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Telefoni Grigi

di Corrado Stajano - 29/09/2006

 
E così abbiamo dovuto sorbirci anche un Tronchetti Provera che nel grande albergo di Milano, con i giovani figli allineati in prima fila - la famiglia, si sa, in Italia intenerisce i cuori -, recita la parte della vittima malinconica. Sulla gravità di quel groviglio di spiate e di dossier che a un grande giurista come Gustavo Zagrebelsky ha fatto scrivere di pericolo per la democrazia, di lacerazione dello Stato di diritto in un Paese «dove manca una distinzione tra interessi pubblici e interessi privati», l’ex presidente della Telecom ha glissato, attento soltanto a difendere se stesso - «la vera parte lesa» -, senza spiegare, senza neppure mostrare rammarico per quel che è accaduto a violare i diritti costituzionali dei cittadini

La società e i suoi vertici sono estranei a questi fatti, ha ripetuto. Peccato che l’ordinanza del Gip di Milano, Paola Belsito - 344 pagine -, che non è una sentenza, ma rivela «gravi indizi di colpevolezza», sostenga che l’ex presidente è stato l’unica persona alla quale il responsabile della sicurezza dell’azienda doveva rispondere: Giuliano Tavaroli, l’incontrollato dalle mani libere.
«Sono qui per chiedere aiuto, per proteggere i lavoratori dell’azienda e gli investitori». Anche i dipendenti spiati, in violazione dello Statuto dei lavoratori, anche i giovani che chiedevano di essere assunti, anche gli azionisti di una società che ha speso tutti quei soldi per mettere in piedi e far funzionare una gigantesca e illegale centrale di spionaggio?
Ha parlato anche di «zona grigia», Tronchetti Provera: «Favorita da momenti di debolezza della politica e di debolezza dell’etica, che alla fine dovrà venire allo scoperto». Chissà se ha letto Primo Levi, I sommersi e i salvati, soprattutto: «È una zona grigia, dai contorni mal definiti, che insieme separa e congiunge i due campi dei padroni e dei servi. Possiede una struttura interna incredibilmente complicata, ed alberga in sé quanto basta per confondere il nostro bisogno di giudicare».

A Tronchetti Provera non viene il sospetto che per anni sia stata la Telecom la zona grigia per eccellenza, un posto dove l’etica ha avuto precaria cittadinanza e che un’operazione di bonifica civile dovrebbe cominciare proprio da quei sospettabili palazzi? L’uscita dall’azienda dell’ex presidente, par di capire, è stata causata, più che altro, dal ciclone giudiziario che stava per abbattersi su Telecom e di cui Tronchetti Provera, con tutti quegli spioni a disposizione, doveva essere bene informato. «Il dovere istituzionale» che l’avrebbe portato a dimettersi dalla presidenza dell’azienda, nato dal conflitto con Romano Prodi, secondo la sua interpretazione ufficiale, ha fatto da sfondo, ma non sembra la vera causa primaria delle dimissioni. (Accanto a Guido Rossi, tra l’altro, è rimasto il fedele vigilante Carlo Buora).

Lo scandalo Telecom si iscrive tra i gravi casi che hanno punteggiato il corso della società nazionale negli ultimi decenni, casi rimasti aperti anche dopo tanto tempo. Non vanno mai a finire, non si riesce mai a sapere chi sono i veri mandanti, restano privi di verità e di giustizia. tra finanza, politica, mafia e corruzione, con i servizi segreti quasi sempre protagonisti, comprimari o comparse. I famosi servizi segreti «deviati». I deviati, in effetti, sono stati coloro che hanno seguitato a fare il loro dovere, visto il gran numero di uomini compromessi in fatti spesso atroci. Anche in quest’ultimo scandalo non sono pochi gli uomini dello Stato coinvolti in pratiche illecite, raccoglitori fuorilegge di tabulati telefonici, di informazioni riservate nella banca del Viminale, nel casellario giudiziario, nell’agenzia delle entrate. A livelli bassi e alti, mossi dalla sete di denaro, dalla voglia di un qualsiasi potere, dal miraggio del successo e della carriera.
Ma con la bassa forza sono ben presenti i gradi alti, i brigadieri diventati generali, chissà come, i vertici che agiscono ognuno con il suo referente o protettore finanziario o politico della specie più diversa. Un caso come quello del sequestro di Abu Omar nel quale anche uomini Telecom sono coinvolti suscita disagio e vergogna nei cittadini puliti.

