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Siria. Putin sarà ricordato per i meriti di statista, Obama per il colore della pelle

di Giorgio Da Gai - 23/11/2015

Fonte: Arianna editrice

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A fine settembre sono iniziati i bombardamenti russi contro il Califfato e le milizie jihadiste. Dalla base navale russa di Tartus e da quella aerea di Latakia, l’aviazione russa ha colpito: caserme e postazioni militari, fabbriche e depositi di munizioni, centri di comando e campi di addestramento. La Russia impiega in Siria il meglio della propria tecnologia militare: 36 aerei da combattimento della Sukhoi (12 Su-24, 12 Su-25, 6 Su-34 e 6 Su-30) e 12 elicotteri d’attacco (MI 24); a questi si aggiungono i missili da crociera Kalibr, lanciati dalle navi da guerra presenti nel Mar Caspio, che dopo aver sorvolato l’Iran e l’Iraq entrano in Siria è colpiscono gli obbiettivi. L’ambasciatore siriano a Mosca, Riyad Haddad ha dichiarato che in una settimana di bombardamenti le forze armate russe hanno distrutto circa il 40% delle infrastrutture del Califfato e ucciso centinaia di jihadisti (1).

Non è la prima volta che Mosca interviene in modo incisivo nel conflitto siriano: nell’agosto del 2013, fu la diplomazia russa, a spingere Assad a disfarsi dell’arsenale chimico, per scongiurare un attacco preventivo che gli Stati Uniti avevano minacciato, dopo la strage con il gas nervino nei sobborghi di Damasco, oltre 1300 morti (non è stato accertato che la strage fu opera dell’esercito siriano); fu la Russia a fornire all’esercito siriano i missili terra - aria a lungo raggio S300, destinati a neutralizzare la supremazia militare degli Stati Uniti, impedendo che si ripetesse quanto avvenne nell’ex Jugoslavia, in Iraq e in Libia, dove la NATO poté agire indisturbata in mancanza di una efficace sistema contraereo e antimissilistico.

Ancora una volta, l’intervento russo è stato provvidenziale per il regime siriano, prostrato dalla guerra e dall’embargo imposto da Stati Uniti e Unione Europea. L’esercito di Damasco ha subito pesanti perdite in uomini e in mezzi e questo ha ridotto la sua capacità offensiva; come dimostra il fallimento della battaglia di Aleppo, iniziata nel luglio del 2014 e non ancora conclusa. L’esercito siriano è stato costretto a ritirarsi da molte aree del Paese, concentrandosi in quelle che considera strategiche per la sopravvivenza dello Stato siriano: Aleppo, cuore economico della Siria e città strategica al confine con la Turchia dalla quale passa il flusso di uomini e di rifornimenti destinati ai ribelli e prosperano i traffici del Califfato; la capitale Damasco, centro politico e amministrativo della Siria. Infine, l’autostrada M4, la principale via di comunicazione della Siria, che collega le più grandi città del Paese, che dall’inizio della guerra sono sotto assedio: Aleppo, Idlib, Hama, Homs, Damasco e Daraa. Strategico per Damasco è il collegamento: Aleppo, Idlib, Latakia e Tartus; le ultime due, sono le roccaforti, dove arrivano i rifornimenti di armi provenienti dall’Iran e dalla Russia, e dove partono gli attacchi russi contro i ribelli.

Lo scopo dell’offensiva russo - siriana è quello di chiudere il confine turco dal lato siriano, dove arrivano i rifornimenti ai ribelli (ISIS incluso).

Come in tutte le guerre, le sole operazioni aeree non consentono la conquista o la liberazione di un territorio, è sempre necessaria un’offensiva terrestre e quindi l’impiego della fanteria. La Russia e l’Occidente non intendono sacrificare la propria fanteria sul terreno siriano. A fornire tali truppe sono: i curdi, l’esercito siriano e iraniano, le milizie sciite irachene e libanesi.

L’uso di missili da crociera lanciati da navi militari, dimostra che l’esercito russo ha le armi e la preparazione che gli consente di sfidare la Nato. I russi non avevano mai realizzato un attacco missilistico di quella portata dalle loro navi da guerra; mentre gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, hanno impiegato in più occasioni i missili da crociera Tomahawk per colpire le truppe serbe nel 1995 e nel 1999, l’Iraq tra il 1991 e il 2003, l’Afghanistan nel 1998 e nel 2001, la Libia nel 2011 e l’ISIS all’inizio della campagna militare della Coalizione (settembre 2014). I principali membri della coalizione sono: gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna, la Turchia, la Giordania, l’Arabia Saudita e il Qatar.

L’efficacia degli attacchi aerei russi è legata alla stretta collaborazione con l'esercito siriano, che da terra trasmette le coordinate degli obiettivi da colpire. In questo modo la popolazione è risparmiata; sempre che, i terroristi non usino i civili come scudi umani. Gli Stati Uniti adottano una tattica irresponsabile e criminale: l’uso massiccio di droni e di bombardamenti non supportati da un efficace servizio d’informazione. Per questo motivo i loro bombardamenti hanno provocato migliaia di vittime tra la popolazione civile, chiamati con ipocrisia “danni collaterali”. L’ultimo “incidente” è del 3 ottobre, l’aviazione americana ha colpito l’ospedale di Kunduz (Afghanistan), provocando la morte di 22 persone, tre delle quali erano bambini. L’intervento russo pur essendo diverso da quello americano, sta provocando la fuga di migliaia di persone dalle zone di guerra e non è escluso che provochi vittime civili. Questi sono i costi di una guerra che non possiamo evitare, quella al terrorismo islamico.

L’intervento russo ha posto fine alla pretesa degli Stati Uniti di creare zone interdette al volo all’interno della Siria, le “no fly zone”; aree controllate dalla Nato e interdette all’aviazione siriana e russa. Aree create con il pretesto di proteggere la popolazione civile, ma che presto si sarebbero trasformate in “santuari” dei ribelli (jihadisti compresi). I ribelli da questi “santuari” avrebbero attaccato l’esercito siriano, certi di non subire rappresaglie; un attacco ai ribelli all’interno delle aree protette, avrebbe giustificato l’intervento della Nato in Siria a protezione delle stesse. La Nato avrebbe avuto mano libera nei bombardamenti contro l’esercito siriano, nell’invio di “consiglieri” militari, di armi e di munizioni ai ribelli, nella distruzione delle infrastrutture civili e militari della Siria. La solita commedia vista nei Balcani negli anni “90”, per eliminare Milosevich; e in Libia nel 2011, per rovesciare il regime di Gheddafi.

L’intervento russo è stato chiesto da Damasco per porre fine a un conflitto che da oltre quattro anni affligge la Siria: 215 mila morti (un terzo civili), circa 3.800 mila profughi (molti arrivano in Europa), 13 milioni di siriani in condizioni di povertà e danni incalcolabili al patrimonio artistico del Paese (2). Un conflitto iniziato nella primavera del 2011 con le proteste popolari della “Primavera Araba” e poi degenerata in guerra civile: per la sanguinosa repressione del regime, che ha provocato la ribellione di parte delle forze armate; per l’attività eversiva dei Fratelli Mussulmani, che già nel 1982 con rivolta di Hama, avevano cercato di trasformare la Siria in uno Stato confessionale; per l’arrivo di migliaia di volontari stranieri legati all’eterogenea galassia del radicalismo sunnita (Salafiti, Fratelli Mussulmani, Al Qaida, ISIS); per il sostegno che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno dato alle forze jihadiste.

Le campagne militari guidate dagli Stati Uniti sono guerre imperialiste camuffate da crociate umanitarie: Balcani, Afghanistan, Iraq, Libia e Siria. Interventi militari compiuti senza l’assenso delle nazioni coinvolte e oltre il mandato dell’ONU (la protezione della popolazione civile e la difesa del diritto internazionale). Interventi che hanno come fine l’eliminazione di governi ostili agli interessi statunitensi o la conquista di posizioni strategiche in Africa (Libia) in Asia (Afghanistan, Iraq e Siria) o in Europa (Balcani e Ucraina).

La Russia è un Paese serio, non si nasconde dietro la maschera della “crociata umanitaria”. Il suo intervento in Siria persegue obiettivi chiari e precisi: sostenere un Paese alleato fin dai tempi dell’Unione Sovietica; difendere la base Tartus, minacciata dall’avanzata delle milizie jihadiste (punto strategico per assicurare alla Russia il controllo del Medio Oriente e del Mediterraneo); colpire l’islamismo radicale (migliaia di volontari caucasici combattono in Siria al fianco dell’ISIS e delle altre formazioni islamiste); dimostrare al mondo, che la Russia è ancora una superpotenza capace di determinare gli equilibri internazionali. Infatti, Quella siriana è una “guerra per procura”, un conflitto, dove si affrontano per interposta persona la Russia e gli Stati Uniti affiancate dai rispettivi alleati; la posta in gioco è il controllo dell’Eurasia e la creazione di un nuovo ordine mondiale, la “grande scacchiera” di Brzezinski (1997).

In Siria la politica degli Stati Uniti è stata un fallimento. La coalizione anti ISIS (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Turchia, Arabia Saudita e Qatar) dopo oltre un anno di bombardamenti e di operazioni militari, non è riuscita a sconfiggere l’ISIS e le formazioni islamiste.

Oggi l’ISIS controlla metà della Siria e un terzo dell'Iraq: un territorio di circa 95 mila chilometri quadrati (poco più grande dell’Ungheria), le sue roccaforti sono Deir al Zour e Raqqa (la capitale) e tiene sotto assedio le principali città di siriane (3).

In Siria e in tutto il Medio Oriente, gli Stati uniti e i loro alleati hanno favorito l’ascesa del Califfato e delle milizie islamiste. Come questo sia avvenuto è bene ricordarlo:

- gli Stati Uniti e i loro alleati sono intervenuti militarmente e politicamente in Iraq, in Libia, in Afghanistan e in Siria, con lo scopo di imporre governi di loro fiducia o per eliminare quelli che ritenevano ostili; il vuoto di potere che si è creato ha aperto le porte all’islamismo radicale e trascinato i Paesi coinvolti nella guerra civile

- gli Stati Uniti e i loro alleati hanno finto di combattere le truppe jihadiste e il Califfato. Nella guerra contro la Serbia, in due mesi e mezzo, il numero di attacchi aerei degli Stati Uniti, furono sei volte superiori a quelli compiuti in oltre un anno in Siria e Iraq contro il Califfato (4)

- gli Stati Uniti e i loro alleati hanno fornito armi, munizioni e addestramento militare alle formazioni ostili a Bashar al Assad, senza preoccuparsi di chi fossero e cosa volessero. A dicembre 2014 il Presidente Obama aveva richiesto e ottenuto dal Congresso 500 milioni di dollari per addestrare ed equipaggiare 3000 ribelli “moderati” per combattere l’ISIS. Otto mesi dopo, dei 3.000 previsti per il 2015, solo 54 ribelli erano pronti a combattere. Attaccati da Jabhat al-Nusra furono fatti prigionieri e ora combattono con al Nusra. I 75 elementi del secondo gruppo si arresero spontaneamente ad al-Nusra, fornendo a questa ultima sei camion di armi e di munizioni (5). I miliziani dei gruppi salafiti, qaedisti e dei fratelli musulmani che militano nell’Esercito della Conquista sono sostenuti dalla Turchia, dall’Arabia Saudita e dal Qatar. (6) Con l’inizio dei bombardamenti russi gli Stati uniti non hanno cercato di cooperare con Mosca; ma hanno armato i ribelli anti Assad, con cinquanta tonnellate di munizioni e missili anticarro TOW, destinati a fermare l’offensiva terrestre di Damasco e dei suoi alleati (7).

- la Turchia ha permesso che attraverso i suoi confini passassero migliaia di volontari destinati a ingrossare le truppe del Califfato e le milizie islamiste; oppure prosperasse il contrabbando di petrolio e di reperti archeologici, con i quali l’ISIS si finanzia.

La coalizione a guida statunitense ha la forza per cancellare il Califfato e tutta la canaglia islamista; ma non vuole farlo, perché il suo obbiettivo è la sconfitta del regime di Damasco:

- la Siria alleata di Mosca e dell’Iran, impedisce agli Stati Uniti di ottenere il controllo del Medio Oriente

- la Siria ostacola le ambizioni di potenza regionale della Turchia (la politica neottomana di Ahmet Davutoglu)

- la Siria è schierata con l’Islam sciita e quindi ostacola il tentativo dell’Arabia Saudita e del Qatar, di imporre l’egemonia sunnita nel mondo mussulmano

- la Siria rifiuta il progetto del Qatar di portare in Turchia il gas proveniente dal giacimento South Pars/North Dome (il più grande giacimento di gas del mondo condiviso tra Iran e Qatar). Damasco in accordo con la Russia e con l’Iran, vuole che lo sbocco del gasdotto sia la costa siriana e dal fondo del Mediterraneo raggiunga l’Europa attraverso la Grecia (8). Questo permette alla Siria e ai suoi alleati (Iran e Russia) di occupare una posizione strategica nel flusso del gas che alimenta l’Europa; ed escludere la nemica Turchia dal passaggio del gasdotto.

Dopo gli attentati di Parigi, la Francia ha deciso di collaborare con la Russia: i francesi bombardano la capitale del Califfato; mentre i russi concentrano i loro attacchi su Aleppo. Parigi combatte invocando il principio dell’autodifesa sancito dall’ONU e l’articolo 42.7 del Trattato di Lisbona, quest’ultimo obbliga gli Stati dell’Unione Europea a fornire aiuto e assistenza (anche militare) ai Paesi dell’Unione che subiscono un’aggressione militare.

Ankara oltre che abbattere il regime di Damasco, vuole impedire la nascita di uno Stato curdo (Kurdistan) tra Turchia, Siria, Iraq e Iran; per questo motivo, l’aviazione turca impiegata nella lotta al Califfato bombarda i curdi, ed ha impedito a migliaia di curdi provenienti dalla Turchia di passare il confine per correre in aiuto dei loro fratelli assediati a Kobane (Siria). Questo ha provocato in tutto il Paese proteste molto violente, trentuno morti in quattro giorni di scontri (settembre - ottobre 2014).

Ankara vuole creare in Siria una “zona di sicurezza”, a 30 Km. dal suo confine, tra Azaz e Jarabulus; l’unica zona sul confine turco che ancora i curdi non controllano, dopo la conquista di Sinjar (12 novembre 2015) che ha interrotto i collegamenti tra l’Iraq e Raqqa. Tale area permetterebbe alla Turchia: di tenere sotto pressione Assad, di ostacolare la nascita di una nazione curda; far rientrare in Patria i profughi siriani che oggi vivono in Turchia o usare gli stessi come arma di ricatto verso l’Europa (un regime di visto libero per i turchi che viaggiano in Europa, l’entrata nell’Unione Europea, ecc.) o come fonte di lucro (la Turchia ha chiesto all’Europa circa 3 miliardi di euro per affrontare l’emergenza profughi) (9)

Israele, ha approfittato della crisi siriana per colpire le postazioni di Hezbollah sul Golan; ma non ha voluto farsi coinvolgere in una guerra che potrebbe costargli cara. Per Israele, il terrorismo sunnita, da Al Qaida al Califfato, non è un pericolo; ma un sostegno nella guerra contro l’asse sciita e il regime di Damasco. Infatti, i principali nemici di Israele sono: il regime di Damasco, (Hamas come dimostra l’attuale intifada palestinese) Hezbollah e l’Iran. Discorso analogo vale per il terrorismo sunnita, il suo nemico non è Israele, che ancora non ha colpito; ma l’Islam sciita, i governi laici dell’Africa e dell’Asia, le minoranze religiose presenti nei Paesi mussulmani (cristiani yazidi e sciiti), l’Europa che vuole destabilizzare con attentati terroristici e con rivolte stile intifada.

L’intervento russo ha colto di sorpresa il mondo intero, le dichiarazioni degli Stati Uniti e dei loro alleati superano i limiti del buon senso e della decenza. Feroci pagliacci: che fingono di combattere il terrorismo e la dittatura; ma difendono solo i loro interessi dietro la maschera degli “interventi umanitari”, che hanno creato il caos in Medio Oriente e in Libia e favorito l’ascesa dell’islamismo radicale che oggi minaccia l’Europa e il mondo intero. Non soddisfatti di tutto questo, criticano la Russia che il terrorismo lo combatte veramente.

Dichiara Michael Fallon ministro della difesa britannico: «La Russia sta rendendo molto più pericolosa una situazione già molto seria» (10). Sulla stessa linea l'Arabia Saudita, con i ministri, Mohammed bin Salman (Difesa) e Adel al-Jubeir (Esteri), che avvertono che l'intervento russo: «avrà conseguenze pericolose»; un allargamento del conflitto in tutto il Medio Oriente (11). In verità a compromettere la pace in Medio Oriente, non è stato l’intervento russo; ma la politica criminale e irresponsabile degli Stati Uniti e dei loro alleati.

Sostiene Jens Stoltenberg segretario generale della Nato: «La Russia deve cessare di sostenere il regime di Bashar al-Assad» perché l’intervento russo in Siria: «non è un contributo positivo alla pace a lungo termine» (12). Il regime di Assad non può essere un partner nella lotta contro il Daesh (acronimo arabo di ISIS). Questo è quanto si legge nelle conclusioni del Consiglio Ue dedicate alla situazione in Siria (13). Chi dovrebbe sostenere la Russia? La canaglia islamista sostenuta e tollerata dagli Stati Uniti e dai loro alleati, la Coalizione delle Forze dell’Opposizione e della Rivoluzione; oppure L’ESL, l’Esercito Libero Siriano? Si tratta di forze politiche prive di autorevolezza o di formazioni terroristiche, incapaci o indegne di governare la Siria.

Priva di autorevolezza è la Coalizione delle Forze dell’Opposizione e della Rivoluzione, il principale organo politico dell'opposizione siriana, riconosciuto come legittimo rappresentante del popolo siriano dal Consiglio di cooperazione del Golfo, dalla Lega Araba, dagli Stati Uniti, dalla Turchia e dalla Francia; ma non dai curdi e da Damasco, che lo considera un fantoccio degli Stati Uniti e dei loro alleati. L’ESL è troppo debole per sconfiggere il regime di Damasco, o per guidare e rappresentare la Siria: gli effettivi non raggiungono i 50.000 uomini e sono in prevalenza disertori dell’esercito siriano di fede sunnita. L’identità sunnita spiega le defezioni dei soldati dell’ESL verso le file jihadiste; e l’incapacità dell’ESL a rappresentare una nazione multireligiosa come la Siria. A titolo di confronto, l’esercito siriano conta oltre 170 mila uomini, al quale si aggiungono: la Forza Nazionale di Difesa, una milizia territoriale di circa 100 mila uomini, composta dalle minoranze religiose del Paese (cristiani, drusi e sciiti); le milizie shabia, circa 10 mila uomini di religione alawita e le milizie di Hezbollah, circa 5.000 uomini provenienti dal Libano.

Oggi la caduta di Assad creerebbe un vuoto di potere che trascinerebbe la Siria nel caos e consegnerebbe il Paese all’Islam radicale, come accaduto in Iraq e in Libia (14). Infatti, i ribelli “moderati” non combattono per sconfiggere l’ISIS e le formazioni islamiste; ma per abbattere il regime di Assad. Questo è quanto ha dichiarato il colonnello Riad al - Assad, comandante e fondatore dell’ESL: «Se vogliono l’esercito libero siriano dalla loro parte, devono darci garanzie sulla deposizione del regime di Assad e su un piano che includa i principi della rivoluzione» (15). Più forti e determinate dell’ESL sono le milizie curde, un esercito di circa 25.000 uomini, che in Iraq e in Siria resiste con coraggio all’avanzata del Califfato. A Kobane (Siria) le milizie curde impediscono a quelle del Califfato, la conquista dei giacimenti petroliferi siriani che si trovano in terra curda.

Afferma il portavoce del Dipartimento di stato americano, John Kirby: «Oltre il 90% dei bombardamenti russi in Siria non sono contro i jihadisti dello stato islamico o di al Qaida, ma contro gli oppositori di Assad» (16). Di quale opposizione parla Kirby? L’opposizione siriana è una coalizione eterogenea di movimenti islamisti, nel quale militano molti stranieri: il Fronte Islamico, é una coalizione di sette gruppi armati di ispirazione salafita, circa 60 mila uomini, in maggioranza siriani, sostenuti dall’Arabia Saudita e dalla Turchia; l’ISIS conta circa 50.00 uomini in maggioranza stranieri; il Fronte al Nusra l’Al Qaeda siriana, conta circa 20 mila uomini in prevalenza stranieri; circa 15 mila, sono i miliziani della Brigata Ahfad al-Rasul, sostenuti dal Qatar (17).

Dichiara il ministro degli esteri Gentiloni: «La transizione politica per noi deve portare a un’uscita di Assad» (18). Il rappresentante di una nazione priva di autorevolezza e di dignità, può solo ripetere quanto deciso da governi stranieri (Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia) o da organismi sovranazionali come la Troika (B.C.E., F.M.I. e Commissione Europea). Politiche decise da “altri” che ricadono sul nostro Paese: la destabilizzazione della Libia, le sanzioni inflitte alla Russia, le politiche di austerità imposte dalla Troika, la caduta di Berlusconi decisa dalle agenzie di “rating” a suon di “spread”. Sullo sfondo un popolo d’imbecilli che festeggia Halloween, s’ingozza nei “fast food” della Mc Donald’s, insudicia la propria lingua con inutili anglicismi (spending review, location, governance, meeting, brunch, ecc.) festeggia il 25 aprile illudendosi di essere “libero” e “sovrano”. Nel nostro Paese accogliamo migliaia d’immigrati clandestini; ma non riusciamo a riportare a casa i nostri “marò” detenuti in India in attesa di un processo.

Gli Stati Uniti non hanno a cuore il destino della Siria e nemmeno vogliono sconfiggere la canaglia islamista, la loro ossessione è sostituire Assad con un governo a loro favorevole. Gli esempi non mancano: Allawi in Iraq, Khazai in Afghanistan, Poroshenko in Ucraina, in Siria la canaglia islamista? Putin sarà ricordato per i meriti di statista, Obama per il colore della pelle.

L’invio di truppe americane in Siria promesso da Obama, e l’intensificarsi delle operazioni militari della coalizione avrà effetti disastrosi; se non sarà coordinato con il governo di Damasco e con il comando russo. Il rischio è che le truppe della coalizione si scontrino con quelle russe (vedi le violazioni dello spazio aereo turco da parte dell’aviazione russa); o che Damasco interpreti l’intervento della coalizione come un invasione, visti i precedenti non avrebbe torto.

Il 31 ottobre, l’ISIS con una bomba fa esplodere sul cielo del Sinai un aereo civile russo, un Airbus A321 della compagnia russa Metrojet, le vittime sono 224 tra loro 17 bambini. Questo è il prezzo che la Russia sta pagando nell’eroica guerra contro la canaglia islamista. Una guerra che gli Stati Uniti e i loro alleati non vogliono combattere.

Gli Stati Uniti e i loro alleati combatteranno il Califfato e le milizie jihadiste solo quando queste metteranno in pericolo i loro interessi, la sicurezza (l’attentato di Ankara del 10 ottobre 2015) o il prestigio internazionale (è il caso degli Stati Uniti in Siria); oppure trasformeranno la lotta all’ISIS in uno strumento di consenso elettorale (come ha fatto Sarkozy con l’intervento in Libia). Fino allora la canaglia islamista sarà libera di massacrare, stuprare e schiavizzare: cristiani, yazidi, curdi, siriani, iracheni e sciiti; distruggere monumenti e reperti archeologici d’inestimabile valore, portare la “jihad” in Europa.

A Vienna il 2 novembre si sono riuniti per la prima volta i rappresentanti di Arabia Saudita, Turchia, Iran, Russia e Stati Uniti. Le parti convengono sulla necessità di avviare un dialogo tra il governo siriano e l’opposizione: che porti a elezioni sotto la supervisione dell’ONU e a una nuova costituzione nel rispetto della tradizione multi religiosa e laica della Siria. A Vienna nulla è stato deciso sul futuro del presidente Bashar Al Assad, su questo pesa il veto della Russia che da sempre appoggia il leone di Damasco (19). La Nato e i suoi alleati non ci spiegano chi governerà la Siria senza Assad; oggi l’unica forza pronta a sostituirlo sono gli islamisti che lo combattono. Se a sostituire il leone di Damasco sarà questa canaglia avremo una nuova Libia e un nuovo Iraq, il popolo siriano cadrà dalla “padella” alla “brace”. Per evitare questo: prima è necessario sconfiggere la canaglia islamista e poi avviare il processo di pace. Quanto ad Assad, solo il popolo siriano ha il diritto di deciderne il destino; non le potenze straniere che vogliono imporre governi fantoccio funzionali ai loro interessi.

Parigi 13 settembre, una serie di attentati provoca 130 morti e oltre 350 feriti alcuni gravi; otto terroristi, hanno sparato sulla folla con armi automatiche provocando un massacro. Il Califfato ha rivendicato gli attentati e minaccia di colpire anche altre città europee, compresa Roma. I servizi di sicurezza francesi ritengono che l’attentato sia stato preparato in Siria a Raqqa, la capitale del Califfato; su ordine del sedicente califfo Al Baghdadi, come risposta agli attacchi della coalizione anti ISIS. I terroristi sono cittadini europei di religione mussulmana, residenti in Francia e in Belgio.

Dopo gli attentati di Parigi, dovremo guardare alla Siria con occhi diversi.

Il terrorismo che colpisce le nostre città, è la conseguenza della nostra politica irresponsabile e criminale: che ha destabilizzato la Siria, l’Iraq e la Libia, con guerre neocolonialiste camuffate da interventi umanitari; islamizzato l’Europa, con l’apertura incontrollata delle frontiere e la cittadinanza fondata sullo “jus solis”, tutto questo ha trasformato le nostre periferie in ghetti multietnici, dove il terrorismo islamico recluta adepti e fiancheggiatori.

I nostri nemici non sono il regime di Damasco, l’Iran o la Russia; ma i terroristi sunniti - wahhabiti che insanguinano le nostre città con i loro attentati, i loro “cattivi maestri” sono l’Arabia Saudita e il Qatar, che tale corrente dell’Islam rappresentano e finanziano. Infatti, in Europa è l’Arabia Saudita il principale finanziatore delle moschee e di centri culturali islamici, da Roma ai Balcani; qui si formano e predicano gli iman wahhabiti che diffondono l’islamismo radicale.

Con gli attentati di Parigi, la Francia ha conosciuto quello che la Siria sta vivendo da cinque anni, con un numero di maggiore di vittime, nell’indifferenza e nella complicità dell’Occidente; ma oggi la guerra è arrivata in Europa, e non riusciremo a vincerla senza il sostegno della Russia, della Siria, dell’Iran; con i quali dobbiamo collaborare per sconfiggere un nemico comune.

 

NOTE

 

1) Sputnik news: In Siria raid russi efficaci, distrutto in pochi giorni il 40% del potenziale di ISIS”. In:http://it.sputniknews.com/ 7.10.2015.

 

2) Siria, quattro anni di guerra: 215 mila morti, 66 mila civili. Kerry: «Ora negoziare con Assad». In: http://www.repubblica.it/ 15.3.2015.

 

3) Daniele Mastrogiacomo e Alfonso Desiderio: Califfato e Kurdistan tra Iraq e Siria. Stato Islamico e curdi cancellano i confini. In: http://www.repubblica.it 25.6.2015

 

4) Mirko Molteni: Siria: Occidente incerto, la Russia prende il timone. In:http://it.sputniknews.com 4.10.2015

 

5) Pietro Orizio: Lo “RPG-gate” e il fallimento dei ribelli moderati siriani. In: http://www.analisidifesa.it 3.10.2015

 

6) I russi attaccano, dagli USA stop al training dei ribelli siriani, 10.10.2015. In: http://www.analisidifesa.it

 

7) Siria: Le truppe di Assad avanzano nel nord ovest. In: http://www.analisidifesa.it/ 13.10.2015.

 

8) F. William Engdahl: La Russia punta al petrolio della Siria nel Mediterraneo orientale. In https://aurorasito.wordpress.com 21.1.2014.

 

9) Pepe Escobar: La Guerre en rose. In: http://sputniknews.com/ 17.11.2015

 

10) Siria, Nato pronta a schierare forze in Turchia se necessario. In: http://www.repubblica.it 8.10. 2015.

 

11) Raffaello Binelli: Dagli USA 50 tonnellate di munizioni anti Assad. In: http://www.ilgiornale.it/ 12.10.2015.

 

12) La Repubblica 8.10.15 In: http://www.repubblica.it/ultimora/24ore/nazionale/news-dettaglio/4603614

 

13) Siria, Nato pronta a schierare forze in Turchia se necessario. In: http://www.repubblica.it 8.10. 2015.

 

14) L’Atlante dell’Esercito Libero Siriano brigata per brigata. In: http://www.limesonline.it 4.5.2012.

 

15) ISIS, ribelli siriani: «Non entriamo nella coalizione se Usa non combattono Assad». In: http://www.ilfattoquotidiano.it/ 13.9.2014.

 

16) Siria, la Nato avverte la Russia: «Pronti a intervenire in difesa della Turchia». In: http://www.ilmessaggero.it/ 8.10.2015.

 

17) Organizzazioni e gruppi armati nella guerra civile siriana. In:https://it.wikipedia.org/wiki/Organizzazioni_e_gruppi_armati_nella_guerra_civile_siriana#Stato_Islamico_dell.27Iraq_e_Levante_.28ISIL.29  (ultima visita 28.10.2015)

 

18 ) Siria, Gentiloni: sì a transizione, inevitabile uscita Assad  In: http://www.firstonline.info/home 30.10.2015

 

19) Sebastiano Caputo: Siria, cosa cambia dopo I colloqui di Vienna. In: http://www.ilgiornale.it/ 2.11.2015