si mostra immediatamente come legge. «Nella coscienza umana il Concetto stesso è l’elemento percepibile. Percezione e idea coincidono. Ciò che si contempla è appunto l’elemento ideale. Perciò a questo gradino, possono manifestarsi anche i nuclei ideali vitali dei gradini naturali inferiori»[36] quindi parafrasando dalla teoria dei colori, non è il pensiero la causa del concetto, il pensiero è la condizione del suo manifestarsi: nella coscienza umana viene a realizzarsi «il colloquio risolutore della Natura con se stessa»[37], nella coscienza dell’indagatore la Natura acquista coscienza di se. Pertanto la ricerca naturale non può non essere che una ricerca Tipologica degli archetipi che governano il mondo visibile e delle leggi che ne determinano il loro manifestarsi. Prima di qualsiasi strumento metodologico o sperimentale, ciò che va messo a punto è lo strumento più preciso in assoluto: il Pensiero che deve imparare dalla percezione l’oggettività e la capacità di penetrare ciò che ci circonda. Pensiero plastico (quindi addestrato a “guardare” il Concetto vivente, il mondo Ideale) e percezione educata all’oggettività, sono gli strumenti dello scienziato e del filosofo della Natura.

Ma quali sono i quattro capisaldi del metodo goethiano del Tipo?

Manifestazione, Metamorfosi, Polarità ed Intensificazione. Primo, il Tipo si manifesta e i vari taxa sono altrettanti livelli di manifestazione del Tipo. Pesci, Anfibi, Rettili, Mammiferi e Uccelli sono, ad esempio, altrettanti livelli di apparizione del Tipo “Vertebrato”. Come si manifesta? attraverso la metamorfosi delle forme e delle strutture. Questa metamorfosi, seppur rintracciabile e ricostruibile in maniera continua nel pensiero avviene, come abbiamo mostrato, in maniera drastica per “salti quantici”. Polarità e intensificazione sono gli strumenti della metamorfosi. Ora queste due forze, come giustamente nota D. Nani[38] andrebbero lette alla luce del concetto di Sincronicità vale a dire del legame non locale e non meccanico ma simbolico e sintropico tra fenomeni. Questa, a ben guardare, è anche un’indicazione di Steiner nei cicli di conferenze sulla Medicina, che evidentemente anticipano in tal senso la tematica Junghiana. Nella polarità e nell’intensificazione evidentemente sono condensati e perfezionati i principi di Saint Hilaire. Gli organi e le strutture possono avere: un legame di affinità e quindi si perfezionano o regrediscono in parallelo o di opposizione polare ed in quel caso emerge l’intensificazione, più uno si intensifica, più l’altro regredisce. Tuttavia, non bisogna dimenticare che spesso i legami di questo tipo, i legami “simbolici” non hanno nessun elemento della causalità meccanica, il più delle volte non esiste alcun nesso causale diretto tra due fenomeni, almeno non un legame evidente; ad esempio la metamorfosi delle ossa del cranio a partire dalle vertebre cervicali. Probabilmente non è mai avvenuta temporalmente parlando ma ciò non toglie che “avvenga” sincronicamente e che vi sia un rapporto di polarità ed intensificazione tra ogni singola vertebra ed uno specifico osso del Cranio. All’osso più delicato e ricco di lamine (es. lo Sfenoide) corrisponderà la vertebra più forte e salda, col corpo più ampio e apofisi meno accentuate (la 7^ cervicale). Nani ad esempio legge le quattro Classi di tetrapodi (esclusi gli Uccelli) attraverso quattro gesti archetipici, collegandoli, seguendo le indicazioni di Steiner, a quattro organi e ai quattro elementi cardine della vita (Azoto, Carbonio, Ossigeno, Idrogeno). I pesci esprimono il moto continuo, sono collegati al Rene, quindi alla pressione osmotica dei liquidi e dei soluti in cui si muovono e all’elemento Azoto. Gli anfibi esprimono il moto discontinuo, il Polmone e il metabolismo del Carbonio (quindi alla strutturazione della vita aerea, non sostenuta da elementi esterni: il Carbonio scuro diventa Diamante diafano, la più dura, pura e strutturata formazione minerale). I Rettili esprimono la delimitazione degli spazi interni (e quindi l’isolamento dal mondo esterno) sono collegati al fegato e all’ossigeno e quindi al metabolismo ossidativo delle sostanze organiche. Infine i mammiferi sono collegati alla circolazione, che in essi diventa doppia e completa, quindi il Cuore e l’elemento Idrogeno. Inoltre divide questi quattro organi in organi dinamici: il Rene e il Cuore (uno continuo e l’altro ritmico) ed organi metabolici: Fegato e Polmoni (anch’essi uno ritmico e l’altro metabolico).

