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Il made in Italy: stanno parlando di un paese nel quale voi, semplicemente, non abitate.

di mazzetta - 04/12/2006

 
 

Nei tempi liberisti che ci tocca di vivere, la salute ha smesso di essere un bene comune per diventare una voce di bilancio. Governo centrale e Governatori locali fanno a gara nel lamentarsi dell’insostenibilità del costo, come fosse un ramo secco d’azienda da potare e, sulla messa in ordine dei suoi conti, piovono dibattiti a mano armata. Mai che si vada a vedere quanto più che la salute – siano i suoi cosiddetti manager il costo insopportabile che tutti noi affrontiamo. In una recente puntata di Report, persino i sindacalisti di un ospedale romano rispondevano indifferenti alle domande che un giornalista poneva loro su gravissime questioni riguardo al malcostume che ha ormai travolto l’inquadramento degli operatori nel loro ospedale. Sintetizzando la questione, succede che nell’ospedale romano oggetto dell’inchiesta del programma Rai (ma sarebbe meglio dire in quasi tutti gli ospedali ed enti pubblici) è ormai in vigore un vero e proprio racket del lavoro che impone retribuzioni miserrime ai lavoratori a fronte di un costo altissimo delle loro prestazioni per la sanità pubblica. Tutto accade perché grazie alle leggi per la flessibilità del lavoro, all’apparizione sulla scena delle cosiddette cooperative sociali e alla complicità di molti, si è instaurato un fenomeno di caporalato istituzionalizzato.

Eppure ci avevano raccontato meraviglie della flessibilità, per anni molti soloni hanno vantato i vantaggi e le economie derivanti dalla esternalizzazione, un neologismo che significa appaltare ad altri soggetti quello che normalmente farebbero i dipendenti di un’azienda. Flessibilità della forza lavoro ed esternalizzazioni di funzioni diverse dal “core business” (l’oggetto sociale, nel caso degli ospedali la cura dei pazienti) dovrebbero consentire economie, maggiore competitività e una migliore concentrazione sulla mission delle aziende. Lasciando da parte la competitività (e l‘utilizzo di termini inglesi a depistare chi non conosca la lingua), che ovviamente non entra in gioco nel caso di un ospedale pubblico o di altre attività della funzione pubblica, il servizio di Report ci ha dimostrato con la forza dei numeri che, quando si parla di aziende pubbliche, non esiste alcuna economia e che la mission è messa addirittura in pericolo dallo stato di cose che si è venuto a creare.

Succede quindi che il nosocomio romano appalti prestazioni d’opera all’esterno senza conseguire alcun vantaggio, ma pagando in realtà molto di più le stesse prestazioni che potrebbe ottenere assumendo i lavoratori che gli sono necessari. Ovviamente questo non può avvenire senza una rete di connivenze che vanno dai vertici della sanità pubblica, passano per quelli dell’INPS, dei sindacati e infine franano rovinosamente sulle vite dei lavoratori e sui bilanci dello Stato. Non per niente la sanità pesa sul bilancio della Regione Lazio per circa il 70%.
Nessuno degli intervistati da Report è riuscito a spiegare perché si permetta l’esistenza di un meccanismo per il quale ad un costo del lavoro (da contratto nazionale) per operatore di 9€, la Regione Lazio paghi alle cooperative sociali 12€ e al lavoratore ne finiscano 7€. Conti approssimativi, ma il rapporto tra le grandezze è quello. Neanche a seguito del servizio si è trovato un politico o un funzionario in grado di sollevare il problema, che rimane per ora lettera morta.

A peggiorare il quadro emerge che le cooperative sociali oltre a lucrare indebitamente cifre da inchiesta, mettono in atto tutta una serie di comportamenti semplicemente delinquenziali ai danni dei loro soci-lavoratori. La mortalità societaria di queste cooperative è infatti molto elevata, tanto da far sospettare che sia strumentale. Le cooperative inoltre, ha dimostrato Report, spesso non pagano i contributi previdenziali, sottopagano regolarmente i lavoratori che, per il fatto di essere soci, si trovano nell’ingrata posizione di chi non può godere dei diritti fondamentali quali le ferie, la malattia e le altre indennità che spettano ai colleghi che lavorano loro accanto nell’ospedale (con un costo minore per la struttura) e che sono regolarmente assunti come dipendenti.

Queste non troppo fantomatiche cooperative sono equamente distribuite tra bianchi, rossi ed azzurri ed è evidente a chiunque che la situazione abbia potuto deteriorarsi a tal punto solo grazie alle complicità di un sistema nel quale tutti hanno un loro tornaconto, tranne i lavoratori ed il bilancio pubblico.
Senza complicità a diversi livelli non sarebbe possibile per l’ospedale contrattualizzare forniture di lavoro a prezzi superiori a quelli del CCNL, non sarebbe possibile per le cooperative operare in un regime che non ha nulla a che fare con le norme che regolano l’impresa cooperativa; pagare il lavoro molto meno di quanto previsto dal CCNL; non versare i contributi, estinguersi e poi risorgere più belle che pria dopo aver tirato il pacco all’INPS; esistere in virtù di organi sociali che non si riuniscono mai e in capo a titolari misteriosi dei quali nessuno sa nulla e che non appaiono da nessuna parte. Non sarebbe neppure possibile che una cooperativa con centinaia di soci sia priva di un indirizzo, di una sede sociale, oppure che questa migri in continuazione per la città, addirittura localizzandosi presso i locali di inconsapevoli clienti.

