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Eurasiatismo e socialismo per il XXI secolo

di Paolo Borgognone - Alfonso Piscitell - 24/04/2016

Eurasiatismo e socialismo per il XXI secolo

Fonte: news.russia

Terza parte del nostro colloquio con Paolo Borgognone, autore per i tipi della Zambon de “L' immagine sinistra della globalizzazione. Critica del radicalismo liberale”. Stavolta parliamo di eurasiatismo geopolitico, di coloro che ancora orgogliosamente si definiscono socialisti e di movimenti nazionalpatriottici, ovvero…

 

…parliamo dei “cattivi” o di coloro che vengono considerati tali in quanto nemici dal “circo mediatico occidentale. Partiamo dalla corrente di idee che si associa principalmente al nome del dottrinario russo Alexander Dugin: come si sviluppa l’Eurasiatismo, è solo una teoria o anche un movimento politico in atto?

 

Aleksandr Dugin ha definito l’eurasiatismo una specie di Quarta Teoria politica, né fascista, né comunista, né liberale, una sorta di comunitarismo democratico, o democrazia organica, radicalmente alternativa, sotto il profilo culturale, politico ed economico, al liberalismo totalitario contemporaneo. La Quarta Teoria politica si fonda sostanzialmente su valori definibili come di destra (una destra tradizionale, originale, certamente incompatibile con la destra neoliberale dei miliardari, la destra di Berlusconi, Sarkozy, George Bush e David Cameron, per intendersi) e su idee politiche di sinistra (una sinistra identitaria e socialista delle origini, radicalmente incompatibile con ogni espressione politico-culturale del postmodernismo alla Toni Negri, Alain Badoiu, Slavoj Zizek, ecc.). Personalmente mi trovo sviluppo sull’idea di “democrazia organica” elaborato da Dugin come ulteriore radicalizzazione, in chiave comunitaria e solidaristica, del concetto di democrazia sovrana elaborato dall’inner circlegravitante attorno alla figura politica di Vladimir Putin.

 

Comunismo e perché no un socialismo del terzo millennio. Il punto però è: autentici socialisti oggi, dove possiamo trovarli in Italia e nel mondo?

 

In Italia autentici socialisti sono, ahimè, introvabili se non a livello di piccoli quanto meritori e marginali nuclei di strenui resistenti ai processi di desertificazione capitalistica del Pianeta. Naturalmente, questi nuclei di resistenti hanno perfettamente capito che il socialismo non ha nulla a che vedere con il posizionamento a sinistra di chi si ispira a tale filosofia politica.

 

Nomi?

 

Per esempio, considero Jean-Claude Michéa e Alain Soral due insigni teorici di un nuovo e originario socialismo come cultura politica di opposizione globale e radicale al liberalismo e alla modernità a stelle e strisce. Michéa e Soral, che pure in passato sono stati iscritti al Partito comunista francese, hanno capito che una certa sinistra è, segnatamente dopo il 1968 e dopo il 1989, il versante politico privilegiato che funge da vettore di modernizzazione liberale e cosmopolitica della società.

 

Possibile che non si salvi nessun gruppo organizzato di sinistra?

 

 

A livello di soggettività politiche, per un lungo periodo della mia vita ebbi una spiccata simpatia per il Partito socialista serbo, un partito di sinistra che aveva saputo armonizzare le categorie di patria, antifascismo e democrazia sociale, ma dopo la morte di Slobodan Milosevic questo partito ha completamente abbandonato i precedenti riferimenti culturali e mutato in direzione neoliberale la propria agenda politico-programmatica. Dal 2008 il Partito socialista serbo si illude di trovare la patria nell’Unione europea e non nella Serbia e per questa ragione non ho più alcuna fiducia in questo partito, divenuto ormai come gli altri movimenti e partiti socialdemocratici “europeisti”.   

