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Misticismo sessuale o erotico

di Vajra Karuna - 08/11/2006

 


Un'analisi storica del misticismo sessuale nelle varie tradizioni. Come mai alcune religioni accettano la sessualità e altre no? Perché nella cultura dello Zen, a differenza dell'induismo e del buddismo nelle loro forme tantriche, il misticismo erotico si è poco sviluppato? Quali differenze tra il cristianesimo protestante e quello cattolico nei confronti della sessualità?

 

 

 

 

L’erotismo è ciò che una persona trova sessualmente interessante, al punto di venirne più o meno eccitata. È qualcosa con cui può avvenire una forte identificazione e attraverso il quale il desiderio sessuale può venire canalizzato, sia direttamente (in modo orgasmico) che indirettamente (in modo non orgasmico).

Le religioni più associate al misticismo sessuale sono l’induismo e il buddismo (entrambi di origini indiane), nelle loro forme tantriche. Nella cultura dell’Asia orientale, dove si sviluppò lo zen, il misticismo erotico era poco sviluppato. I motivi principali di ciò sono due. Innanzitutto, nell’etica confuciana che domina tutta la cultura est-asiatica, la relazione fondamentale non è quella tra marito e moglie, come in occidente o in India. Essa è soprattutto quella tra genitore e figlio, poi tra insegnante e alunno, quindi tra fratelli e solo alla fine tra coniugi. Il risultato di questa subordinazione del vincolo coniugale è che in nessuna cultura dell’Asia orientale esiste l’immagine dell’anima comunitaria o individuale come della sposa di Dio. Ciò colloca la relazione sessuale in una posizione subalterna. Se nella società est-asiatica si crea un forte legame all’esterno della famiglia natale, ciò avviene nella relazione studente-insegnante, che si ritiene non debba avere nulla di sessuale.

Secondo: dopo il confucianesimo, il sistema di pensiero più influente nella cultura dell’Asia orientale è il buddismo; questo sistema, essendosi sviluppato da una tradizione monastica, subordina anch’esso la sessualità, in questo caso alla relazione del sé con il sé. Ciò si manifesta nell’importanza assegnata alla meditazione. Oltre a questo, vi è il fatto che il buddismo preferisce la compassione all’amore. Tutti questi fattori hanno fatto sì che la presenza del misticismo erotico nella normale tradizione zen fosse minima.

Per comprendere meglio l’assenza dell’erotismo nella tradizione zen, è necessario dare un’occhiata a quelle tradizioni con caratteristiche erotiche più o meno manifeste. Esse non includono soltanto l’induismo tantrico (shaktismo) e buddista (vajrayana), ma anche il cristianesimo cattolico e, fino a un certo punto, il sufismo musulmano. Nelle tradizioni tantriche anche l’erotismo meramente simbolico è assai manifesto, mentre nelle tradizioni cattoliche o sufi è quasi sempre più celato.

Ognuna di queste tradizioni erotiche ha una cosa in comune: tutte ritengono che la salvezza può essere raggiunta solo grazie a una verità magica o esoterica trasmessa da un’elite religiosa. Esempi di questa elite sono il guru, il lama, il prete o l’imam. Solo questi specialisti religiosi vengono ritenuti in possesso di un accesso diretto al Divino. In più, ognuno di essi ha l’esclusiva autorità o capacità di concedere agli altri questo accesso attraverso sacramenti esoterici decretati dalla divinità, o tramite cerimonie di investitura.

Infine, in ognuna di queste tradizioni rituali esoteriche c’è un elemento di puritanesimo e/o di celibato, che serve a mistificare ulteriormente tali tradizioni. Queste tradizioni esoteriche possono paragonarsi a quelle prive di qualsiasi caratteristica esoterica e anche di un erotismo manifesto. Tra queste, vi sono l’induismo e il buddismo non-tantrici, il cristianesimo protestante, l’islam non-sufista e l’ebraismo.

Contrariamente alle tradizioni esoteriche o erotiche di cui sopra, quasi tutte le forme di induismo e buddismo, così come il cristianesimo protestante e l’islam, offrono a ciascun membro della propria tradizione un certo grado di accesso diretto, o non mediato dal clero, al processo della salvezza. Tale accesso, di solito, avviene attraverso mezzi non-sacramentali, non-magici e non-esoterici. Inoltre, mentre ognuna di esse presenta un elemento di puritanesimo e, nel caso del buddismo, anche di celibato, la mancanza di qualsiasi esoterismo sacramentale riduce grandemente la possibilità di mistificare questo elemento casto-puritano.

