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I vantaggi del sistema federale

di Alexis de Tocqueville - 04/12/2006

 

 

 

Presso le piccole nazioni, l'azione dello stato si fa sentire ovunque; lo spirito di miglioramento discende fino ai minimi particolari: il popolo, essendo a causa della sua debolezza, poco ambizioso, rivolge quasi tutti i suoi sforzi e le sue risorse verso il benessere interno invece di dissiparli in vani fumi di gloria. Inoltre, essendo le facoltà dei singoli necessariamente limitate, egualmente limitati sono i loro desideri. La mediocrità delle fortune rende le condizioni quasi eguali e dà ai costumi un carattere semplice e tranquillo. Così, nel complesso e tenuto conto dei diversi gradi di moralità e di cultura, si trova ordinariamente nelle piccole nazioni maggiore agiatezza, popolazione e tranquillità che nelle grandi.

La tirannide, quando si stabilisce nel seno di una piccola nazione, è più incomoda che altrove perché‚ agendo in una cerchia più ristretta, si estende entro di essa a tutto e, non potendo appigliarsi a qualche grande scopo, si occupa di una moltitudine di piccole cose, mostrandosi insieme violenta e litigiosa. Dal mondo politico, che è più propriamente il suo dominio, penetra nella vita privata: dopo le azioni, aspira a regolare i gusti; dopo lo stato, vuole governare le famiglie. Ma ciò avviene raramente, poiché la libertà forma, a dire il vero, la condizione naturale dei piccoli stati. Il governo infatti non offre una grande esca alle ambizioni, le risorse private sono troppo limitate perché‚ il potere sovrano possa concentrarsi facilmente nelle mani di uno solo, e, anche se questo avvenisse, non è difficile ai governati unirsi e rovesciare con uno sforzo comune il tiranno e la tirannide.

Le piccole nazioni sono dunque sempre state la culla della libertà politica ed è avvenuto che molte di esse abbiano perduto la libertà ingrandendosi, ciò che mostra chiaramente quanto questa libertà dipendesse più dalla piccolezza del popolo che dal popolo per se stesso.

La storia del mondo non ci dà l'esempio di una grande nazione che sia restata molto tempo repubblica, il che ha fatto dire a qualcuno che la cosa è impossibile. Per parte mia, penso che sia molto imprudente per l'uomo voler limitare le possibilità e giudicare l'avvenire, quando gli sfuggono ogni momento il reale e il presente, e si trova continuamente e improvvisamente sorpreso nelle cose che meglio conosce. Quello che si può dire con certezza, e che l'esistenza di una grande repubblica sarà sempre infinitamente più esposta al pericolo di una piccola.

Tutte le ambizioni fatali alle repubbliche ingrandiscono con l'estendersi del territorio, mentre non si accrescono nella stessa misura le virtù che le devono combattere.

L'ambizione dei privati aumenta con la potenza dello stato; la forza dei partiti con l'importanza dello scopo che si prefiggono; mentre l'amore della tare contro queste passioni distruttrici, non è più forte in una grande repubblica che in una piccola. Sarebbe anzi facile provare che esso meno sviluppato e meno potente. Le grandi ricchezze e le profonde miserie, le metropoli, la depravazione dei costumi, l'egoismo individuale, la complicazione degli interessi, sono altrettanti pericoli che si accrescono con la grandezza dello stato.

Parecchie di queste cose non nuocciono affatto all'esistenza di una monarchia, qualcuna anzi può concorrere alla sua durata. D'altra parte, nelle monarchie, il governo ha una forza che gli è propria, si serve del popolo, ma non dipende da lui; più il popolo è grande, più il principe è forte, invece il governo repubblicano non può opporre a questi pericoli che l'appoggio della maggioranza. Ora questo elemento di forza è meno potente, fatte le dovute proporzioni, in una repubblica vasta che in una piccola. Così, mentre i mezzi di attacco aumentano senza tregua di numero e di potere, la forza di resistenza resta eguale. Anzi si può dire che essa diminuisce, poiché più il popolo è numeroso, più la natura dei suoi interessi e del suo spirito si diversifica, e più, in conseguenza, è difficile formare una maggioranza compatta.

