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I calcoli alchemici dell'Istat

di Gianfranco La Grassa - 08/10/2006

 

Un elogio innanzitutto a Franco e Mauro per la loro abnegazione nell’addentrarsi nel “mistero” delle tasse, dove è facile perdersi. Io stesso mi guarderò dall’interessarmi della questione perché rischierei il soffocamento. Attenderò gennaio e allora saprò quale detrazione (o il contrario) mi sarà stata calcolata; e capirò fino ad un certo punto, perché c’è sempre un piccolo aumento rappresentato da una data percentuale (francamente non ricordo quale) dell’inflazione programmata. Voglio oggi proprio partire da tale problema ma con diversa angolazione.

Negli ultimi anni, due sono state le sensazioni della gente comune, per altro sempre avallate dalle varie associazioni consumatori. Innanzitutto che l’Istat mente spudoratamente circa i tassi annui di aumento del costo della vita (che è l’inflazione e indica anche la svalutazione del metro di misura monetario). Inoltre, si avverte una diminuzione della propria capacità di spesa o d’acquisto delle merci (di consumo), per cui ci si convince di un, non drammatico ma sensibile, peggioramento del proprio tenore di vita. Vediamo la prima sensazione. Dopo essere stata irrisa a lungo, anche da tecnici come Padoa-Schioppa oggi Ministro (ne ho già parlato in un intervento di qualche giorno fa), l’impressione di una inflazione assai superiore a quella statisticamente calcolata – sempre aggirantesi grosso modo, dopo l’introduzione dell’euro cinque anni fa, intorno al due e mezzo per cento – è oggi pienamente riconosciuta, tanto che centrosinistra e centrodestra si accusano l’un l’altro di esserne responsabili. Non mi interessa discutere delle colpe dell’uno o dell’altro schieramento; importante è l’ammissione di una inflazione consistente.

Intanto noto che, ciò malgrado, l’Istat continua imperterrito a sfornare dati sul costo della vita del tutto irrisori; come sia possibile, dopo che tutti i politici e gli “esperti” ammettono le ragioni della gente e si accusano soltanto reciprocamente del “fattaccio”, questa continuazione della menzogna statistica, è uno dei misteri del nostro tempo. Rileviamo comunque al proposito una prima incongruenza. Ultimamente, il dato dell’inflazione (quello ufficiale e falsificato) è stato presentato come leggermente in diminuzione. Tuttavia, la Banca Europea continua ad alzare il tasso di sconto, e ormai si prevede il 4% in pochi mesi (ieri è stato portato dal 3 al 3,25); la motivazione è: “combattere le spinte inflazionistiche”! E allora perché il nostro Istat calcola l’indice del costo della vita in diminuzione? Nel nostro paese, inoltre, l’ammontare dei mutui immobiliari (in maggior parte a tasso variabile) è altissimo; l’innalzamento del tasso di sconto europeo, con riflessi immediati anche sui nostri tassi di interesse, non può che incidere sul reddito (dei molti mutuanti) da destinare ai consumi; anzi inciderà prima sui risparmi, perché si tenta di non ridurre il proprio tenore di vita, ma alla fine ci si dovrà arrendere perché la capacità di spesa, già intaccata dall’inflazione (non calcolata a dovere), si ridurrà ulteriormente per tutti quelli (tantissimi) che hanno mutui per l’acquisto della casa.

Quindi ripeto per chiarezza: abbiamo un’inflazione (costo della vita e svalutazione del metro monetario) nettamente superiore a quella calcolata; vogliamo indicare, ma sono certo con troppa “timidezza”, un tasso effettivo intorno al 5%? Fermiamoci a questo livello. Contrariamente a quello che indica l’Istat – indice del costo della vita in leggera diminuzione – la Banca Europea avverte spinte inflazionistiche e aumenta il costo del denaro, con pesanti conseguenze su tante persone indebitate a vario titolo. Già a questo punto, uno si sente di concludere che anche la seconda sensazione di questa gente – un peggioramento, per il momento non grave, delle condizioni di vita – è giustificata. Tuttavia, i soliti “esperti” ci dicono che il tasso di crescita del Pil è in aumento, che c’è la ripresa; si calcolava l’1,3 per quest’anno, poi si è recentemente previsto l’1,5%, anzi forse si arriverà all’1,7-1,8, forse toccheremo il 2. Già il fatto che si è praticamente sicuri di una recessione degli USA (alcuni dicono leggera, altri abbastanza notevole), e che il secondo trimestre del 2006 abbia visto un considerevole raffreddamento dell’economia tedesca, mette mille punti interrogativi su tale ripresa italiana. Qualche “intelligentone” parla del traino della Cina, il che, per il nostro sistema economico, fa semplicemente ridere. Senza considerare che pochi mesi fa la Cina ci rovinava; e non lo diceva solo Tremonti, ma l’intera UE che incitava a mettere dazi sui prodotti cinesi. E poi, come ciliegina finale, anche la Cina, per quanto ad alto sviluppo, ridurrà il tasso dello stesso dall’11% del 2005 al 9 di quest’anno; e si prevede anche meno per il 2007. Ma quante balle ci raccontano?

