Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Petrolio? Si sta giocando col fuoco

Petrolio? Si sta giocando col fuoco

di Jean-Pierre Jacqmin - 26/10/2006

 

Éric Laurent, giornalista e scrittore, autore dell’inchiesta "La verità nascosta sul petrolio", è ospite di Jean-Pierre Jacqmin, giornalista della ‘Radio et télévision belges francophones’ (RTBF). "Anche l’Agenzia Internazionale dell’Energia dice che il petrolio è come un amante che un giorno ci lascerà e ci spezzerà il cuore. Quindi, dovremmo essere noi a lasciarlo prima"

[Testo integrale]
[Scelta musicale: “Lindbergh”, di Robert Charlebois]


JPJ – Robert Charlebois è un’icona dei grandi viaggi in aereo, degli anni ’60 e ’70 – quando tutto andava bene. E lei se ne esce con un libro dicendo che in futuro lo stesso Charlebois non viaggerà più con Pan American Airlines.

EL – In realtà, credo si tratti di un libro fattuale, non di un libro allarmistico. Dunque, non è una tesi, è semplicemente il risultato di un’inchiesta, un’inchiesta che dura da trent’anni a questa parte. Ho incominciato a interessarmi di petrolio proprio dopo la crisi petrolifera del ’73; sono penetrato negli arcani, ho incontrato i responsabili delle compagnie petrolifere e i principali protagonisti del settore all’epoca dello Shah iraniano, ho incontrato Saddam Hussein – ed eccomi qua. E tutto ciò mi ha affascinato perché il petrolio è il centro di tutto; voglio dire, non è soltanto questa strategica materia prima che ha impiegato 500 anni per emergere.

JPJ – Quindi, oltre a ribadire che forse un giorno si dovrà parlare di vera e propria ‘civilizzazione del petrolio’ piuttosto che di ‘società di petrolio’, quello che Éric Laurent vuole dire in questo libro è che da 150 anni a oggi tutte le guerre sono state causate dall’oro nero?

EL – Il petrolio è la chiave di tutto, della nostra crescita, della nostra attuale prosperità, del nostro benessere. È stata la chiave di tutte le guerre. Ad esempio, della Prima Guerra Mondiale.

JPJ – Il petrolio è stata la causa della Grande Guerra?

EL – Non ne è stata la causa, ma la vittoria è stata determinante per gli alleati, in ragione della forza petrolifera apportata dall’America, che all’epoca era la prima produttrice mondiale di petrolio. D’altra parte, bisogna sottolineare che gli Stati Uniti erano la fonte dell’80% dell’oro nero di cui beneficiarono gli eserciti alleati. E di questo 80%, circa il 40% proveniva da una sola compagnia petrolifera, all’epoca la più potente al mondo, la nota Exon di John Rockefeller. Lo stesso scenario valse anche per il periodo ‘40-‘45.

JPJ – Lo smantellamento dell’impero ottomano tra le due guerre avvenne con francesi e inglesi che, in cerca dei giacimenti petroliferi, cercarono di dividersi il Vicino Oriente?

EL – Sì, ed è proprio per questo che oggi in merito si ha l’impressione di un ciclo infinito. Prima di diventare nazioni, la Persia e l’Iraq erano due immense concessioni petrolifere. A un certo punto il Sultanato dell’Oman li trasformò in due Stati marionetta. Ma i veri conflitti al tempo erano quelli tra compagnie petrolifere americane e britanniche, che realmente si dividevano il mondo. L’anglo-iraniana Irak Petroleum Company era la vera potenza. Il petrolio è stata la chiave.

JPJ – Si potrebbe concludere che guerra e petrolio siano due facce della stessa medaglia. Vuol dire anche che i governanti del mondo e i dirigenti delle compagnie petrolifere si accordano per quella che lei chiama “la verità nascosta sul petrolio” (cioè non una truffa vera e propria, ma un accordo occulto per controllare il rialzo dei prezzi del greggio per garantirsi vantaggi e benefici)?

EL – In realtà, l’intera storia del petrolio è una lunga successione di menzogne e manipolazioni. Per esempio, nel 1928, le compagnie petrolifere – le grandi compagnie petrolifere – si accordavano per creare un cartello, nel silenzio generale. Volevano far pagare il petrolio al prezzo più alto possibile. Poteva trattarsi del petrolio proveniente dagli Stati Uniti e imbarcato nel Golfo del Messico, poteva aver viaggiato ovunque e su qualsiasi mezzo, poteva provenire dal Golfo Persico, dove i prezzi erano i meno elevati. Non importava. Ogni volta si faceva pagare il prezzo più alto e la distanza più lunga, i benefici erano tutti per le compagnie.

