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H5N1: un business pandemico ha contagiato i media

di Marzio Paolo Rotondò - 21/10/2005

Fonte: www.rinascita.info

Il virus dell’influenza aviaria, il famoso H5N1, preoccupa molto le istituzioni e l’opinione pubblica mondiale. Per via dei potenziali effetti pandemici che la malattia potrebbe ipoteticamente causare, numerosi organismi della salute hanno studiato e continuano nelle loro ricerche per trovare un vaccino che possa immunizzare la popolazione da questa minaccia latente. Pare che più di un antidoto sia già stato individuato dai ricercatori. In tempo record e non senza aver saltato le procedure convenzionali della sperimentazione, l’antivirale Tamiflu ed altri suoi cugini si trovano puntualmente sul mercato farmaceutico internazionale senza neanche avere la certezza scientifica della loro efficacia e delle controindicazioni legate alla loro somministrazione. Ma questo può essere anche accettato per scongiurare una possibile pandemia, a condizione che lo si faccia in modo razionale. Il problema è fondamentalmente l’eccessiva spettacolarizzazione del fenomeno che rischia di essere un fattore molto negativo.
Grazie ad una campagna mediatica prorompente, in parte giustificata ma in altra ampiamente strumentale, si sta creando intorno al virus l’effetto terrore. I media stanno diffondendo la notizia che il virus H5N1 possa essere il più devastante del secolo, capace di essere più virulento della Spagnola, l’influenza simile a quella aviaria che nel primo dopoguerra provocò più di 20 milioni di morti. Ma com’è possibile avvenga ai giorni d’oggi ed in dimensioni peggiori di prima, quando le probabilità sono minori?
L’industria farmaceutica, oltre a coinvolgere il lavoro di milioni fra medici, scienziati e quant’altri che dedicano la loro vita mettendola talvolta a rischio per il bene della collettività, rappresenta un business di dimensioni colossali che può essere motivo di speculazioni al limite del lecito.
Per capire quanto sia vasto questo giro di soldi e quanto sia influente la lobby farmaceutica mondiale, andiamo ad analizzare un dato attuale: gli incassi che la Roche sta perseguendo con il solo Tamiflu.
In un contesto molto pessimo delle borse mondiali, che da poco hanno avuto notizia del preoccupante aumento dell’inflazione americana ed europea, tra la larga maggioranza di titoli in ribasso brillano come il sole i titoli farmaceutici. Solo nelle giornata di ieri, sulle piazze europee solo i titoli farmaceutici sono in controtendenza. Altana guadagna +1,4, Roche il 2% e Novartis il +4%. Una tendenza presente da qualche tempo e che sicuramente continuarà.
Roche ha aumentato il fatturato del 16%, a 25,4 miliardi di franchi svizzeri, solo nei primi nove mesi del 2005, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Nella sola divisione Pharma, le vendite sono progredite del 20%, a 19,4 miliardi, secondo quanto diffusa dal gruppo farmaceutico basilese produttore del farmaco antinfluenzale Tamiflu, ritenuto efficace contro il virus dei polli.
Le vendite del farmaco del momento, il Tamiflu, sono dal canto loro aumentate del 263%, a 859 milioni di franchi, circa 516 milioni di dollari, essendo però solo all’inizio del loro esponenziale aumento. Il forte incremento è dovuto soprattutto alle ordinazioni per riempire i depositi in vista di una eventuale pandemia di influenza aviaria. Inoltre, in questi giorni Roche ha annunciato per la prima volta di essere pronta ad autorizzare altri a produrre Tamiflu, non senza percentuale sulla vendita, annunciando così un iperbolico aumento di produzione che è destinato a coprire l’intero pianeta.
Il costo di una singola confezione dell’antivirale consigliato contro l’influenza aviaria si aggira sui 90 euro. Su internet però, l’effetto terrore creato dai media ha portato degli speculatori senza scrupoli a mettere all’asta le confezioni partendo dalla cifra di 100 euro.
Il principale avversario del Tamiflu è il Relenza (della GlaxoSmithKline). Entrambe sono inibitori della neuraminidasi (i principi attivi sono rispettivamente l’oseltamivir e lo zanamivir), ma si hanno dubbi sulla loro efficacia, ma riescono comunque a contendersi i mercati internazionali cavalcando il terrore collettivo.
Una notizia di questi giorni ha confutato il fatto che il Tamiflu sia il farmaco adatto a contrastare l’epidemia. Una equipe di ricercatori ha infatti identificato un ceppo del virus dei polli che è resistente al Tamiflu. L’uso del Tamiflu in una paziente colpita da influenza aviaria in Vietnam ha creato un ceppo di virus H5N1 resistente al farmaco. La notizia, che sarebbe dovuta uscire questa settimana sulla rivista Nature, è stata resa pubblica in anticipo dalla stessa rivista britannica, vista la rilevanza dell’informazione sui dibattiti di politica sanitaria in corso.
Lo studio, realizzato da Yoshihiro Kawakoa dell’Università di Tokyo, conferma in realtà quanto era già emerso a livello non ufficiale nelle scorse settimane. Il Tamiflu, prodotto dalla Roche e usato per curare una ragazza vietnamita forse infettata dal fratello (si tratta di uno dei casi sospetti di trasmissione da uomo a uomo del virus), avrebbe creato un ceppo resistente del virus, anche se la giovane sarebbe riuscita a guarire ugualmente.
