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Astenersi per decenza

di Luciano Fuschini - 12/05/2019

Astenersi per decenza

Fonte: Il giornale del Ribelle

 

I sondaggi in vista delle elezioni del parlamento europeo segnalano l’inversione del rapporto numerico fra M5s e Lega, a vantaggio della seconda, ma con un netto aumento di suffragi per il complesso dei partiti governativi rispetto alle elezioni politiche di un anno fa. Allora complessivamente raggiunsero una percentuale del 50%, ora sarebbero ben oltre.
La cosa è degna di nota per due motivi. Il primo è l’aumento di consensi nonostante la scarsità dei risultati. I provvedimenti legislativi e le manovre economiche hanno prodotto ben poco, la litigiosità fra i due partiti della maggioranza è crescente, il livello qualitativo della compagine governativa è evidentemente scadente. Il “sovranista” Salvini è andato a genuflettersi davanti a Netanyahu e avrebbe voluto riconoscere come legittimo presidente del Venezuela il fantoccio degli americani; nonostante il suo “populismo” vuole abbassare le tasse ai ricchi e promuovere le grandi opere inutili. M5s, messo alla prova del governo, ha manifestato tutte le sue incongruenze e i limiti di un gruppo dirigente mal selezionato. Eppure i consensi sono in crescita.
Il secondo è il fuoco di sbarramento di tutti i poteri compatti contro il governo. Non si era mai vista in Italia una simile potenza di fuoco contro un governo regolarmente eletto. Le istituzioni europee, il potere finanziario con i suoi ricatti e le sue agenzie di rating mobilitate contro i giallo-verdi, il fenomeno mai visto prima di sindacati confederali e Confindustria che indicono proteste antigovernative nella stessa giornata, in una solidarietà di intenti senza precedenti, la Chiesa che assume apertamente posizioni antigovernative, tutti i media schierati massicciamente contro il governo, dai giornali a tiratura nazionale fino ai vari TG e ai tanti talk-show: conduttori e conduttrici letteralmente scatenati contro gli esponenti governativi, interviste che sono aggressioni. Fra i giornali della carta stampata, solo Il Fatto assume posizioni più benevoli, ma solo verso uno dei partiti della maggioranza, M5s.  Eppure i consensi sono in crescita.
Le conclusioni sono obbligatorie: l’elettorato non si fa più condizionare in modo decisivo dalla grande stampa e dalle emittenti televisive, avendo capito che la loro è soltanto propaganda di regime; inoltre c’è un diffuso terrore che possano tornare quelli di prima, i Berlusconi, i Prodi, i Monti, i Renzi, i Letta, i Gentiloni, ora con le fattezze di una totale nullità come Zingaretti o di un “competente” come Draghi.
Un simile imponente schieramento di poteri contro il governo dovrebbe suggerire di votare per i partiti della maggioranza. Infatti il voto è sì inutile ai fini del cambiamento delle politiche europee, dato che il parlamento di Strasburgo ha poteri limitati e i Trattati istitutivi dell’UE sono una gabbia di acciaio, essendo modificabili solo con voto unanime, ovviamente impensabile, ma può avere un impatto sugli equilibri politici nazionali. Purtroppo il livello generale del confronto è talmente basso, anche da parte governativa, che chi è ancora sensibile ai richiami della decenza fatica a schierarsi.
Uno degli aspetti più incresciosi, se non addirittura angosciosi, della temperie culturale odierna, è l’annullamento della memoria storica. Perfino i fatti di pochi anni fa sono completamente rimossi, in un modo tale da lasciare allibiti. Pensiamo alla polemica rovente sulla chiusura dei porti all’immigrazione senza regole. Soltanto una ventina di anni fa un governo di centro-sinistra, presieduto da Prodi e con Napolitano ministro degli interni, decise la chiusura dei porti per bloccare l’afflusso continuo di albanesi. La misura fu approvata da tutti. Si trattava di stroncare un traffico di esseri umani su cui speculavano mafie e scafisti senza scrupolo. Si trattava di esercitare il più elementare dei compiti di chi governa: difendere i confini, dato