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L’Europa e i fantasmi dell’era balcanica

di Alberto Negri - 25/04/2016

L’Europa e i fantasmi dell’era balcanica

Fonte: ilsole24ore

La vecchia e cara Europa non è scomparsa, c’è ancora, ma è rimasta quella con le idee peggiori, da era balcanica.
  

Sono passati 25 anni dalla guerra in Croazia. Mentre portavano via festanti i mattoni del Muro di Berlino gli europei nell’89 non si accorsero che si preparava il crollo della Jugoslavia: pensavano che non ci sarebbe mai più stata un’altra guerra nel continente. Quella lezione dei Balcani è rimasta inascoltata, così come non è stata prevista la crisi dei rifugiati nonostante guerre in corso da anni in Mesopotamia e nel Mediterraneo.
Ora si preparano le condizioni per nuovi conflitti europei e forse uno dei pochi allarmati è davvero il presidente americano Barack Obama, che sta guardando l’Europa sfaldarsi anche per responsabilità degli Stati Uniti che hanno alimentato i conflitti alle porte del continente, in primo luogo l’Iraq nel 2003 e poi la Libia nel 2011.
Gli Stati Uniti pagano il 70% delle spese della Nato e hanno ragione a essere preoccupati: con un’Europa disgregata tocca a loro prendersene carico e contenere l’incubo di Washington insieme alla Cina, la Russia di Putin. È vero che la Germania ha inglobato alcune brigate olandesi nel suo esercito ma queste non sono ancora le forze armate europee. Magari gli americani sono meno attenti ai regimi dai tratti fascistoidi dell’Est ma dovrebbero riflettere sul loro fallimento: dopo avere tentato di esportare la democrazia in Medio Oriente adesso rischiano di vedere in pericolo le democrazie liberali sorte dalla seconda guerra mondiale.
Per questo Obama sta tentando in ogni modo di evitare la Brexit. Più l’Europa si divide e va verso la balcanizzazione e più aumentano i rischi di conflitti locali e i costi per gli Stati Uniti. Oggi il punto nodale sembra quello tra Balcani, Egeo e Turchia: probabilmente è destinato a rimanere un focolaio di tensioni soprattutto se non si ferma la destabilizzazione in corso tra Macedonia e Kosovo. Questi nodi irrisolti sono destinati di nuovo a venire al pettine. E tra poco verrà anche il problema delle frontiere di Siria e Iraq.
Gli Usa vorrebbero gli europei compatti per lanciare prima della fine di questa presidenza l’offensiva su Mosul e decretare la sconfitta dell’Isis, ora in Siria una guerra appannaggio di Russia e Iran. Ogni notte da Mosul partono teorie di camion verso Dohuk e la Turchia: cosa trasportano? L’ultimo petrolio del Califfato o evacuano anche i guerriglieri di al-Baghdadi? Per fare questo “lavoretto”, accompagnato da quello di ospitare i profughi siriani per conto dell’Europa, la Turchia vorrà essere ricompensata: i visti non bastano a placare la voglia di rivincita di Erdogan che non è riuscito con le monarchie del Golfo ad abbattere Assad in Siria. Forse alla signora Merkel e alla delegazione europea a Gaziantep i turchi ieri hanno fatto intravedere le “loro” mappe del Medio Oriente, possibilmente senza uno stato curdo e con quello turco profondamente incuneato dentro al territorio iracheno.
Ci sono alcuni, flebili, segnali positivi. Il vice del premier libico Sarraj, Maitig, è venuto a Roma per sostenere la necessità di riattivare l’accordo Italia-Libia sui flussi migratori. L’idea del governo italiano è giusta – ha detto Maitig – non servono spedizioni militari ma è necessario un programma di sviluppo che preveda aiuti concreti ai Paesi dell’area per la crescita e l’occupazione. Ma Sarraj è ancora debole, sotto pressione delle fazioni di Tripoli e tenuto in sospeso dal Parlamento di Tobruk manovrato dal generale Haftar, dagli egiziani e dai francesi, interessati al petrolio della Cirenaica non a rimettere insieme il Paese.
Questa, mentre si avvicina il vertice di Hanover di lunedì, è la realtà con cui l’Italia – molto impegnata con le missioni all’estero e non così attrezzata militarmente – deve fare i conti nel cortile di casa e in Europa mentre l’Austria non rinuncia alla provocazione, assolutamente ingiustificata, di chiudere il Brennero. E pensare che in Europa gli austriaci li abbiamo fatti entrare noi pagando profumatamente, dopo gli anni degli attentati, l’autonomia del Sud Tirolo. La vecchia e cara Europa non è scomparsa, c’è ancora, ma è rimasta quella con le idee peggiori, da era balcanica.