Per gli Uccelli il discorso appare più complesso. Il loro gesto simbolico è l’apertura dell’ala conformata per il volo, gli Uccelli sono ala, sono Volo e sono canto articolato. Negli Uccelli avviene il libero passaggio dal Cosmo all’interiorità, la quale risponde attraverso la melodia. Gli uccelli sono collegati al Cielo alla Luce e a ciò che la fa passare liberamente, quindi non al Fosforo, che tenta di trattenerla, ma al Silicio e poi all’Antimonio che, nella sua “interiorità” sottile tende a fuggire dalla Terra. Inoltre non si dimentichi la navigazione notturna tramite le stelle e quella che si serve del campo magnetico terrestre grazie ai cristalli di magnetite (che è Ferro, sideron). Il sistema organico maggiormente caratterizzato è quello osseo, diverso da tutte le altre Classi.[39]

Infine, un esempio lampante dell’uso del metodo goethiano è la polarità tra Epifisi ed Ipofisi. Considerando gli animali dai Pesci ai Mammiferi si assiste al regresso dell’Epifisi e allo sviluppo dell’Ipofisi. Evidentemente i Pesci sono ancora legati al proprio ambiente in maniera cruciale e sappiamo che l’Epifisi è adibita al collegamento dell’organismo con i ritmi cosmici attraverso il metabolismo della Melatonina (luce-buio; cicli stagionali). L’Ipofisi viceversa, è incentrata fortemente sull’ambiente interno, e inerisce alla reazione interna alle sollecitazioni, sia interne che esterne, attraverso il suo strettissimo legame con l’Ipotalamo. L’Ipofisi infatti, divisa in Adenoipofisi e Neuroipofisi (collegata direttamente all’Ipotalamo, anzi, costituita da cellule nervose), controlla tutte le ghiandole endocrine dell’organismo attraverso le Tropine (Gonadotropina, Tireotropina ecc…), quindi regola soprattutto l’omeostasi interna dell’organismo, e pertanto sottende alla chiusura-interazione rispetto al mondo esterno. Questi erano solo alcuni esempi della fecondità che possono avere gli studi morfologici e delle pesanti implicazioni filosofiche che essi possono avere nel dibattito culturale e nella lotta per i valori che oggi più che mai è di vitale importanza.

Note

[23] Cfr. Biologia molecolare del gene.

[24] Essi sono principalmente tre tipi di fattori con tre forme differenti, chiamati: elica-ansa-elica, a dita di zinco, a cerniera di leucina. Cfr. Biologia molecolare del gene.

[25] Jaques Monod nel suo celebre Il caso e la necessità, così esprime il concetto: «Il codice genetico può dunque essere tradotto solo dai prodotti stessi della traduzione. È questa l’espressione moderna dell’omne vivum ex vivo».

[26] La genetica ha scoperto verso la fine del secolo appena trascorso, il cosiddetto homeobox, il pacchetto di geni omeotici o geni hox, un gruppo di geni che regola la successione dei segmenti corporei in quasi tutti gli organismi animali, regolati da un particolare codice istonico che imprime, durante lo sviluppo embrionale, a partire dalla testa il ritmo di scansione dei segmenti, ritmo riproposto più volte per specificazioni successive anche per i singoli segmenti. Cfr. Biologia molecolare del gene.

Ma anche in questo caso, per continuare la nostra metafora edilizia, i geni hox sono una sorta di “modulo prefabbricato” che viene piegato alle esigenze morfogenetiche dell’uovo a partire dall’induzione primaria (cioè il “segnale” che da il via alla formazione della linea primitiva e del canale neurale) ma il progetto, la forma agisce da un altrove, attraverso il sistema ormonale della madre, da un implicito mondo di informazione, di forme ideali che si esplica nelle forme effettive attraverso questo sistema modulare.