che gli statisti non sono tenuti a caricarsi dei mali dell’umanità ma sono tenuti a proteggere la propria nazione. In quel contesto accadde persino che una nave della marina militare italiana speronasse e affondasse un barcone carico di migranti. Cosa si direbbe se succedesse oggi? Ebbene, nessuno ricorda quel precedente. Se a sinistra lo si ricordasse, ci sarebbero imbarazzo e pudore che impedirebbero di blaterare di razzismo e fascismo. Se a destra lo si ricordasse, Salvini e i suoi consiglieri avrebbero buon gioco a far tacere gli oppositori. Se vescovi e cardinali lo ricordassero e consigliassero il papa, gli eviterebbero figuracce. La realtà è che anche quei fatti recentissimi sono stati cancellati nell’azzeramento di tutto ciò che abbia un qualche spessore storico e ideologico.
L’accordo con la Cina per la Via della Seta, una delle poche cose buone decise dal governo giallo-verde, quasi tutte per iniziativa di M5s, ha fatto scoprire l’inusitato patriottismo dei tanti preoccupati di finire catturati dall’imperialismo cinese. Fra i grandi media e i capi dei maggiori partiti, nessuno che abbia rilevato che la potenza che tiene centinaia di basi militari all’estero non è la Cina; nessuno che abbia rilevato che l’unico Paese invaso dalla Cina è stato il Tibet, che per secoli fu provincia cinese; nessuno che abbia rilevato che la Cina non ha mai sottoposto a sanzioni alcuno Stato, praticando coerentemente la politica della non ingerenza negli affari interni degli altri Paesi. C’è stato un coro di esternazioni indignate per il rischio che i cinesi possano spiarci attraverso il sistema 5G. Nessuno che abbia ricordato che pochi anni fa fu svelato che il sistema Echelon, gestito da GB e USA, spiava il mondo intero, perfino il cellulare privato di Angela Merkel.
Se si è dimenticato qualcosa di tanto recente, figuriamoci se qualcuno sarà in grado di riproporre quello che dicevano negli anni ’50, all’inizio del processo di unificazione europea, Togliatti e Di Vittorio, il capo indiscusso dei comunisti italiani e il leader sindacale più prestigioso. Chiamavano il popolo alla lotta contro l’europeismo, perché l’Europa che si voleva fondare sarebbe stata dominata dalla finanza e dal grande capitale, che avrebbero approfittato delle istituzioni sovrannazionali per svuotare di contenuto le Costituzioni nazionali e le conquiste dei lavoratori. Questo sostenevano i capi della sinistra quando la sinistra era ancora una cosa seria e non un’emanazione dei Pannella e delle Bonino. Sarebbe vano illudersi che quelle parole, profetiche, abbiano oggi una qualche risonanza. Altrettanto vano sarebbe illudersi che qualcuno metta all’ordine del giorno quella che è la vera emergenza: il processo di estinzione della nazione italiana, e non solo per motivi demografici.
Visto il livello delle formazioni politiche e culturali, governative e dell’opposizione, decenza vuole che ci si astenga dal voto, finché la forza delle cose non faccia delineare un partito all’altezza dei tempi. Noi che siamo stati attratti dal “destro” Alain de Benoist, dai marxisti Jean Claude Michéa e Costanzo Preve, dall’anti-moderno Massimo Fini, abbiamo sognato un’Europa delle regioni, autonoma, ben armata e largamente autarchica. Ammettiamo pure che non è una prospettiva praticabile, nemmeno nel medio termine. Allora non ci resta che aspettare che la forza delle cose renda consistente una formazione politica sovranista e statalista. Sovranismo da intendere non come il nazionalismo che si esalta coi miti del sangue e del suolo ma come recupero della piena indipendenza. Statalismo non come collettivismo e centralizzazione burocratica ma come controllo e regolamentazione dei poteri pubblici su economia e finanza, ai fini di una più giusta distribuzione dei beni e di una razionalizzazione dei processi produttivi. Il nemico non è un fantomatico fascismo ma il ben più presente e opprimente liberalismo.
Fino a quando quest’attesa non sarà soddisfatta, astenersi dal voto resta l’opzione da prendere a malincuore ma pressoché obbligata.