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I Robin Hood della finanziaria

di Marco Bascetta - 07/10/2006

 
Chi fa politica o semplicemente guardi con un minimo di realismo ai fenomeni sociali dovrebbe sapere che i ricchi non piangono mai. Semmai, reagiscono. La patetica campagna «filofinanziaria» che raffigura la ricchezza chiamata a pagare con un panfilo da sceicchi, con probabile bandiera delle isole Cayman, (incrociando per i sette mari, mai si incontrerà una simile imbarcazione battente bandiera italiana) è un insulto all'intelligenza di contribuenti ed evasori. Molti commentatori hanno osservato in questi giorni che, aldilà dei suoi contenuti, la finanziaria e i suoi promotori ricorrono a un linguaggio da «riscossa proletaria», da incrollabili paladini della giustizia sociale. Danno ai poveri e tolgono ai ricchi. Con un forte impatto simbolico, come la risibile autoriduzione degli stipendi del consiglio dei ministri. Quando a tutti è evidente che il costo della politica, anzi della sua rappresentazione, è quello scandaloso dei deputati, dei senatori, della pletora di paggi in livrea di cui si circondano, nonché della mostruosa espansione immobiliare del Palazzo.

Certo, il centro di Roma è impreziosito dalle colonnine semoventi, quasi uscite da un vecchio film di James Bond, che spuntano dal terreno a difesa della cittadella politica, con tanto di personale (precario?) addetto alla lucidatura dei medaglioni di bronzo che ne ornano la sommità. Per non parlare del regime pensionistico vigente nel nostro parlamento che dovrebbe impedire a chiunque vi segga, non già di legiferare sulle pensioni, ma perfino di pronunciare questa parola. Tutto questo, ovviamente, ha minima rilevanza sul bilancio dello stato, ma quando si scende sul terreno «simbolico» è raccomandabile una certa prudenza e altrettanta decenza.
Perché allora i nostri governanti corrono questo rischio? Perché adottano un linguaggio da Camera del lavoro di fine '800? Difficile sottrarsi al sospetto che ciò avvenga per coprire la pochezza di questa presunta «inversione di tendenza», l'imbroglio del cuneo fiscale, il sostanziale abbandono del precariato al suo destino, la diserzione sul fronte della cultura e della ricerca, l'esiguità dei benefici fiscali riservati ai redditi più bassi, l'ingrassamento della spesa militare, la presunzione di equità di un prelievo fiscale calibrato su dati e dichiarazioni palesemente falsi. E perfino la fiera indignazione della destra ha il sapore di una recita dovuta.

Un teatrino come quello allestito intorno ai famigerati Suv, che non si capisce perché debbano appassionare tanto l'opinione pubblica. E pazienza se per mettere alla berlina l'esibizione della ricchezza a Roma o Milano finiranno tassati i campagnoli del grossetano, del viterbese o della provincia di Nuoro che circolano su più o meno scassati fuoristrada. Ma, in fondo, quel che conta è il simbolo, che costa poco e ha molti vantaggi: i ricchi piangono, i guidatori di auto troppo ingombranti per passare attraverso la famosa cruna dell'ago si dispereranno. Gli ultimi saranno i primi, e via discorrendo.

Ma il linguaggio «massimalista», i simboli della riscossa, non servono solo ad accontentare i moralisti e i creduloni della cosìddetta «sinistra radicale», parlano anche e soprattutto a una insidiosa pulsione che oggi va per la maggiore: il risentimento, la punizione dei malvagi, l'antipatia per chi «se la è goduta». Funziona, certo, ma anche per la destra, che il risentimento lo mobilita contro gli immigrati o i giovani nottambuli. Non da sola, ma in compagnia di Sergio Cofferati a Bologna o di chi, a Roma, risponde alla devastazione di un bar frequentato da immigrati ad opera di una squadraccia guidata da autoctoni delinquenti, con una retata di clandestini da espellere a furor di popolo. L'indicazione politica dei mazzieri è stata raccolta.

Prima di crogiolarsi nel proprio risentimento i contribuenti farebbero bene a valutare la consistenza effettiva dei benefici ricevuti. Tenendo sempre a mente la definizione «scientifica» che un illustre storico dell'economia diede del cretino: «colui che arreca agli altri il massimo danno senza arrecare a sé alcun vantaggio». E ora godetevi il presunto pianto dei ricchi.