Il ricercatore giapponese ha identificato una mutazione della neuraminidasi, la proteina bersaglio del farmaco. La mutazione renderebbe il farmaco inutile, ma non vanificherebbe l’uso di un altro anti virale, il Relenza, prodotto dalla Glaxo.
Lo studioso giapponese da parte sua consiglia di ammassare scorte anche di Relenza e non solo di Tamiflu.
Speriamo di no, ma se anche quest’ultimo si rivelerebbe inefficace quanti miliardi di dollari saranno stati spesi inutilmente per via di raccomandazioni errate e forse anche pilotate?
Alla luce di questi dati, risulta ancora più scandaloso l’appello delle autorità alla popolazione che incita a vaccinarsi con il semplice vaccino dell’influenza, presente da qualche anno sui mercati, allorché neanche i farmaci studiati specificamente per combattere l’H5N1 e i suoi simili sono del tutto efficaci.
Questo dimostra come si stia cavalcando ed incitando la paura collettiva perlopiù a fini speculativi.
Il rischio di tutto ciò è che la popolazione, comprando un prodotto consigliato dalle multinazionali e dalle istituzioni, pagato a caro prezzo per via dell’emergenza, si trovino in mano un farmaco che non serve a niente e che li rende anzi più sicuri e quindi meno attenti alle precauzioni invece doverose. Inoltre il risultato che potrebbe avere quello di vaccinarsi in massa contro l’influenza comune, potrebbe avere l’effetto di dare più resistenza al virus.
Il fatto centrale che bisogna comprendere è che in questo mare di supposizioni, è necessario agire sulla strade delle poche certezze che abbiamo, cercando di essere molto prudenti, considerando tutte le possibilità, ma abbandonando inutili conclusioni catastrofiche a priori dando tutto per scontato.
Per ora quello che sappiamo è che il virus ha provocato 60 morti su 117 casi accertati. In Asia, le condizioni igeniche lasciano molto a desiderare, la densità della popolazione è altissima e la povertà dilaga, alzando di molto la probabilità di una pandemia, che ancora non è avvenuta malgrado i contagi e il presunto passaggio del virus all’uomo. Per il momento, e speriamo che sia sempre così, l’influenza dei polli ha fatto meno morti di quanti ce ne potrebbero essere nello stesso lasso di tempo per soffocamento o per polmonite.
Parlare di un’epidemia più devastante della Spagnola è un po’ esagerato, considerato anche che conosciamo questo virus da più di un secolo, anche se soggetto a mutazioni. Un virus che non è ne più pericoloso e ne più contagioso dell’Aids o dell’Ebola.
È d’obbligo essere attenti e rispettare le procedure per arginare i focolai, ma è inutile essere già ora terrorizzati dal fenomeno.
Un clima catastrofico che dall’11 settembre gioca sulle paure di tutti noi, rendendoci ogni giorno meno liberi poiché vittima delle nostre paure, talvolta ingiustificate. Ricordiamo l’allarme vaiolo a livello mondiale, cavalcato in grande stile dai mass media: zero casi, malattia scomparsa da decenni, eppure migliaia di dosi vaccino acquistate e migliaia di persone già vaccinate negli Usa al solo scopo di scacciare un fantasma. Lo stesso dicasi per l’antrace: la polverina di carbonchio, risultata poi provenire dagli stessi laboratori americani, è stata inserita in una manciata di lettere provocando meno morti delle dita di una mano: decine di milioni di lettere sono state controllate, milioni di dosi di un vaccino sperimentale sono state somministrate, provocando la durissima reazione di un numero crescente di militari; soldati che hanno visto su loro stessi gli effetti dannosi dell’immunizzazione. Più di recente abbiamo avuto a che fare con la Sars, una polmonite alla quale è stato dato un nome nuovo e in onore della quale è stato “scoperto” il coronavirus del secolo; salvo poi verificare che i casi pubblicizzati sono per la quasi totalità soltanto sospetti e che ancora non vi sono certezze assolute sulla reale causa, o sulle concause, della malattia.
Ma grazie l’innesco di un allarme catastrofico, le multinazionali, l’industria farmaceutica (e quanti altri abbiano interesse e abbastanza potere per farlo), fanno profitti da capogiro creando talvolta anche danni alla salute pubblica a causa del breve l’iter che un prodotto del genere fa per arrivare sul mercato. Si fa nel contempo sempre più intensa la pressione degli esperti, nazionali e internazionali, che annunciano quasi ogni settimana il pressoché certo arrivo di un nuovo virus mortale, il virus del millennio, al quale è già stato affibbiato l’inquietante nomignolo di “Big One”: gli stessi medici e rappresentanti istituzionali ammettono che nessuno sa come e cosa sarà né quando di preciso arriverà, ma certamente arriverà. Ma si sa: ciò che non si conosce, fa ancora più paura.
Il messaggio lanciato in occasioni sempre più frequenti e per motivi sempre più variegati è tuttavia sempre lo stesso: rammentate che siete tutti in pericolo, nessuno è e né sarà mai totalmente al sicuro.
Questo può essere definito anche terrorismo mediatico.
È giustissimo essere preparati ed attenti, ma non terrorizzati.