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Don Chisciotte e le coppie di fatto

di redazionale - 08/12/2006

Unirsi e farsi figli da educare con un solo sesso in casa: presto si potrà
L’uomo più cattivo e scorretto del mondo, il vicepresidente americano Dick Cheney, sarà presto nonno, e suo/a nipote sarà allevato nell’ambito di una coppia omosessuale composta da una figlia del Vice, come lo chiama Maureen Dowd, e dalla sua partner. