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Iraq: il passato è perduto?

di Naoki Tomasini - 12/09/2006

La storia ha troppi nemici: Donny George, ex direttore del museo di Baghdad lascia l'Iraq
Da tre anni le testimonianze della storia millenaria dell’Iraq vengono depredate e distrutte dalle operazioni militari, dalla noncuranza delle autorità e dall’opera silenziosa dei tombaroli. Un danno culturale immenso di cui poco si parla perché la violenza occupa per intero le cronache quotidiane. Donny George, l’ex direttore del museo di Baghdad, ha lottato tre anni per evitare che una parte così importante della storia dell’umanità venga cancellata. Ora anche lui ha deciso di abbandonare il Paese e, da Damasco, racconta che i tesori archeologici iracheni hanno trovato nuovi nemici. 
 
Lo zigurrat di SamarraDonny Gorge. Molti dei manufatti più antichi della storia dell’uomo erano custoditi nel museo di Baghdad. A tre anni di distanza alcuni sono stati restituiti e altri recuperati in operazioni di polizia, ma anche quelli resi al museo, vengono tenuti sotto chiave o addirittura murati per evitare nuove razzie. Per tentare di dare un resoconto della vastità del tesoro perduto, il museo di Baghdad preparò una guida virtuale in cui si trovano le immagini del museo prima dei saccheggi. La prefazione la scrisse l’allora direttore Donny George, che oggi, si è trasferito in Siria con la famiglia, e per spiegare i motivo della sua scelta ha citato i saccheggi, le distruzioni delle forze della Coalizione, ma anche la mancanza di fondi per pagare i militari messi a guardia dei siti.
 
Archeologia islamica. La novità nelle denunce di Donny George sta nelle accuse che l’archeologo indirizza al ministero delle Antichità iracheno, che sarebbe sempre più influenzato dai sostenitori del religioso sciita Moqtada Sadr, nella cui orbita agiscono le squadre della morte sciite, responsabili da oltre un anno di eccidi quotidiani. L’influenza degli islamisti sul ministero -sostiene George - ha portato all’assunzione di personale interessato solo alla conservazione dei siti storici islamici, risalenti al massimo all’800 d.C. a discapito di quelli pre-islamici, che risalgono fino a ottomila anni fa. “I seguaci di al Sadr hanno reso la situazione intollerabile -ha dichiarato in un'intervista -. Non posso più lavorare con le persone arrivate col nuovo ministro: non sanno nulla di archeologia o di antichità. Si interessano solo alla storia islamica”. Rimuovere la storia pre-islamica dell’Iraq significa dimenticare le civiltà che hanno inventato le città-stato, la scrittura cuneiforme e gli Zigurrat. Accantonare Sumeri, Accadi, Ittiti e Assiri, le gesta di Nabucodonosor, Alessandro Magno o Ciro il Grande. La Mesopotamia è stata la culla della civiltà e, in Iraq, sono oltre 10 mila i siti archeologici che potrebbero raccontarci cose che ancora ignoriamo di quell’epoca, anche perché gli scavi archeologici ‘aperti’ sono stati solo 1500. “La nostra peggiore paura –dichiarava a gennaio lo stesso George – è che 10 mila anni di storia dell’uomo vengano cancellati, una catastrofe che non verrà avvertita a meno che i governi di Usa e Gran Bretagna riconoscano il danno provocato e se ne prendano la responsabilità.”
 
Tombaroli e trafficanti. Oltre alle distruzioni dei militari, altri siti sono stati distrutti dai tombaroli iracheni che hanno approfittato della mancata protezione degli stessi per effettuare scavi selvaggi. È  successo alle rovine della città stato sumera di Uruk, e anche a quelle di Umma, vicino a Nassiriya, oggi letteralmente devastata dai contrabbandieri. 5 mila anni fa la città sumera di Uruk, oggi Warka, in provincia di Diwaniyah, era la città più grande del mondo. Oggi l’area degli scavi di Uruk, circa 400 ettari, è stata depredata di tutto, dalle sculture alle tavolette scritte in caratteri cuneiformi che si affermarono a quell’epoca.
A fine luglio, il premier iracheno Al Maliki si trovava a Washington per incontrare George Bush, il quale, come regalo di benvenuto, gli consegnò una statua sumera recuperata dal museo di Baghdad. Si tratta di una raffigurazione del re sumero Antamena scoperta tra le rivine di Ur. Secondo il New York Times, tra le migliaia di reperti recuperati, la statua di Antamena è quello di maggior valore. Le autorità Usa non hanno svelato come sia stata recuperata ma, secondo il quotidiano newyorkese, sarebbe stata comprata in Libano da un mercante di antichità che opera tra New York e Ginevra. Gli esperti statunitensi che l’hanno analizzata, hanno scoperto che la statua, troppo pesante per essere sollevata, era stata trafugata facendola rotolare dalle scale del museo di Baghdad.