Non è però ancora finita, secondo un mio modesto ragionamento, che non credo sia sbagliato; se lo è mi scuso e resto comunque a quanto detto fin qui, che è già bastevole a farci capire le continue prese in giro cui siamo sottoposti, con balletti di cifre a capocchia. Per calcolare la crescita del Pil – visto che si tratta di un insieme di prodotti (e servizi) in quanto merci diversificate qualitativamente fra loro e non quindi omologabili per poterle sommare – bisogna ricorrere per forza al mezzo di scambio generale, la moneta. Tuttavia, se questa perde valore ogni anno (in base all’inflazione), per avere un tasso di crescita del Pil espresso in termini reali (o che si possano ragionevolmente, per quanto approssimativamente, considerare tali), si deve tenere conto di questo fenomeno, e tentare di misurare il prodotto in moneta a valore costante. Se ho oggi un prodotto di 100, ma nel corso dell’ultimo anno il tasso d’inflazione (svalutazione del metro monetario) è stato del 5%, approssimativamente (qui ci bastano i calcoli all’ingrosso) ho in realtà 95 utilizzando una unità di misura che abbia lo stesso valore di un anno fa.

Di conseguenza, quando valuto il tasso di crescita del Pil – utilizziamo la migliore delle ipotesi fatte per quest’anno di presunta “ripresa” – sul 2%, debbo saper indicare come ho fatto i calcoli. Se, ad es, sono partito da una previsione di crescita del 4,5% del Pil espresso in moneta (e non si può calcolare altrimenti che così), e poi accetto le balle dell’Istat sul tasso di inflazione (svalutazione del metro monetario) fissato al 2,5%, in effetti mi ritrovo un aumento del Pil (sempre calcolando all’ingrosso, ma con sufficiente esattezza per i nostri scopi) del 2%. Se però rifiuto le menzogne dell’Istituto di statistica, e mi baso sul 5% quale minimo tasso d’inflazione credibile, ecco che il tasso di “crescita” si trasforma nello 0,5% di decremento del suddetto Pil. E quando quest’ultimo cala, è ben difficile che alla fine non diminuiscano anche la capacità di spesa e i consumi della gente; e dunque il suo tenore di vita. E in genere si riduce pure il suo capitale di riserva, il risparmio.

Da ormai non so quanti anni abbiamo saggi di crescita del prodotto nazionale (in moneta) bassi. Ma, come minimo dall’entrata nell’euro, abbiamo tassi ufficiali di aumento del costo della vita (svalutazione della moneta) del tutto ingannevoli e, volendo essere teneri con l’Istat, dimezzati rispetto a quelli reali (io credo che, se parlassimo di un terzo, saremmo un po’ più vicini al vero). Quindi penso proprio che non esista la crescita, del resto modesta, del nostro Pil in termini reali, bensì una sua riduzione o almeno stasi. Allora, anche la seconda sensazione della gente (parlo della maggioranza, non di alcuni strati di straricchi e in via di ulteriore arricchimento), cioè quella di una pur modesta riduzione del proprio tenore di vita, è sostanzialmente esatta. Del resto, se quanto appena scritto è vero, le due sensazioni – inflazione molto più alta di quella dichiarata e difficoltà crescente di mantenere il proprio livello di vita a causa di una decrescita o di una stagnazione (in termini reali) – sono tra loro strettamente e causalmente legate.

In un sistema capitalistico vige la “legge di Alice” – espressa, se ricordo bene, non in “Alice nel paese delle meraviglie”, ma in “Alice dietro lo specchio” – secondo cui, pur soltanto per rimanere stazionanti in un punto, è necessario correre sempre più in fretta. Chi si ferma o semplicemente rallenta, ristagnando su certe posizioni, ha la netta sensazione di un arretramento via via accelerato. La sua frustrazione cresce in continuazione; impossibile dire quando esploderà, ma è sicuro che alla fine esploderà. Noi dovremmo, per quel poco che possiamo fare, rendere sempre più cosciente questa frustrazione e indirizzarla giustamente verso i responsabili della stessa. Oggi, è sempre più chiaro che sia chi ci governa sia chi si oppone – e poco importa che governi la destra e si opponga la sinistra o viceversa come oggi – è all’origine di tale situazione (e della conseguente frustrazione). Non allungo qui il discorso (semmai lo si riprenderà), ma è comunque evidente in questo momento il tendenziale “inciucio” tra quasi tutte le forze politiche (soprattutto addensantisi in una zona di centralità), malgrado si facciano reciprocamente la faccia feroce, ma solo per conquistare le migliori posizioni; alcune di loro vogliono poi evitare di indebolirsi, sempre però nell’ambito di una ricerca del centrismo, rispetto ad altre.

Ricordiamoci anche di un’altra “legge”; i vermi, strisciando, non incespicano mai. Inutile tentare di farli inciampare; in questo modo non ci si libera di loro. I vermi però, dandosi le opportune occasioni, possono essere spiaccicati calpestandoli; meglio se con scarpe pesanti.