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La fine della prima metà dell'era del petrolio

di Colin J. Campbell - 06/10/2006

Fonte: ecologist.it

 

Il mondo non sta per rimanere senza petrolio, ma si trova davanti alla
fine della prima metà dell’era del petrolio, iniziata 150 anni fa’ quando
furono battuti i primi pozzi sulle rive del Mar Caspio e in Pennsylvania.
L’energia abbondante e a basso prezzo ha portato allo sviluppo dell’industria,
dei trasporti, dei commerci e dell’agricoltura industriale, che hanno
consentito alla popolazione mondiale di crescere di sei volte al passo con
le disponibilità di petrolio. Inoltre ha accumulato un’immensa quantità di
capitale finanziario che a sua volta ha portato l’economia a imparare a
gestire enormi concentrazioni di denaro, investimenti e risorse finanziarie.
Questo tipo di economia è cresciuta fino al punto di controllare l’intera
produzione del mondo moderno, i suoi affari e indirettamente la sua
politica. Il petrolio è una risorsa limitata che si è formata nel passato geologico.
Infatti, la gran parte dell’attuale produzione deriva da due sole brevi epoche
di riscaldamento globale avvenute 90 e 150 milioni di anni fa. Le alghe
proliferarono nelle acque calde alla luce del sole e fornirono il materiale
organico che affondò nelle profondità stagnanti delle spaccature che si
aprirono con il movimento dei continenti; furono seppellite sotto sabbie e
argille finché si scaldarono abbastanza da provocare le reazioni chimiche
necessarie a convertirle in petrolio. Il gas naturale si è formato in modo
simile, con la differenza che si è prodotto da resti vegetali soprattutto negli
estuari dei fiumi tropicali. Anche il normale petrolio si trasformò in gas se
surriscaldato perché sepolto a una profondità molto grande.
Una volta formatosi, il petrolio si mosse generalmente verso l’alto attraversando
le rocce e si raccolse in trappole strutturali sotto forma di riserve
porose. Una recente ricerca in Norvegia ha dimostrato che la maggior
parte del petrolio del mondo si trova in rocce che hanno temperature
tra i 60° e i 120° centigradi e ciò per l’interazione di varie proprietà fisiche.
Come sa ogni bevitore di birra, il bicchiere inizia pieno e finisce vuoto:
più velocemente lo beve, più presto resterà vuoto e comunque ogni bar ha
un orario di chiusura.
Quanto avanti siamo nella curva del consumo del petrolio? Il primo
passo per rispondere a questa domanda è chiedersi quanto petrolio è stato
trovato fino ad ora e quando, perché dopo un certo tempo, la produzione
deve rispecchiare le scoperte di nuovi giacimenti. Estrapolare le tendenze
della scoperta di petrolio offre una buona indicazione di quanto petrolio
resta. Sembra una ricerca semplice, solo una questione di dati, ma scavando
in questa materia troviamo una miniera di confusione, nebbia e disinformazione.
Evidentemente esaurimento non è una parola che alle compagnie
petrolifere piace propagandare, in quanto presuppone un grafico in
caduta che non si adatta al mercato azionario.
In primo luogo c’è confusione su cosa misurare. Esistono molte categorie
diverse di petrolio, ciascuna con i suoi costi, le sue caratteristiche e soprattutto
i suoi profili di esaurimento. Produrre petrolio da un pozzo a flusso
libero del Medio Oriente non è la stessa cosa che scavare una sabbia petrolifera
in Canada con un pala meccanica anche se grande. Alcuni tipi sono
poco cari, facili e veloci da produrre mentre altri hanno caratteristiche
esattamente opposte. Comunicare l’esistenza di riserve è la seconda area di massima confusione.
Le riserve sono dati finanziari soggetti a ferree regole azionarie, le
quali sono state formate per prevenire esagerazioni fraudolente, perciò si
è guardato con benevolenza le sottostime come una lodevole prudenza
commerciale. In pratica le compagnie petrolifere riferiscono solo ciò che
hanno bisogno di riferire per presentare bilanci finanziari soddisfacenti,
gonfiando utili, non comunicando le scorte di riserva per usarle negli anni
di minori scoperte e coprire così ogni riduzione temporanea intorno al
mondo. Per conseguenza le riserve sono state progressivamente riviste al
rialzo, dando una comoda ma molto fuorviante impressione di crescita
continua, comunemente attribuita alla tecnologia quando di fatto è dovuta
principalmente ad un artificio di abitudini o pratiche di informazione.
