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Pechino: si è chiuso il summit Cina-Africa

di Irene Panozzo - 08/11/2006

Fonte: lettera22

 

Dal 3 al 5 novembre i più alti rappresentanti dei 48 paesi africani che hanno relazioni diplomatiche con la Cina popolare si sono incontrati a Pechino, per il summit del Forum della cooperazione Cina-Africa

L’Africa è sbarcata a Pechino. E lo ha fatto in grande stile, accolta a braccia aperte dagli amici cinesi. Il 4 e 5 novembre, i capi di stato e di governo dei 48 paesi africani che hanno relazioni diplomatiche con la Cina popolare si sono riuniti nella capitale cinese tirata a lucido per partecipare al summit del Forum per la cooperazione tra Cina e Africa (Focac), organismo creato nel 2000 e da allora impegnato a promuovere le relazioni economiche, politiche e culturali tra l’Impero di mezzo e il continente africano.

L’incontro, preceduto venerdì dalla terza conferenza interministeriale dei paesi membri del Focac, ha definitivamente confermato il 2006 come anno della Cina in Africa. E non è un caso che Pechino abbia scelto proprio quest’anno per dare nuova linfa e pubblicizzare in pompa magna la sua strategia di penetrazione nel continente. Quest’anno infatti ricorrono i cinquant’anni dall’apertura delle prime relazioni diplomatiche bilaterali tra la Cina comunista e un paese africano, l’Egitto. Una ricorrenza che è diventata quasi un simbolo che permette a tutti, in Cina come in Africa, di dipingere l’esplosione della presenza cinese nel continente solo come la naturale evoluzione di una cooperazione Sud-Sud iniziata molti anni fa.

Il richiamo alla cinquantennale storia delle relazioni sino-africane era stato messo nero su bianco nel “libro bianco” sulla politica cinese nei confronti dell’Africa che il governo di Pechino aveva pubblicato a metà gennaio. Una mossa già di per sé estremamente rilevante (Pechino aveva fatto altrettanto solo per quel che riguarda la sua politica europea), che aveva subito attirato l’attenzione nei confronti di un fenomeno, «la penetrazione gialla nel continente nero», iniziata alla chetichella una decina di anni fa.

Nel suo discorso alla cerimonia di apertura del summit, sabato mattina, il presidente cinese Hu Jintao ha ripreso l’argomento. “Nei cinque decenni passati, i popoli di Cina e Africa hanno creato una forte unità e la nostra amicizia ha prosperato”, ha detto Jintao, ricordando poi il sostegno cinese alle lotte di liberazione africane, l’appoggio dato dai paesi africani alla Repubblica popolare per la “conquista” del seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu e la costruzione negli anni Sessanta della ferrovia Tanzara, la “ferrovia della libertà” che collega la Tanzania alla Zambia, fortemente voluta da Mao e diventata poi un simbolo ancora vivo nell’immaginario collettivo cinese della cooperazione con l’Africa.

Il richiamo delle passate fortune del rapporto Cina-Africa non è stato certo fine a se stesso. È servito come rincorsa per il salto finale, le proposte concrete che la Cina ha offerto su un piatto d’argento agli amici africani. A cui Jintao è arrivato con un’ulteriore premessa: “Cina e Africa condividono crescenti interessi comuni. La creazione di un nuovo tipo di partnership strategica tra Cina e Africa è determinata dalle dinamiche della cooperazione sino-africana e rappresenta il nostro desiderio a promuovere pace e sviluppo globali”.

Per ottenere questi risultati, la ricetta di Jintao si articola in poche, chiare mosse, da realizzare nei prossimi tre anni: raddoppiare gli aiuti dati all’Africa nel 2006; offrire 3 miliardi di dollari in prestiti preferenziali e altri 2 miliardi in crediti all’acquisto; creare un fondo di sviluppo Cina-Africa di 5 miliardi di dollari per incoraggiare le compagnie cinesi a investire in Africa; cancellare il debito dei paesi altamente indebitati e/o meno sviluppati; portare a 440, dalle 190 attuali, le merci africane che possono entrare in Cina senza dazi; creare dalle tre alle cinque “zone di cooperazione commerciale ed economica” in Africa; e addestrare 15mila professionisti africani nei settori agricolo, culturale e medico, con una particolare attenzione alla lotta alla malaria.

Mentre Jintao apriva i lavori del summit presentando questo interessante menu, il premier cinese Wen Jiabao faceva altrettanto alla parallela Conferenza degli imprenditori cinesi e africani. In questo caso, il piatto più stuzzicante per il fine palato dei presenti è stato un altro: la promessa cinese di portare il volume commerciale tra Cina e Africa a cento miliardi di dollari entro il 2010, con un cospicuo incremento rispetto ai già notevoli 39,7 miliardi di dollari registrati nel 2005.

Dati e promesse concrete, quindi, che i leader africani hanno prontamente accolto e che sono stati tradotti nella dichiarazione finale del summit, letta da Jintao, dal premier etiope Zenawi e dal presidente egiziano Mubarak (che ospiterà il prossimo incontro nel 2009), nei concetti più astratti di “uguaglianza politica e fiducia reciproca, cooperazione economica e scambi culturali”, su cui si basa il “nuovo tipo di partnership strategica tra Cina e Africa”.