Tornando alla guerra, con incredibile cinismo le compagnie petrolifere facevano pagare alle navi da guerra alleate statunitensi e britanniche che si rifornivano, per esempio, ad Abadan, in Iran, un prezzo molto alto. Questo libro racconta i dettagli della storia contemporanea attraverso l’universo delle compagnie petrolifere e dei paesi produttori di petrolio, che a un certo momento hanno cercato davvero di prendere il potere. È la ricostruzione di una formidabile manipolazione.

JPJ – Per esempio, si dice che la scalata al potere di Gamal Abd el-Nasser in Egitto, paese arabo contraddistinto da un nazionalismo laico, fosse un qualcosa che al momento generalmente era vista di buon occhio rispetto all’attuale avanzata islamista. Nasser volle prendere il controllo dei pozzi di petrolio ed ebbe successo.

EL – Nasser lodava l’arma del petrolio. In un suo libro ha fatto notare che le armi supreme degli arabi sono il petrolio e il controllo delle risorse naturali. Ma che hanno fanno gli americani? Gli si sono sempre opposti. Quindi, come dicevamo, il panarabismo e il laicismo nasseriano hanno favorito l’islamismo. Già all’epoca in Egitto i Fratelli musulmani erano finanziati dagli americani; tramite il regime saudita, lo stesso regime teocratico perfetto di oggi, controllavano la popolazione che, ridotta al silenzio, divenne effettivamente il perfetto interlocutore per Washington.

JPJ – Durante il colpo di Jarnac, nel 1973, è l’OPEC a decidere autonomamente di aumentare i prezzi e creare la prima crisi petrolifera. A questo punto agli americani non importa più niente dei sauditi?

EL – La realtà è praticamente l’opposto; voglio dire, quella che si racconta, la storia ufficiale, quella venduta all’opinione pubblica, è falsa. La vicenda riguarda gli anni tra il 1960, data della nascita dell’OPEC, e il 1973, data della cosiddetta crisi petrolifera. Curiosamente, nel 1973 avviene qualcosa che avrebbe dovuto essere considerato ma che è sempre passato inosservato: le compagnie petrolifere proprio in quel periodo si ritrovarono con un immenso bisogno di denaro e di investimenti.

JPJ – Perché?

EL – L’allora presidente della Chase Manhattan Bank David Rockefeller, all’epoca l’uomo più potente del mondo occidentale, colui che rappresentando i suoi interessi rappresentava gli interessi petroliferi in generale, nel 1973 dichiarò a Roma che le compagnie petrolifere avevano bisogno di 3.000 miliardi di dollari. Perché? Per delle ragioni molto semplici. Per realizzare investimenti colossali nel Mare del Nord, per esempio; gli impianti offshore erano tecnicamente molto complicati da installare e per questo necessitavano di somme considerevoli. L’oleodotto progettato in Alaska costava 10 miliari di dollari. Così, alcune grandi compagnie petrolifere vennero così prese per la gola. Io ho scoperto, e l’ho anche raccontato nel libro, che in realtà le compagnie petrolifere hanno spinto i paesi produttori al rialzo, li hanno incoraggiati ad aumentare il prezzo al barile. In questo modo, facendo cadere la responsabilità su altri, si sentivano al sicuro.

JPJ – I prezzi aumentarono, l’OPEC prese la sua decisione durante lo slancio della guerra tra Israele e i paesi arabi, niente accade mai per caso. La stessa cosa è successa per Suez; la crisi di Suez si sviluppò parallelamente a quella ungherese. Ma in che modo l’aumento del prezzo al barile mise d’accordo le compagnie petrolifere?

EL – Se aumenta il prezzo al barile aumentano anche i benefici per le compagnie. Somme considerevoli che, ad esempio, permisero loro di rendere di colpo incredibilmente redditizi tutti gli investimenti nel Mare del Nord – un azzardo miracoloso che può realizzarsi soltanto nel mondo degli affari. Ma ricordiamo una cosa: i paesi produttori, tra i più determinati ricordiamo l’Arabia Saudita, non avrebbero mai applicato l’embargo per aumentare i prezzi. L’Arabia Saudita vendeva clandestinamente, attraverso alcuni intermediari, il suo greggio ai paesi che in teoria sarebbero stati colpiti colpiti dall’embargo, ovvero Gran Bretagna e Stati Uniti.

JPJ – E chi sostenne ufficialmente Israele?

EL – Impossibile dirlo. Troppi inganni, troppe manipolazioni.

JPJ – In tutto il libro lei parla di “grande manipolazione”, di “verità nascosta”, di “tutto che è controllato dal petrolio”. All’inizio dello stesso libro, però, annuncia che le riserve di petrolio sono pressoché esaurite. Sembra incomprensibile visto che i paesi produttori hanno diretto essi stessi la loro barca. Come è possibile che si siano ritrovati all’asciutto così all’improvviso?