Chiaramente le revisioni devono essere retrodatate alla scoperta originaria
per ottenere una valida tendenza delle scoperte. Ciò è più facile a dirsi che
a farsi poiché richiede dei dati, campo petrolifero per campo petrolifero,
che non sono pubblici. Evidentemente esaurimento non è una parola che alle compagnie
petrolifere piace propagandare, in quanto presuppone un grafico in
caduta che non si adatta al mercato azionario
L’OPEC, per parte sua, ha annunciato da un giorno all’altro la presenza
di enormi aumenti delle riserve negli anni ’80. In un primo momento,
è sembrata una correzione della sottostima ereditata dalle compagnie
straniere prima della nazionalizzazione, ma ora diventa evidente che questi
paesi di fatto hanno cominciato riferendo il totale delle riserve, non le
riserve che restano. Ciò spiega perché i numeri ufficiali non sono quasi
cambiati da allora nonostante la produzione consumata. Era utile avere un
numero relativamente stabile per la fissazione delle quote di produzione
dell’OPEC. Fare chiarezza più possibile su tutta questa confusione porta
a capire che le scoperte di petrolio a livello mondiale sono state in declino
fin dal 1964. Questo declino è avvenuto nonostante una ricerca mondiale
che mirava alle prospezioni più ampie e migliori possibili; nonostante tutti
i molti progressi tecnologici e un regime economico favorevole nel quale
la gran parte dei costi delle esplorazioni sono stati cancellati dall’introito
tassabile. Ciò significa che non esiste alcuna buona ragione per aspettarsi
che cambi la direzione delle tendenze alla riduzione delle scoperte. Estrapolare
la tendenza alla riduzione è un buon indicatore di ciò che rimane
da scoprire. Il grafico mostra il record delle scoperte usando dati dell’industria
accuratamente retrodatati e pubblicati dalla ExxonMobile.
Il mondo ha cominciato nel 1981 a usare più petrolio di quello
trovato nel corso di quell’anno e l’anno scorso è stato scoperto solo un barile
di cosiddetto nuovo petrolio regolare ogni nove barili consumati.
L’espressione “petrolio regolare” è usata per descrivere il petrolio a basso
costo e facile da usare che ha fornito gran parte dell’energia oggi e che
dominerà tutta la fornitura ancora nel futuro. Esclude l’olio dal carbone e
dallo scisti, dal bitume e il petrolio pesante, dalle profondità del mare e
dalle zone polari e anche il petrolio liquido estratto dai campi di metano
in impianti speciali. La produzione di petrolio in ogni paese, normalmente comincia a diminuire
dopo l’estrazione della metà disponibile. Il grafico della pagina seguente
mostra lo stato approssimativo di esaurimento per tutte le differenti
categorie di gas naturali e petrolio.Per farla breve ora sta sorgendo la seconda metà dell’era del petrolio.
Gli attuali alti prezzi del barile segnano l’inizio di questa nuova epoca in
cui non c’è né capacità di scorta materiale né speranze di assicurarne una.
Facili spiegazioni vogliono far pensare che si tratti di una temporanea riduzione
dovuta a uno sciopero di lavoratori in Norvegia, o a una protesta
nel delta del Niger, a un uragano nel Golfo del Messico o a un aumento
della domanda da parte della Cina. Che simili fattori transitori abbiano un
effetto vuol dire che esistono importanti limiti nella capacità di rifornimento.
Si sentono molte dichiarazioni che la tecnologia verrà in soccorso e
permetterà di estrarre una percentuale più alta di petrolio dalle rocce, ma
questo è in gran parte un pio desiderio. L’industria del petrolio già usa
metodi molto avanzati che raggiungono ottimi standard di recupero. Solo
alcuni bacini petroliferi e tipi di petrolio sono adatti a un trattamento
speciale. Così al massimo il progresso tecnologico e la disponibilità di più
petrolio da fonti non convenzionali possono migliorare il tasso di declino,
ma hanno un effetto trascurabile sulla stessa punta di produzione di
petrolio. Il gas naturale viene consumato meno del petrolio, ma ha un profilo
di esaurimento molto diverso solo perché è un gas, cioè non liquido. In un
mercato aperto la fine della produzione di gas arriva improvvisamente e
senza segnali sui prezzi come hanno scoperto gli Stati Uniti.