[27] Comparsi praticamente quasi tutti, contemporaneamente, all’inizio dell’Eone Fanerozoico (Cambriano antico o inferiore), circa 600 maf, e con l’aggiunta di altri tre Phyla, tra cui gli Emicordati, antenati dei Vertebrati, una trentina di mla dopo. Questa esplosione clamorosa, senza alcuna traccia di vita nel periodo immediatamente precedente, è forse il mistero più grande di tutta la Biologia.

[28] Corsivo nostro.

[29] È questa, ad esempio, l’idea del “saltazionista” Otto Schindewolf, che riprende e sviluppa idee di R.Goldschmidt (mutazioni sistemiche) e di A.M. Dalcq (ontomutazioni).

[30] Per usare la terminologia del biologo sistematico italiano Alfredo Sacchetti che seguendo la morfologia classica dei Tipi, pensa che il sistematico debba classificare i viventi calcolando la probabilità di trans variazione o di aderenza tipologica, cioè in che percentuale una forma vivente si avvicini o si allontani dal modello tipologico del suo gruppo.

[31] Sappiamo ad esempio che molti Pterosauri avevano le ossa cave, alcuni Sauri probabilmente erano già a sangue caldo ed alcuni, probabilmente, avevano piume (anche se dobbiamo dire che molti dei ritrovamenti di “dinosauri piumati” si sono rivelati dei falsi cinesi!).

[32] Questa dei cerchi concentrici è un’idea di Roberto Fondi (Sermonti-Fondi; Dopo Darwin; Rusconi, 1980, pag. 331), sviluppata approfondendo Fantappiè da un lato e Kleinschmidt e Sacchetti dall’altro. I Taxa sono cerchi concentrici (formenkreis) statisticamente determinati, più o meno transvarianti che interagiscono tra loro in maniera “cibernetica”, diremmo noi Olografica, o informazionale e non meccanica. L’idea del Campo nello spazio morfogenetico invece è nostra.

[33] Kleinschmidt parla di formenkreis, il cerchio delle forme, in cui sono presenti tutte le possibili forme concrete di un Tipo ideale ed il suo decorso temporale (una sorta di cronotopo o continuum spazio-temporale della biologia, sviluppato successivamente dall’italiano Fantappiè servendosi del cronotopo di De Sitter); Dacquè, sulla stessa linea, parla di Urtypus o Urgestalt alla maniera schiettamente goethiana.

[34] Sintropia è un termine coniato dal matematico italiano Luigi Fantappiè negli anni 40’, per distinguerla dall’Entropia. I fenomeni entropici sono quelli ordinari regolati dalla causalità meccanica in cui l’effetto segue la causa nel tempo (onde divergenti, aumento del disordine); quelli sintropici sono quelli in cui, viceversa, la causa si trova dopo l’effetto nel senso che agisce da attrattore, posto nel “futuro”, dei suoi effetti nel passato (onde convergenti, aumento dell’ordine). In gergo filosofico sono le cause finali. Anche il tempo, naturalmente, in questa ottica ha due direzioni, non solo dal passato al futuro ma anche dal futuro al passato (come alcuni fenomeni quantistici di entanglement dimostrano). Tipici di tale tipo di causalità sono i fenomeni biologici e spirituali: Luigi Fantappie, Principi di una teoria unitaria del mondo fisico e biologico, Ed. Di Renzo, Roma 1993; Giuseppe e Salvatore Arcidiacono Sintropia, Entropia, Informazione, Una nuova teoria unitaria della fisica, chimica e biologia, Ed. Di Renzo, Roma 2006.

[35] Ed Antroposofica, Milano 2008, pag 234-235.

[36] R. Steiner, Introduzione agli scritti scientifici di Goethe, Ed. Antroposofica, Milano, 2008, pag. 235.

[37] R. Steiner, Linee fondamentali di una concezione goethiana del mondo, in Saggi filosofici, ed Antroposofica, Milano, pag. 100.

[38] D. Nani; Sincronicità e dinamica della forma, connessioni simboliche nell’anatomia dei Vertebrati; Ed. Il Capitello del Sole; 2001; pag. 39.

[39] Il corsivo è nostro.