EL – Hanno diretto bene la loro barca grazie ai mezzi che avevano sulla terraferma. Sulla terraferma significa nel sottosuolo. Il vero problema, in realtà, è che sono riusciti a nascondere il più a lungo possibile lo stato reale delle riserve. Quando si parla di stato reale delle riserve, le cifre presentate ufficialmente sono totalmente false. Oggi serve ribadirlo con la massima chiarezza. Nel 1986 c’è stato un escamotage ideato dai paesi dell’OPEC volto a poter falsificare l’entità delle proprie riserve. Questa finzione va avanti da più di 20 anni. Semplicemente, l’Arabia Saudita dichiarava di possedere riserve per 160 miliardi di barili, ed alla luce di questa cifra era presentata come il primo paese produttore. Questo significa che, in realtà, l’Arabia Saudita aveva 260 miliardi di barili. Comunque, anche ciò non corrisponde a nessuna realtà. E così, tutto il mondo ha interesse a mentire: i paesi produttori e le compagnie petrolifere che, come i primi, non hanno rivelato la consistenza delle proprie scorte. Shell, per esempio, si è fatta prendere con le mani nel sacco avendo sopravvalutato del 23% l’ammontare delle sue riserve. I governi dei paesi consumatori sono vili, ben accordati tra loro e molto mal preparati ad affrontare questa situazione.

JPJ – In quanto tempo ci si ritroverà in una situazione di vera e propria scarsità?

EL – Dovrebbe essere chiaro: in poco tempo. Prendiamo il caso degli Stati Uniti: nonostante per molto tempo siano stati il primo produttore al mondo, hanno raggiunto il loro picco di produzione nel 1970. Oggi la produzione petrolifera Usa esiste appena. Il petrolio del Mare del Nord è scomparso. Prendiamo il caso dei paesi considerati effettivamente grossi produttori, per esempio l’Arabia Saudita – che presenta cifre false. Ma consideriamo anche la Russia. Tutte le cifre riguardanti la produzione petrolifera russa sono errate, si sa bene che bisogna dividerle minimo per due. Le cifre del declino petrolifero russo sono talmente gravi che Putin nel 2002 ha varato una legge che vieta di divulgare queste cifre, considerate alle stregua di un segreto di Stato. Quando si parla di alternative si parla spesso di Africa: le sue riserve rappresentano il 4,5% del consumo mondiale. E si potrebbe dire che in Africa non è escluso che ci siano, ma non ne siamo sicuri, 70 miliardi di barili – una cifra comunque molto dubbia. Ma supponiamo di contare davvero 70 miliardi di barili, sapete cosa vorrebbe dire tutto ciò? Questi 70 barili potrebbero equivalere a, diciamo, un paio d’anni in più di consumo mondiale. Serve essere seri. Oggi si continua a trovare petrolio, ma si tratta solo di piccoli giacimenti.

JPJ – Si parla di sabbie bituminose da cui si potrebbe estrarre petrolio, anche se i costi sarebbero notevoli. Ma l’oro nero c’è ancora?

EL – Sì, se ne può trovare. Ma il vero problema oggi è che è in corso un’esplosione della domanda con l’entrata nei mercati mondiali di paesi come la Cina, evidentemente divoratori d’energia. Il boom dei consumi coincide con un enorme e estremamente rapido declino della produzione. Basti pensare che, ormai, per sei barili di oro nero che ogni giorno vengono consumati nel mondo soltanto uno ne viene estratto.

JPJ – Dunque, si vive di riserve. Ma quanto tempo bisognerà attendere per giungere alla fine del petrolio? 25, 50 anni?

EL – La questione non va posta in questi termini. Si sta giocando col fuoco. Nel corso degli anni ci siamo incattiviti e abbiamo emarginato le Cassandre. Oggi, anche le organizzazioni più vicine al mondo petrolifero, riconoscono che in effetti stiamo per arrivare alla fine del petrolio. L’Agenzia Internazionale dell’Energia, che a lungo ha fatto vivere il mondo intero nell’ottimismo, oggi si esprime più realisticamente, facendo notare che nel 2010 il declino dei paesi non OPEC sarà totale. E non parliamo del caso della stessa OPEC, imbarazzante e ancora più grave…

JPJ – 2010… quindi ancora 3, 4 anni… Non si avrà neppure il tempo di tornare alla società industriale…

EL – Probabilmente andrà così. Non voglio sembrare catastrofista – non lo sono – ma potrebbe andare così. Anche l’Agenzia Internazionale dell’Energia dice che il petrolio è come un amante che un giorno ci lascerà e ci spezzerà il cuore. Quindi, dovremmo essere noi a lasciarlo prima. Sono buoni propositi, ma tardivi. È qui che la situazione mostra tutta la sua gravità, e dove personalmente inizio a criticare il mondo politico.
La verità nascosta sul petrolio è stato scritto per rivelare verità. Del resto, i giornalisti non sono fatti per piacere al potere, qualunque esso sia.

 

Fonte: AgoraVox
Traduzione a cura di Barbara Redditi per Nuovi Mondi Media