La transizione verso il declino sarà un’epoca di grande tensione
Il mondo ha cominciato nel 1981 a usare più petrolio di quello trovato
nel corso di quell’anno internazionale, dato che i paesi del mondo, guidati dalla Cina e dagli Stati
Uniti, si disputano l’accesso alle forniture, gran parte delle quali sono
situate solo in cinque paesi attorno al Golfo Persico. Pochi dubitano che
l’invasione anglo-americana dell’IRAQ, che è costata la vita a più di
100.000 iracheni, non sia stata determinata da interessi petroliferi,
qualsiasi siano i pretesti dichiarati. Qualcuno ha sperato che aprire il
Medio Oriente alle compagnie occidentali avrebbe risolto il problema. Ma
non sono riusciti a cogliere il fatto che gran parte del petrolio del Medio
Oriente si trova in pochi campi petroliferi molto vasti scoperti diverso
tempo fa’. Questi paesi stanno correndo più presto per stare fermi, mentre
cercano disperatamente di sviluppare i campi più piccoli per far fronte al
declino naturale dei giganti invecchiati. Dopotutto se la produzione dovesse
aumentare nel Medio Oriente con massicci investimenti e sforzi sovraumani
renderebbe solo il picco più alto e il seguente declino più veloce.
C’è dell’ironia sull’esaurimento di una risorsa limitata, “quanto meglio
si fa il lavoro di estrarla tanto prima finisce”. La seconda metà dell’era del petrolio sarà caratterizzata da un declino
della fornitura di petrolio e di tutto ciò che dipende da questo, compreso
(Profili di esaurimento del petrolio e del gas. 2004 è l’anno di riferimento)
eventualmente il capitale finanziario. Ciò può comportare la fine dell’economia
come la intendiamo oggi, una fine accompagnata da profonda
recessione. È impossibile prevedere il corso degli eventi perché la transizione
al declino è una discontinuità senza precedenti di proporzioni
storiche, dato che mai prima una risorsa così fondamentale come il
petrolio, è diventata scarsa senza che vi fosse in vista un surrogato migliore
di lei. Tutti i paesi e tutte le comunità si trovano davanti alle conseguenze
di questa nuova situazione. Non esiste una soluzione nel senso di trovare abbastanza petrolio e gas
da prolungare l’epoca passata, ma certamente vi sono risposte con le quali
l’Italia potrebbe progettare e preparare una transizione. Non è difficile
formulare alcuni utili passi:
1) stabilire una misura per valutare giustamente la situazione reale onde
evitare di essere portati fuori strada da erronei annunci promulgati da
organizzazioni internazionali che subiscono sempre pressioni
politiche.
2) Intraprendere un massiccio programma di educazione pubblica in
modo che ciascuno possa diventare più consapevole dei problemi
energetici e trovare modi per sprecare meno energia. Eventualmente,
un fattore di efficienza dovrebbe essere incorporato nella tassazione
per paralizzare chi spreca e incoraggiare il risparmio. Il sistema dei
trasporti in particolare richiede un’attenzione urgente.
3) Incoraggiare il rapido sviluppo di fonti energetiche rinnovabili dal
vento, dalle onde, dalle maree, dal sole e da altre fonti, compresa una
corretta gestione dei boschi.
4) Tagliare la domanda per stare al passo con il tasso mondiale di
esaurimento che attualmente si situa appena al 2,5% l’anno, in
accordo con il cosiddetto Protocollo di Rimini che prende il nome
dalla dichiarazione dei leader mondiali a Rimini nel 2005 sotto gli
auspici del Centro di ricerche Pio Manzu. Se rispettato avrebbe i seguenti
effetti principali:
Mai prima una risorsa così fondamentale come il petrolio, è diventata
scarsa senza che vi fosse in vista un surrogato migliore di lei
a. Moderare i prezzi mondiali equilibrando la domanda con l’offerta, il
che permetterebbe ai paesi poveri di rispondere ai loro bisogni essenziali
e di prevenire eccessivi flussi finanziari verso il Medio Oriente, i
quali verosimilmente potrebbero destabilizzare il sistema finanziario
mondiale.
b. Costringere i consumatori ad affrontare meglio la realtà imposta dalla
natura.
Non è necessariamente uno scenario da giorno del giudizio. Certamente
l’Italia potrebbe raggiungere un grande vantaggio competitivo se
fosse meglio preparata di altri paesi che continuano a vivere nel passato.
La nuova era che nasce propone un’immagine quasi romantica di gente
sorridente che vive in armonia con sé stessa, con gli altri, con la natura.
Comunità e mercati locali che prosperano fanno un futuro più soddisfacente
dello scaricare beni di consumo da una nave container cinese. L’Italia
ha una lunga storia di qualità e una grande eredità culturale. Può darsi
che il soffitto della Cappella Sistina sia più da celebrare dell’Autostrada
del Sole.