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I fiori fanno male? Nella globalizzazione sì...

di Leo Hickman - 18/09/2006

I fiori fanno male?  


La corsa per portare i fiori recisi dal produttore al consumatore è sempre stata una lotta contro il tempo. Ma oggi l'urgenza di arrivare a destinazione in tempi brevi ha assunto dimensioni globali.

In pochi altri casi è altrettanto evidente in che modo, per soddisfare i nostri capricci, si sprechino immense quantità di energia. La crescente richiesta di fiori freschi promette un roseo futuro ai produttori del settore, ma sotto il profilo etico ed ecologico suscita non poche perplessità.

Un inglese spende in fiori 28 sterline all'anno (circa 41 euro). È una media molto inferiore a quella europea, ma crea un giro d'affari che ogni anno porta a coltivare, raccogliere, imballare e trasportare miliardi di piante. L'85 per cento dei fiori recisi venduti in Gran Bretagna è importato. E nei periodi di punta – san Valentino o la festa della mamma – la domanda si moltiplica per venti.

Gli inglesi, come tutti, hanno le loro preferenze. Secondo la Flowers and plants association, le dieci varietà più vendute in Gran Bretagna sono: garofani, crisantemi, rose, fiori di campo, gigli, fresie, tulipani, narcisi, iris e alstromerie. Solo poche di queste specie possono essere coltivate sul territorio britannico per tutto l'anno, e questo ha fatto nascere e prosperare il commercio con l'estero.

I principali produttori mondiali sono i Paesi Bassi, la Colombia, il Kenya e Israele. Ma anche India, Sudafrica, Ecuador e Malesia si stanno facendo strada velocemente. Negli ultimi anni si è discusso molto delle condizioni in cui spesso la manodopera è costretta a lavorare a causa della progressiva industrializzazione delle tecniche di coltura.

Preoccupa per esempio l'elevata concentrazione di vivai nei pressi del lago Naivasha (in Kenya). Questa situazione ha causato problemi come il mancato rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori, l'esposizione ai pesticidi, l'inquinamento delle fonti idriche. Nemmeno l'adozione di standard internazionali da parte di alcune aziende ha calmato i timori per la situazione attuale.

Ma anche se fossero risolti tutti i problemi di natura ambientale e sindacale, ne rimarrebbe inevitabilmente un altro: una volta recisi, i fiori devono arrivare a destinazione nel giro di pochi giorni. E per farlo i produttori hanno deciso di affidarsi sempre di più al trasporto aereo. Risultato: una crescita esponenziale dei voli.

La World flowers, il più importante importatore britannico, ogni settimana fa arrivare per via aerea 600 tonnellate di fiori recisi, di cui 250 tonnellate solo dal Kenya. Ogni giorno da Nairobi partono due voli con a bordo 18 tonnellate di fiori ciascuno, quanti ne bastano per confezionare più o meno 40mila bouquet da una decina di rose rosse ciascuno.

I fiori vengono recapitati al grande centro di distribuzione della World flowers a North Warnborough, nell'Hampshire. Da qui ripartono per essere distribuiti ai rivenditori, soprattutto ai centri commerciali. Negli ultimi dieci anni, infatti, i supermercati sono entrati di prepotenza nel settore.

Durante il tragitto da Nairobi al rivenditore, i fiori sono sottoposti a ben 17 controlli di qualità: la World flowers assicura con orgoglio che dall'istante in cui sono raccolti a quello in cui vengono consegnati al rivenditore, i suoi fiori non lasciano mai la cosiddetta "catena del freddo", un sistema che consente di conservare i fiori in un ambiente controllato e a una temperatura appena superiore a quella di congelamento. Molti fiori sono trasportati parzialmente immersi nell'acqua, e parte delle foglie usate per confezionare i bouquet è importata da altri paesi.

Sommando tutti questi fattori, è evidente che l'impatto ambientale e l'inquinamento prodotti da un solo mazzetto possono essere enormi. Ma le autorità si sono occupate solo recentemente delle conseguenze di questo commercio.

I dati pubblicati a novembre dal ministero per l'ambiente hanno evidenziato che nel 2004 la Gran Bretagna ha importato quasi 17mila tonnellate di fiori recisi, i quali hanno percorso oltre 6.400 chilometri per giungere a destinazione. Il traffico aereo generato da questo commercio è responsabile dell'emissione di 33mila tonnellate di anidride carbonica all'anno: questo significa che per trasportare ogni singolo fiore si produce un carico inquinante di gran lunga superiore al suo peso.

Finché non sarà imposto per legge di indicare chiaramente sulle etichette il paese d'origine di ogni fiore, l'unica alternativa veramente sostenibile è quella di dimostrare il proprio affetto alle persone care in altri modi – magari più creativi.

Oppure preferire un consumo consapevole, comprando solo fiori di stagione, preferibilmente coltivati vicino a casa e con metodi biologici. Per esempio narcisi, fresie, iris, rose, tulipani e crisantemi. La soluzione ideale? Comprare piante coltivate in vaso.

Leo Hickman
Fonte:
www.internazionale.it
Link:
http://www.internazionale.it/firme/articolo.php?id=13525
Internazionale 659, 14 settembre 2006