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Un pianeta non basta. Entro il 2050 risorse insufficienti

di redazionale - 26/10/2006

Il rapporto sullo stato di salute della Terra indica un crollo
della biodiversità e la riduzione vertiginosa delle risorse
Allarme del Wwf: "Un pianeta non basta. Entro il 2050 risorse insufficienti"
"Bisogna cambiare, se non lo faremo conseguenze certe e terribili"

Gli ecosistemi naturali si stanno degradando a un ritmo
impressionate, senza precedenti nella storia della specie umana e la
conseguenza più immediata è la perdita di biodiversità. Le conseguenze
di questi processi sono catastrofiche già nel medio periodo: entro il
2050 le risorse della Terra non saranno più sufficienti, se
continueremo a sfruttarle a questi ritmi. Sono le conclusioni del
"Living Planet Report 2006", l'ultimo rapporto del WWF, giunto alla sua
sesta edizione, presentato oggi a livello mondiale proprio da uno dei
paesi a più rapido sviluppo, la Cina. "Fare dei cambiamenti che
migliorino i nostri standard di vita e riducano il nostro impatto sulla
natura non sarà facile - ha detto il direttore generale di Wwf
International, James Leape - ma se non agiamo subito le conseguenze
sono certe e terribili".

L'uomo distruttore. Secondo il rapporto, che è stato redatto dopo due
anni di studi, la perdita di biodiversità già segnalata nelle
precedenti edizioni è sempre più marcata e il consumo di acqua, suolo
fertile, risorse forestali e specie animali ha raggiunto livelli
intollerabili per il pianeta. Il rapporto dimostra che in 33 anni (dal
1970 al 2003) le popolazioni di vertebrati hanno subito un 'tracollo'
di almeno 1/3 e nello stesso tempo l'impronta ecologica dell'uomo -
cioè quanto 'pesa' la domanda di risorse naturali da parte delle
attività umane - è aumentata tanto che la Terra non è più capace di
rigenerare ciò che viene consumato.

Il ruolo dell'Italia. Il consumo incontrollato riguarda tutti i paesi
e l'Italia, sebbene dietro al resto dell'Europa, è al 29esimo posto
nella classifica mondiale delle nazioni scialacquatrici. E' evidente,
secondo il Wwf, che anche l'Italia deve cambiare rotta al più presto e
imboccare la strada della sostenibilità del proprio sviluppo,
integrando le politiche economiche con quelle ambientali.

Correre ai ripari. "Siamo in un debito ecologico estremamente
preoccupante, considerato che i calcoli dell'impronta ecologica sono
per difetto - ha spiegato Gianfranco Bologna, direttore scientifico del
Wwf Italia - Consumiamo le risorse più velocemente di quanto la Terra
sia capace di rigenerarle e di quanto la Terra sia capace di
'metabolizzare' i nostri scarti. E questo porta a conseguenze estreme
ed anche molto imprevedibili".

Per questo, secondo Bologna, "è tempo di assumere scelte radicali per
quanto riguarda il mutamento dei nostri modelli di produzione e
consumo. Il nostro futuro dipenderà da come impostiamo oggi la
costruzione delle città, da come affrontiamo la pianificazione
energetica, da come costruiamo le nostre abitazioni e da come tuteliamo
e ripristiniamo la biodiversità".

I dati. Il rapporto del Wwf ha analizzato in tutto 695 specie
terrestri, 344 di acqua dolce e 274 specie marine. Negli oltre
trent'anni presi in considerazione le specie terrestri si sono ridotte
del 31%, quelle di acqua dolce del 28% e quelle marine del 27%. Il
secondo indice, l'Impronta Ecologica, misura la domanda in termini di
consumo di risorse naturali da parte dell'umanità. Il "peso"
dell'impatto umano sulla Terra è più che triplicato nel periodo tra il
1961 e il 2003. Questo rapporto mostra che la nostra impronta ha già
superato nel 2003 del 25% la capacità bioproduttiva dei sistemi
naturali da noi utilizzati per il nostro sostentamento. Nel rapporto
precedente era del 21%.

In particolare, l'impronta relativa alla CO2, derivante dall'uso di
combustibili fossili, è stata quella con il maggiore ritmo di crescita
dell'intera impronta globale: il nostro "contributo" di CO2 in
atmosfera è cresciuto di nove volte dal 1961 al 2003. L'Italia ha
un'impronta ecologica (sui dati 2003) di 4,2 ettari globali pro capite
con una biocapacità di 1 ettaro globale pro capite, dimostrando quindi
un deficit ecologico di 3,1 ettaro globale pro capite.