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Il progetto di riforma della Tv...

di Massimo Fini - 16/10/2006

 
Il progetto di riforma della Tv approvato dal Consiglio dei ministri prevede entro 15 mesi il passaggio di una Rete Mediaset e di una Rete Rai sul digitale terrestre in modo da liberare due concessioni da riassegnare a soggetti in grado di competere sul mercato spezzando così l'attuale Duopolio. La raccolta pubblicitaria, che attualmente strangola, proprio per la posizione oligopolista di Rai e Mediaset, non solo le televisioni minori ma anche i giornali, viene limitata per ogni Gruppo al 45% del totale delle risorse.

Infine l'Auditel diventa indipendente. Non sarà più posseduta, come ora, da Rai e Mediaset cioè da coloro che dovrebbero essere controllati e che invece sono i controllori di se stessi.

A me sembra una riforma ineccepibile. E poco o nulla importa se,come scrive Massimo Franco sul Corriere della Sera, alle spalle ci sono anche motivi tralignanti come quello di distogliere l'attenzione dalla discussa legge Finanziaria. E' una riforma che andava fatta nell'interesse generale ed è questo che conta.

L'onorevole Berlusconi ha parlato di un "attentato contro la democrazia". E' uno dei principali interessati e lo comprendiamo. Comprendiamo meno che un centrodestra liberale e liberista sposi questa tesi. L'"attentato contro la democrazia" c'è stato finora, da quando si permise ad un abilissimo imprenditore di impossessarsi di tutto il comparto televisivo privato nazionale con la complicità di una classe politica che, poiché intanto occupava a sua volta arbitrariamente la Rai, trovava comoda questa situazione. Si creò così quel mostruoso e aberrante Duopolio che dura ormai da un quarto di secolo.

Le posizioni oligopoliste o, peggio, monopoliste, come spiegano tutti i padri del liberismo economico, da Adam Smith a David Ricardo, sono il contrario del libero mercato perché schiacciano e impediscono la concorrenza. Se oggi, per fare un esempio, rinascesse un altro Berlusconi, geniale come lui, non potrebbe entrare nel mercato televisivo nazionale semplicemente perché mancano le concessioni. Ma se anche trovasse la possibilità di avere una Rete non potrebbe competere con colossi che ne hanno tre a testa. Né vale dire che oggi, con le nuove tecnologie, si può andare sul digitale terrestre. Non è la stessa cosa. Se così non fosse Mediaset non farebbe una così strenua opposizione al fatto di dovervi trasferire Rete 4.

La riforma è bilanciata. Perché si tratta di quel "disarmo bilaterale" invocato spesso da tutti gli osservatori indipendenti per sciogliere quell'abbraccio complice e mortale fra Rai e Mediaset teso ad escludere ogni altro concorrente. Se si fosse infatti spostata sul digitale terrestre solo una Rete berlusconiana e non anche una Rete Rai, Mediaset non avrebbe potuto competere alla pari e in pochi anni sarebbe sparita dalla scena come disse giustamente Berlusconi quando qualche anno fa, con un referendum, gli si voleva togliere Rete 4 (e infatti Rifondazione si oppone alla riforma perché ne vuole una punitiva nei confronti di Berlusconi, a meno che non si tratti di intelligenza col nemico). Così invece Rai e Mediaset sono alla pari e alla pari sarà il soggetto cui verranno assegnate le due concessioni che si renderanno libere. E se si tratterà invece di due soggetti diversi, con una Rete ciascuno, si troveranno comunque di fronte dei colossi un po' meno tali, con due Reti invece che con tre.

Ma quando si tratta di informazione la presenza o l'assenza (come ora) di un libero mercato non è solo una questione di libera concorrenza economica. Incide profondamente sull'assetto democratico di un Paese perché l'esistenza di un Duopolio limita pesantemente la manifestazione del pensiero che viene monopolizzata dai Gruppi dominanti.

Infine la riforma, sempre che si faccia, rende meno cogente, a mio avviso, la soluzione del conflitto di interessi berlusconiano. Perché una cosa è se un uomo politico controlla, poiché la possiede, la metà del sistema televisivo nazionale, altra se ne controlla solo un terzo. È già una situazione più accettabile.