Si è potuto inoltre notare che le passioni umane aumentano di intensità, non solo con la grandezza dello scopo da raggiungere, ma anche con la moltitudine degli individui che insieme le sentono. Non vi è nessuno che non si sia sentito più commosso in mezzo a una folla agitata che condivideva la sua passione, che se fosse stato solo a provarla. In una grande repubblica, le passioni politiche divengono irresistibili, non solo perché l'oggetto da raggiungere è grandissimo, ma anche perché milioni di uomini le provano allo stesso modo e nello stesso momento.

Sarà dunque lecito affermare, in linea generale, che niente è più contrario al benessere e alla libertà degli uomini che gli imperi troppo grandi. I grandi stati offrono tuttavia vantaggi particolari che bisogna riconoscere.

Così come il desiderio del potere vi è più ardente che altrove fra gli uomini volgari, l'amore della gloria vi è anche più sviluppato in alcune anime, che trovano nel plauso di un gran popolo un fine degno dei loro sforzi, e adatto ad innalzarle al disopra di se stesse. Il pensiero riceve in ogni cosa un impulso più rapido e più potente, le idee circolano più liberamente, le metropoli sono vasti centri intellettuali in cui vengono a risplendere e a combinarsi tutti i raggi dello spirito umano: questo fatto ci spiega perché le grandi nazioni facciano fare alla civiltà progressi più rapidi che le piccole. Bisogna aggiungere ancora che le scoperte importanti esigono spesso uno sviluppo di forza nazionale di cui il governo di un piccolo popolo è incapace; mentre, presso le grandi nazioni, il governo ha idee più vaste e si libera in modo più completo dall'andazzo dei precedenti e dagli egoismi locali. Esso è insomma più geniale nelle concezioni, più ardito nell'azione.

Il benessere interno, inoltre, è più completo e diffuso nelle piccole nazioni solo finché esse si mantengono in pace, poiché lo stato di guerra è per loro assai più dannoso che per le grandi, presso le quali la lontananza delle frontiere permette talvolta alla massa del popolo di restare per secoli lontana dai pericoli, in modo che la guerra è per essa una causa di disagio, ma non di rovina.

Si presenta infine, in questa materia, come in molte altre, una considerazione che domina tutto il resto: quella della necessità.

Se al mondo non ci fossero che piccole nazioni, l'umanità sarebbe sicuramente più libera e felice; ma non si può fare in modo che non vi siano grandi nazioni, le quali introducono nel mondo un nuovo elemento di prosperità nazionale: quello della forza. Cosa importa che un popolo presenti l'immagine dell'agiatezza e della libertà, se è continuamente esposto ad essere devastato o conquistato? Che importa che esso sia industrioso e commerciante, se un altro popolo domina i mari e detta legge in tutti i mercati? Le piccole nazioni sono spesso povere non perché sono piccole, ma perché sono deboli; le grandi prosperano non perché sono grandi ma perché sono forti. La forza è dunque spesso per le nazioni una delle prime condizioni della prosperità e anche dell'esistenza. Da ciò deriva che, tranne particolari circostanze, le piccole nazioni finiscono sempre per essere violentemente riunite alle grandi, quando non lo fanno esse stesse spontaneamente. E non trovo una situazione più deplorevole di quella di un popolo che non può difendersi né bastare a se stesso.

Allo scopo di riunire i diversi vantaggi risultanti dalla grandezza e dalla piccolezza delle nazioni è stato creato il sistema federale.

Basta osservare un momento gli Stati Uniti di America per scorgere tutti i beni che essi traggono dall'adozione di questo sistema.

Presso le grandi nazioni accentrate, il legislatore è obbligato a dare alle leggi un carattere uniforme che non tiene conto della diversità dei luoghi e dei costumi; ignaro dei casi particolari, non può procedere che con regole generali; gli uomini sono dal canto loro obbligati a piegarsi alle necessità della legislazione, poiché‚ la legislazione non può adattarsi ai loro bisogni e costumi; grande causa questa di torbidi e di miserie.

Questo inconveniente non esiste nelle confederazioni in cui i principali atti dell'esistenza sociale sono regolati dal Congresso, mentre tutti i particolari sono lasciati alle legislazioni provinciali.