Nella tradizione zen esiste un certo grado di esoterismo nella relazione maestro-studente. Comunque, questo elemento esoterico è facilmente contraddetto, o addirittura sabotato, dal fattore dell’illuminazione istantanea e accidentale, che schiude il processo dell’illuminazione anche al non-iniziato. Inoltre lo zen, mentre ha sempre assegnato grande valore alla sua tradizione monastica, ha cercato (alle volte con successo, altre volte no) di evitare la condanna della sessualità laica. Il successo del movimento zen in Cina, infatti, fu parzialmente dovuto al fatto che offriva ai laici e ai monaci le stesse opportunità di illuminazione. Questo, naturalmente, voleva dire che lo zen non riteneva la sessualità un ostacolo all’illuminazione, in tal modo riducendo al minimo qualsiasi elemento puritano.

La maggior parte delle tradizioni spirituali, monastiche o no, comprende l’importanza che il sesso ha per gli esseri umani. Perciò, anche le religioni più puritane hanno dovuto tollerare controvoglia, almeno dal punto di vista teorico, il legame tra marito e moglie. Tali tradizioni potrebbero persino trovare vantaggioso mistificare questo legame santificandolo con il sacramento del matrimonio. Ciononostante, lo scopo ultimo di questa santificazione religiosa della sessualità, nelle tradizioni esoteriche puritane, è limitare rigidamente l’espressione della sessualità laica. In altre parole, la loro mistificazione della sessualità non è una sana accettazione della sessualità comune o puramente mondana. Piuttosto, è poco più di un’accettazione di ciò che considerano un male necessario, e un tentativo di renderlo innocuo istituzionalizzandolo. Il cristianesimo è certamente una religione che considera il sesso, al massimo, come un male necessario, ma per una ragione molto simile altrettanto fa il buddismo tantrico.

Può sembrare contraddittorio considerare puritano il buddismo tantrico, specialmente da quando molti occidentali ritengono il tantrismo un modo di integrare il sesso nella religione, cosa che la tradizione giudeo-cristiana trova difficile. Ma la verità è che il tantrismo, anche nella variante apertamente sessuale “della mano sinistra”, può essere puritano quanto molte forme di buddismo non-tantrico. Questo, a sua volta, può renderlo piuttosto omofobico. Credere, come fa il tantrismo, che il sesso ha bisogno di essere giustificato elevandolo a tecnica spirituale, non è meno puritano del sostenere che esso è legittimato solo da fini riproduttivi. Solo quando il sesso è accettato in e per se stesso, e non per qualche intento più spirituale o socialmente accettato, si può parlare di un atteggiamento autenticamente non-puritano verso il sesso, e quindi anche non-omofobico.

Il più recente e chiaro esempio dell’atteggiamento puritano e omofobico del tantra si può trovare nell’affermazione di Sua Santità il Dalai Lama resa nel maggio 2001. Dopo una lunga discussione sull’argomento, specialmente con i suoi seguaci gay, Sua Santità ha concluso che qualsiasi attività sessuale diversa dall’incontro dei genitali maschili e femminili è una “cattiva condotta sessuale”, perché gli organi sessuali sono stati creati per la riproduzione. Naturalmente, il Dalai Lama, tecnicamente, parla solo per la sua particolare scuola di buddismo tibetano, la gelukpa. Alcuni leader di una o più delle altre scuole vajrayana in passato hanno avuto un atteggiamento più positivo verso l’omosessualità. Ciononostante, le scuole tibetane sono riluttanti a sfidare apertamente le parole del Dalai Lama, perché la gelukpa è la scuola più grande e importante, e perché le parole del Dalai Lama influenzano in varia misura ognuna di esse.

Lo zen, al contrario del tantrismo, considera in genere la sessualità semplicemente come una parte del mondo naturale. Questo si vede soprattutto nella tradizione nota come lo “zen del filo rosso”. Per tale ragione, lo zen non ha motivo di considerare la sessualità in modo esoterico o eroticamente mistico. L’assenza del misticismo sessuale è una delle ragioni per cui lo zen, una volta privato del sessismo confuciano o taoista, può considerarsi non-puritano e non-omofobico. Allo stesso tempo, questo non vuol dire che lo zen nega la componente religiosa o spirituale nella sessualità di una persona. Poiché i desideri sessuali, sebbene essenzialmente buoni, possono a volte diventare eccessivamente egoisti, è possibile che vengano usati per sfruttare gli altri. Portare nella sessualità i tradizionali precetti buddisti secondo cui non bisogna nuocere, mentire o ingannare gli altri, dovrebbe aiutare a evitare questo sfruttamento. Ma il modo con cui lo zen nobilita la sessualità è soprattutto ricordando che entrambi i partner sono dei Buddha.

Rev. Vajra è un insegnante di Zen Dharma all’International Buddhist Meditation Center, www.ibmc.info, per gentile concessione.
Traduzione di Gagan Daniele Pietrini.
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Traduzione: Gagan Daniele Pietrini