Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Considerazioni postelettorali “super partes” di un osservatore disincantato.

Considerazioni postelettorali “super partes” di un osservatore disincantato.

di Luciano Lanna - 07/06/2016

Considerazioni postelettorali “super partes” di un osservatore disincantato.

Fonte: Luciano Lanna

Mi stupisce che qualcuno si stupisca dei risultati delle amministrative, che secondo me sono andati come da copione (basterebbe parlare tutti i giorni con le persone in metropolitana, al bar, sui posti di lavoro per capire come vanno le cose). 1. In tutto l’Occidente il vento è di diffidenza e di estraneità (quando non di ribellione) rispetto alle élite e all’establishment della vecchia politica partitocratica (e chi ha letto Lasch, la rivista Telos e altri analisti lo sa da un quindicennio almeno). Da Tsipras a Sanders, da Trump ai Verdi austriaci, da Podemos al M5S, dalla Le Pen ai Pirati, dal nuovo sindaco di Londra agli indipendentisti scozzesi, la tendenza è quella della ricerca di una democrazia diretta e della fine della delega ai vecchi partiti. Lo spirito dell’epoca è "populista", si stratta solo di distinguere tra un populismo virtuoso e democratico e un altro, regressivo, vagamente nazionalista e tendente alla xenofobia. 2) Il dato centrale è che la vecchia politica non riesce più a compattare l’elettorato dentro la gabbia bipolare da Seconda Repubblica. Vent’anni dopo, i blocchi sociali si sono trasformati, non c’è più quell'area socialeche consentì nel 1994 a Berlusconi di compattare tutta un mondo articolata (quel blocco sociale che fece parlare Alberto Abruzzese del “tempo nuovo” e che fu una sorpresa scioccante per la vecchia sinistra); dal 2010-11, anche per via della crisi, l’elettorato è sempre più fluido e mobile, la società è – come ci ha insegnato Bauman, “liquida”. Nessuno può pensare di considerare "suo" un elettorato. Non è più pensabile – tanto per fare un esempio - di tenere insieme l’elettorato populista di Salvini (o Meloni) con i moderati di centrodestra (che sono sempre di meno e vanno in altra direzione, magari inconsapevolmente ma sono di fatto alleati di Renzi); lo stesso nel centrosinistra: Renzi e il Partito della Nazione sono incompatibili con qualsiasi movimentismo. 3) Da De Magistris a Napoli, al M5S a Roma, sino ai voti che vanno a Salvini, tutta una serie di fenomeni nuovi vanno interpretati solo e soltanto nella direzione di una crescente espressione di populismo e sarebbe sbagliato leggerli attraverso la dicotomia destra/sinistra. Semmai lo scontro è “vecchia politica partitocratica/percezione di una nuova modalità”; “affidamento alla politica codificata/tentativi di oltrepassamento dell’establishment. 4) Due anni fa anche Matteo Renzi beneficiò dell’onda populista attraverso la retorica della rottamazione ma, adesso, due anni dopo e con l’esperienza di governo, l’elettorato che lo aveva percepito – e votato – per la sua carica di populismo (che veniva considerata altra cosa dal Pd e quindi "nuova") ha finito con lo scaricarlo e, adesso, o si astiene oppure fa altre scelte. 5) Per i media: piuttosto che parlare con i soliti giornalisti o gli opinionisti della compagnia di giro cominciate a intervistare e consultare Marco Tarchi, l’unico politologo italiano che questi fenomeni li studia da oltre vent’anni.