 

Nei tuoi scritti tu dai un valore positivo a un concetto che spesso viene guardato “in cagnesco”: identità e parli della necessità di riscoprire la “identità dei popoli e delle classi”, in questo modo sembra che tu cerchi una sintesi tra esigenze classiche della destra e della sinistra….  L’accusa di rosso-brunismo a questo punto sarebbe dietro l’angolo…

 

Ho, per la verità in maniera piuttosto discontinua, frequentato ambienti politici di sinistra tra il 2009 e il 2014, sono stato idealmente assai vicino all’Area de l’Ernesto di Rifondazione comunista (una componente transitata, nel 2011, tra le fila del Partito dei comunisti italiani) e ho conosciuto personalità politiche e semplici militanti di vedute molto interessanti e innovative su temi concernenti la geopolitica e la necessità di svincolare l’idea di sinistra da ogni rimando al postmoderno. Poi ho abbandonato ogni precedente militanza politica. Io mi definisco un uomo con valori di destra tradizionale (eurasiatista) e idee politiche di sinistra identitaria e rivoluzionaria (socialista delle origini). Da qui, l’accusa di “rossobrunismo” che determinati ambienti di sinistra pseudo “antagonista” (centri sociali, residuali e catacombali sette marxiste-leniniste), cui sono peraltro sempre stato estraneo e nei confronti dei quali mi sono sempre collocato in un’ottica di opposizione e confronto estremamente critico, mi hanno rivolto. Naturalmente, si tratta di polemiche “internettare” talmente assurde e inconsistenti che non vale nemmeno la pena, da parte mia, di affrontare seriamente il tema.

 

Quali sono i soggetti istituzionali o movimenti che possono ricondursi oggi nell’alveo di un nazionalpatriottismo non estremista e non irretito in fosche nostalgie?

 

Non mi arrischio in una risposta per quel che concerne l’Europa occidentale, dove la confusione regna sovrana a destra come a sinistra. Scorgo però interessanti elementi di antagonismo rispetto all’ordine neoliberale esistente tra i settori più innovativi del Front National e nel movimentoÉgalité et reconciliation. Il leader di questo movimento, Alain Soral, un sociologo ex comunista, parla apertamente di «sinistra del lavoro e di destra dei valori», e questo approccio è estremamente interessante in quanto radicalmente alternativo al capitalismo contemporaneo, sostenuto apertamente dalla sinistra libertaria e dalla destra economica. Tuttavia, sarebbe rischioso, proprio in virtù della situazione di estrema confusione sopraccitata, spingermi in valutazioni più ardite su un ipotetico “nazionalpatriottismo” europeo in gestazione.

 

E invece guardando ad Est?

 

Lì è più semplice ravvisare programmi ispirati a elementi di sovranismo democratico e anticoloniale in determinati attori politici dell’Europa centrorientale e della Federazione russa. Russia Unita, il Partito Radicale Serbo e, per alcuni aspetti, il FIDESZ ungherese, rientrano nella categoria dei partiti popolar-patriottici e conservatori rispetto alle dinamiche neoliberali di disarticolazione individualistica e cosmopolitica della società. Anche i comunisti (Kprf, Zjuganov), in Russia, si muovono coerentemente lungo le direttrici di resistenza sopra indicate.

 

Tornando alla situazione francese alla quale più volte hai fatto riferimento, puoi fare una analisi specifica del fenomeno Front National?

 

Un’analisi specifica del Front National richiederebbe un libro intero, e ne L’immagine sinistra della globalizzazione ho dedicato una cinquantina di pagine abbondanti alla disamina del ruolo di tale partito nell’attuale scenario politico, francese ed europeo.

 

… fascisteria…?

Io non penso assolutamente al FN come a un partito fascista, anzi, credo che i fascisti, oggi, siano gli yankees (e loro alleati del centrosinistra e del centrodestra liberali “europeisti”) bombardatori della Jugoslavia (1999), dell’Iraq (2003) e della Libia (2011), nonché gli strateghi della destabilizzazione della Siria (2011). Il FN è un partito dalle molte contraddizioni interne ma voglio ricordare come nell’aprile 1999 una delegazione del FN raggiunse Belgrado per conferire solidarietà al popolo e al governo della Jugoslavia resistenti sotto le bombe “umanitarie” della Nato. Tutto questo, mentre in Italia gli “antifascisti” del Pdci inscenavano la scissione da Rifondazione comunista per consentire al governo D’Alema di disporre dei numeri parlamentari per assolvere agli «impegni internazionali» previsti dai trattati Nato e il “comunista” Cossutta si recava a Belgrado per incontrare Milosevic… il giorno prima di bombardarlo. Sono le contraddizioni della società postmoderna, che rendono le categorie sinistra/destra obsolete per interpretare (e per tentare, in definitiva, di cambiare) quello che Costanzo Preve definiva «un mondo alla rovescia».

 

Più in generale, gli attuali movimenti “populisti euroscettici” che percentuale di nazifascismo hanno nelle loro vene? 0 per cento, 50 per cento, 51 per cento, cento per cento?

