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"Il Manifesto" e l'Unione

di Franco D'Attanasio - 22/09/2006

 

 

Solo poche parole in merito all’editoriale de “il manifesto” del 19 Settembre 2006 a firma di Gabriele Polo. Siamo alle solite: la reiterata posizione politica del suddetto quotidiano secondo la quale l’Unione sarebbe meno peggiore del centro-destra, il quale costituirebbe appunto una emergenza, principalmente a causa del suo leader che “porta seco una consolidata internità ai poteri economici (pubblici e poi privatizzati)”. C’è veramente da sgranare gli occhi di fronte ad una affermazione del genere, ma possibile che Polo non riesca a vedere quanto anche le forze dell’Unione siano coinvolte nelle lotte senza quartiere che da un po’ di anni si stanno svolgendo in Italia, nel quadro di un mutamento profondo delle relazioni di potere economiche e finanziarie del nostro paese, sotto la stretta supervisione, fra l’altro, degli apparati finanziari a guida statunitensi? Possibile che Polo non conosca la storia manageriale e politica di Prodi? L’Unione sempre secondo l’editorialista “oggi si trova di fronte ai frutti malati della privatizzazione delle telecomunicazioni e non va oltre il banale «indietro non si può tornare». La cosa precipita addosso a Romano Prodi, che ci mette del suo”. Come sarebbe a dire che la questione precipita addosso a Prodi? Ma siamo veramente fuori di senno e completamente smemorati? Colgo l’occasione per ricordare al direttore de “il manifesto” che Prodi insieme ad un altro tanto decantato personaggio dallo stesso quotidiano, quali l’ex presidente della Repubblica Ciampi, è stato uno dei principali protagonisti del periodo d’oro ( d’oro s’intende solo per certi “capitani coraggiosi”, così definiti allora da un altro esponente di primo piano dell’Unione, cioè D’Alema) della stagione delle privatizzazioni in Italia, che ha portato alla svendita di quel poco di buono che il sistema industriale italiano poteva ancora vantare, compresa la Telecom. Ma per Polo, Prodi ha una cultura economica un po' in contraddizione con la sinistra del suo schieramento e che “non gli permette di dire una cosa semplice: ci sono settori strategici su cui la mano pubblica deve poter intervenire in maniera propositiva, non con semplice veti o attraverso blandi organismi di controllo”. Infatti sembra che egli, ad un certo punto, durante la stesura dell’editoriale rinsavisca, tant’è che si ricorda di quando il leader dell’attuale maggioranza di governo privatizzò l’Iri; atteggiamento da autentico “cerchio-bottista” quello di Polo che tra ragionamenti contorti e contradditori vuole assolutamente mettere in risalto il fatto che Prodi non agisce, come Berlusconi, per conto dei propri personali interessi; ma per conto di chi allora, vien da chiedere immediatamente? Magari per conto della Goldman Sachs come le ultime notizie trapelate sembrano accreditare, la potente banca d’affari americana che continuava a consigliare di comprare le azioni Parmalat e Cirio fino a  qualche mese prima del crack finanziario di queste due società. Evviva, evviva dunque, ci siamo liberati del mostro per antonomasia ma siamo più che mai nelle mani dei dominanti americani, c’è magari solo da sperare che questi, qualche briciola ce la lascino contrariamente al suddetto mostro! Ma appunto Polo, come tutto il suo giornale non può non disdegnare ogni tanto qualche critica al centro-sinistra e riconosce che “l'assenza di quella che un tempo si chiamava politica industriale pesa come un macigno”. Ed ancora: “Prodi dovrebbe scegliere una strada, almeno per i settori strategici. Stando in mezzo al guado tra libero mercato e programmazione si arriva solo alla lamentazione inerme di fronte alla frantumazione economica e sociale”. Ambiguità di posizioni politiche non più accettabili, ora mi chiedo se ciò possa dipendere anche dalle evidenti difficoltà finanziarie in cui spesso il giornale si trova, se appunto pensa che questa linea politica possa assicurargli ancora un certo numero di lettori per continuare ad esistere per qualche tempo, oppure scaturisca da profonde convinzioni. Sinceramente non saprei dire, però altresì penso che, nel caso ci fosse  del vero relativamente alla prima ipotesi, i giornalisti de “il manifesto” dovrebbero stare attenti, poiché il tutto potrebbe improvvisamente rivelarsi un vero e proprio boomerang, proprio perché ogni giorno che passa risulta evidente quanto marcio, in egual misura, ci sia nella destra e nella sinistra attuali (compreso il centro chiaramente). Non a caso sembra che un numero significativo di lettori sia particolarmente scontento delle ultime posizioni del giornale, a tal proposito infatti il notiziario del Campo Antimperialista, qualche giorno fa riportava quanto segue: “Domenica 3 settembre, con evidente fastidio e contrarietà, il Manifesto ha dovuto pubblicare alcune lettere piuttosto critiche verso la linea tenuta dal giornale sulla spedizione in Libano, su Israele, sulla famosa inserzione dell’UCOII e più in generale sulla posizione apertamente filo-governativa tenuta in questi mesi. Queste lettere sono chiaramente la punta di un iceberg, tant’è che lo stesso Parlato così ne parla: <<Abbiamo ricevuto e riceviamo tante lettere (non riusciamo a pubblicarle tutte) di lettori e di sottoscrittori fortemente contrari all’invio dei nostri soldati in Libano e violentemente polemici nei confronti di Israele, talvolta con espressioni che possono travalicare nell’antisemitismo>>.