A fronte di una tale massa di irregolarità e di veri e propri reati evidenti, il servizio televisivo ci ha mostrato solo una solitaria signora dei Cobas, peraltro combattiva, che coglieva l’occasione per ribadire quanto da anni denuncia e i lamenti di alcuni soci-lavoratori (dai volti oscurati per evitare che vengano colpiti da rappresaglie); il resto è stato uno spettacolo da basso impero. I funzionari pubblici interrogati, fatto salvo quello del Ministero del Lavoro che riconosceva le irregolarità rilevate, hanno fatto una magra figura, ma sono stati i rappresentanti dei sindacati confederali a sconcertare.

La situazione evidenziata da Report non è una novità di questi giorni, ma si trascina da anni ed è ben conosciuta. E’ conosciuta dai lavoratori, dai sindacati e anche dagli amministratori pubblici. Ora, visto che nessuno di questi tre soggetti in apparenza ci guadagna (nemmeno il sindacato che perde potenziali iscritti e non cerca nemmeno di recuperarli sindacalizzando i “precari”ospedalieri), verrebbe da chiedersi il perché di una tale catena di omissioni, distrazioni, silenzi e anche peggio al fine di favorire soggetti ufficialmente sconosciuti, quelli che alla fine incassano i guadagni illecitamente conseguiti dalle cooperative sociali. Tafazzismo esasperato? Allucinazioni collettive imposte attraverso l’ipnosi o droghe sconosciute? Ignoranza così diffusa da rendere facilmente truffabili decine di funzionari?

La realtà sicuramente custodisce una verità diversa, nelle quale probabilmente una fitta rete di connivenze assicura vantaggi (in denaro o alte utilità) a tutti quelli che nominalmente non incassano un euro e che non vedono, non sentono e non parlano, anche se sono ufficialmente pagati per controllare, ascoltare e denunciare quello che non funziona negli ospedali e negli enti pubblici. Una connivenza che ruba il denaro pubblico e, grazie alla possibilità di assicurarsi la mediazione ed il controllo sulla fornitura della merce-lavoro, taglieggia, opprime e sfrutta cittadini-lavoratori che diventano soggetti sottopagati e privati dei diritti riconosciuti dalle leggi in vigore.

Reti del genere pervadono, nel nostro paese sicuramente, la complicità di tutti, tanto che nessuno ha reagito al servizio di Report. Forse reagirà la magistratura, visto che il servizio evidenziava la commissione di parecchi reati, ma anche quando questa dovesse intervenire potrà solo colpire le singole situazioni; colpire relativamente, visto che gran parte dei suddetti reati sono compresi nel recente provvedimento di indulto.

Un pessimo stato di cose accettato da tutti gli affluenti alla classe dominante, questo è bene sottolinearlo. Non è solo la politica che non reagisce a questi scandali, ma anche l’imprenditoria nostrana, che su queste storture del sistema ha lucrato guadagni immensi negli ultimi anni si segnala per la sua connivenza. Connivenza rafforzata da fior di intellettuali che fanno da megafono alle più colossali sciocchezze mentre ignorano la tragica situazione che pervade il piano della realtà. E che dire dei grilli parlanti che dai quotidiani di Confindustria catechizzano le folle e raccolgono il plauso di fior di “riformisti” e politici?

Pensate a Ichino e alle sue tirate contro i dipendenti pubblici fannulloni, o ancora al “geniale” Giavazzi che suggerisce di risolvere i problemi dell’università pubblica facendola pagare ai genitori degli sventurati che ancora hanno il coraggio di provare a darsi un’istruzione imboccando le porte di un girone dantesco fatto di baronie, offerte didattiche inconsistenti e deliri burocratici, comunque molto costosi. Pensate a quante volte avete sentito parlare di competitività dai nostri imprenditori nonostante in Germania, ad esempio, il costo del lavoro del lavoro sia più alto, così come maggiore è il famoso “cuneo fiscale”, mentre i prezzi al consumo sono più bassi e di conseguenza il potere d’acquisto per i lavoratori è maggiore.

Infine unite a queste considerazioni quella per la quale le imprese tedesche sono molto più competitive di quelle italiane e quella sulla finanziaria che, riducendo il “cuneo fiscale”, ha destinato gli spiccioli ai lavoratori e la maggior parte dei soldi alle imprese che negli ultimi hanno fatto il record di utili e che ha evitato di pagare molte tasse grazie ai condoni e ad artifici simili, mentre le retribuzioni e le tutele per i lavoratori sono scese in picchiata fin sotto la soglia minima necessaria alla sopravvivenza.

Quale che sia la risposta che vi darete, ricordatevi di questa riflessione quando vedrete Montezemolo sproloquiare da uno dei tanti palchi che ha a disposizione, o qualche astuto politico parlare di sacrifici necessari per il bene del paese. Forse allora vi verrà in mente che stanno parlando di un paese nel quale voi, semplicemente, non abitate.