 

Zero per cento. Il fascismo storico novecentesco è un fenomeno europeo conclusosi, per disfatta militare, nel maggio del 1945. Franco e Salazar non erano fascisti, i colonnelli greci furono dei sanguinari lacchè della Cia e nemmeno il Msi era un partito fascista, al massimo neofascista, o postfascista. Certo, la destra in Italia (salvo alcune interessantissime, ma assai marginali, eccezioni, sul modello di Stanis Ruinas e de Il Pensiero Nazionale, nonché della cosiddetta Nuova Destra negli anni Settanta-Ottanta) fu “americana” e ossessivamente anticomunista sin dalla sua fase costituente, nell’immediato dopoguerra, e lo rimase fino ai giorni nostri.

 

 

Agli antipodi del fenomeno Front National (o più in generale del populismo) troviamo un singolare tipo umano che nel tuo libro viene definito come “Bo-Bo chic”: chi è, come vive, in cosa crede e in che modo lotta per un futuro migliore?

 

Il  Bo-Bo (Borghese Bohemien) è il “cittadino globale”, l’“indignato” di nuova generazione è fondamentalmente un radicale modaiolo postmoderno ed è, contrariamente all’elettore medio del Front National, un «vincente» dei e un «incluso» nei, processi di globalizzazione e di flessibilizzazione delle masse. Appartengono a questo tipo umano gli “altermondialisti di cui parla Alain de Benoist, nel libro Il trattato transatlantico (Arianna Editrice, Bologna, 2015) affermando: «[Gli altermondialisti] criticano il mondo unipolare, ma si attengono a una governance mondiale, la quale non sarebbe che l’espressione di un’unica polarità. Si oppongono al liberalismo economico, ma difendono il liberalismo societario che non si è mai così ben diffuso come nel capitalismo liberale. Difendono l’ideologia dei diritti dell’uomo come se potessero esistere dei diritti umani indipendenti dall’organizzazione sociale. Si richiamano ai valori universali, mentre un valore non ha senso se non è nel contesto di una cultura determinata. In sintesi […], deplorano le conseguenze di cui continuano a coltivare le cause».

 

Questi altermondialisti o Borghesi Bohemien (ma qualcun altro li definirebbe anche hypster o frikkettoni…) sono mi pare di capire i giovani finto-alternativi della Erasmus Generation, che tornano al paesello con l’aria saputa di chi ha fatto non più il militare a Cuneo come Torò, ma il lavapiatti a Londra…Più in generale cosa ha prodotto e a cosa approda la cosiddetta Erasmus Generation, che ha avuto ultimamente in Umberto Eco il suo vate?

 

La Erasmus Generation ha prodotto, produce e produrrà conformismo e nomadismo, deresponsabilizzazione e disimpegno, cosmopolitismo e cinismo, promiscuità, alcolismo e disinvoltura giovanilistica nell’abuso di droghe. Tutte categorie sociologiche e attitudini comportamentali perfettamente confacenti alla riproduzione dell’odierna società globale, fondata sulla religione idolatrica del monoteismo del mercato e dell’universalismo dei “diritti di libertà individuali”. Ma soprattutto, ha prodotto, produce e produrrà stupidità (individuale e collettiva). Il principale problema del nostro tempo a livello di cultura giovanile è che la maggioranza dei giovani e dei giovanissimi sono istupiditi, altrimenti non cederebbero, in maniera così deliberatamente consenziente, alle lusinghe del circo mediatico che, ogni giorno, a reti unificate e su tutti i giornali, li invita a lasciare il proprio Paese, le loro famiglie e a rinunciare a qualsivoglia spiraglio di dignitoso impegno politico e civile teso a cambiare le cose “a casa propria”, per andare a pulire i cessi nelle catene multinazionali di caffetterie a Londra.

 

Magari sono quelli che si sono entusiasmati per Syriza e Podemos…

 

Alla prova dei fatti questi movimenti pur baciati da ampi consensi elettorali si sono rivelati per quello che sono, ossia partiti dell’eterna sinistra radicaleggiante, culturalmente compatibile con il disordine neoliberale esistente. Il conformismo del “figo” Pablo Iglesias, di Podemos lo si può evincere finanche dal modo di presentarsi al pubblico, dal look, mentre Tsipras è l’aggiornamento, in salsa greca, del radical-chic per eccellenza, Fausto Bertinotti, ma più smaliziato. L’ex presidente della Camera e segretario di Rifondazione infatti, non si sarebbe mai alleato con un partito di destra per diventare premier.