Non si può immaginare facilmente fino a qual punto questa divisione di sovranità contribuisca al benessere di ognuno degli stati che compongono l'Unione. In queste piccole società, non preoccupate dalle cure di difesa o di ingrandimento, tutto il potere pubblico e tutte le energie individuali sono rivolte al miglioramento interno. Il governo centrale di ogni stato, essendo posto vicino ai governati, viene giornalmente avvertito dei bisogni di questi: ogni anno vengono presentati nuovi piani che, discussi nelle assemblee comunali o nel corpo legislativo dello stato, riprodotti dalla stampa, provocano l'interesse universale e lo zelo dei cittadini. Questo bisogno di miglioramento agita continuamente le repubbliche americane senza turbarle; in esse, l'ambizione politica lascia il posto all'amore del benessere, passione più volgare, ma meno pericolosa. È opinione generalmente diffusa in America che l'esistenza e la durata delle forme repubblicane nel nuovo mondo dipendano dall'esistenza e dalla durata del sistema federale. Si attribuisce una gran parte delle miserie dei nuovi stati dell'America del Sud al fatto che colà si sono volute creare grandi repubbliche unitarie invece di frazionarvi la sovranità.

È un fatto incontestabile che negli Stati Uniti il gusto e l'uso del governo repubblicano sono nati nei comuni e in seno alle assemblee provinciali. In una piccola nazione, come il Connecticut, per esempio, in cui l'apertura di un canale o il tracciato di una strada sono grossi affari politici, in cui lo stato non ha esercito da pagare, né guerre da sostenere, né può dare molta gloria o ricchezza a coloro che lo dirigono, non si può immaginare nulla di più naturale, e di meglio appropriato alla natura delle cose, del regime repubblicano. Ora questo spirito repubblicano, questi costumi e queste abitudini da popolo libero, dopo essere nati ed essersi sviluppati nei diversi stati, si sono applicati in seguito senza fatica a tutto il paese. Lo spirito pubblico dell'Unione è in certo modo il riassunto del patriottismo provinciale. Ogni cittadino degli Stati Uniti porta, per così dire, l'interesse ispiratogli dalla sua piccola repubblica nell'amore della patria comune. Difendendo l'Unione, egli difende la prosperità crescente del suo cantone, il diritto di dirigerne gli affari, e la speranza di farvi prevalere piani di miglioramento che arricchiscano anche lui; tutte cose che, ordinariamente, toccano gli uomini più che gli interessi generali del paese e la gloria della nazione.

D'altra parte, se lo spirito e i costumi degli abitanti li rendono più adatti che altri a far prosperare una grande repubblica, il sistema federale rende l'impresa meno difficile. La confederazione di tutti gli stati americani non presenta gli inconvenienti ordinari delle numerose agglomerazioni di uomini. L'Unione è una grande repubblica quanto a estensione; ma la si potrebbe paragonare a una piccola repubblica a causa degli scarsi oggetti di cui il suo governo si deve occupare. I suoi atti sono importanti ma rari. Siccome la sovranità dell'Unione è incompleta, l'uso di essa non mette in pericolo la libertà; né eccita quei desideri smodati di potere e di fama tanto funesti alle grandi repubbliche. Siccome tutto non approda ad un centro comune, non si vedono né vaste metropoli, né immense ricchezze, né grandi miserie, né improvvise rivoluzioni. Le passioni politiche, in luogo di estendersi in un istante, come lingue di fuoco, su tutta la superficie del paese, vanno a rompersi contro gli interessi e le passioni individuali di ogni stato.

Nel tempo stesso, in tutta l'Unione, come in un solo popolo, circolano liberamente cose e idee; niente può arrestare gli slanci dello spirito d'iniziativa. Il suo governo attira a sé gli ingegni e la cultura. Nell'interno delle sue frontiere regna una pace profonda, come nell'interno di un paese sottoposto a un solo impero; mentre fuori, essa ha il suo posto fra le più potenti nazioni del mondo; offre al commercio estero più di ottocento leghe di coste e, avendo nelle sue mani le chiavi di tutto un mondo, fa rispettare la sua bandiera anche nei mari più lontani.

L'Unione è libera e felice come una piccola nazione, gloriosa e forte come una grande.


 

Testo tratto dalla parte prima di

Alexis de Tocqueville, La democrazia in America,  (1835; 1840)