Quel che è accaduto rappresenta un pesante oltraggio alla sovranità nazionale: è possibile che il direttore del Sismi, il generale Pollari, seguiti a rimanere al suo posto protetto sia dal governo sia dall’opposizione?
Ne sono successe tante in questi trent’anni. L’ordinanza del Gip sullo scandalo Telecom ricorda, per analogia con fatti accertati nell’azienda, le schedature Fiat scoperte il 5 agosto 1971 dall’allora pretore di Torino Raffaele Guariniello che sequestrò le schede di 354.077 cittadini, con le informazioni illecitamente raccolte su dipendenti e non dipendenti, con le prove dei pagamenti fatti dall’azienda a carabinieri, poliziotti, agenti del Sid al servizio della Fiat. Una polveriera. Non successe niente o quasi. Intervenne anche il presidente della Repubblica Saragat.

La P2, poi. Quando, il 16 marzo 1981 i due magistrati dell’Ufficio istruzione di Milano Giuliano Turone e Gherardo Colombo sequestrarono negli uffici di Gelli a Castiglion Fibocchi i materiali, le schede, i plichi, le buste sigillate degli affiliati della loggia segreta - tre ministri, il capo di Stato maggiore della Difesa, i capi dei servizi segreti, generali, diplomatici, banchieri, direttori di giornali - non dovevano fidarsi molto del contesto che li circondava. Lavorarono per sei giorni come forzati a leggere cinquemila fogli, a catalogarli, a fotocopiarli. Li timbrarono, li firmarono, li numerarono. Collocarono gli originali in una cassaforte del tribunale; nascosero una copia dei documenti in cartellette con i numeri sbagliati; collocarono l’altra copia in una cassa di legno sigillata con i piombini dell’Ufficio istruzione e la consegnarono al colonnello comandante del Nucleo di polizia tributaria che aveva eseguito la perquisizione. Tutte quelle precauzioni servirono a poco. I documenti non furono rubati o distrutti, cadde il governo Forlani, fu istituita una commissione parlamentare d’inchiesta, ma vent’anni dopo, la P2, nel sentire comune dei benpensanti, non è più un’associazione criminale che mise in pericolo la Repubblica, ma un club di gentiluomini e gran parte degli affiliati sono tornati in circolazione in posti di rilievo. (Quasi come la valletta Gregoraci o il giornalista al servizio dei Servizi, con il nome in codice Betulla, che stanno attraversando un periodo d’oro. Senza dimenticare Moggi, una star).

L’elenco dei fatti accaduti in questi anni è lungo e spesso gronda sangue. Il terrorismo, l'assassinio di Aldo Moro, il caso Sindona, il caso Calvi, la mafia, l’assassinio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, le stragi e poi Mani pulite, la Parmalat, i «furbetti del quartierino», Calciopoli. L’itinerario non muta. Scandalo, rumore, paura, ricatti, desiderio di cambiare, titoli neri come temporali. Poi tutto si smorza, il tempo che pasa ha una forza sinistra, la stanchezza prevale, coloro che hanno agito in nome della legge diventano i carnefici. Sarà così anche per l’affare Telecom in cui tante sono le vittime e tanti i burattini del malfare che hanno violato i princìpi costituzionali di grande rilievo facendo comprendere anche come sono indifesi cittadini?

Tronchetti Provera riprenderà il suo cammino, realizzerà i suoi sogni di dominio, diventare l’Agnelli del 2000 e tutto sarà dimenticato? Ha scritto l’economista Fabrizio Spagna in un libro encomiastico a lui dedicato, l’Industriale (Edizioni Memori): «Al sistema industriale italiano, sempre più impegnato a competere sui mercati mondiali, servono soprattutto imprenditori che sappiano indicare la strada da seguire e che possano essere portatori di modelli e valori».
«Le tessere per smettere di essere manager e imporsi definitivamente come l’Industriale, nel mosaico di Marco Tronchetti Provera ci sono tutte. Ripercorrendo gli ultimi anni appaiono anche tutte al proprio posto. Di fronte alle prossime sfide, tali da sancire o smantellare quanto fin qui costruito, un uomo soltanto ha il diritto di scrivere la parola “fine”. È Marco Tronchetti Provera stesso».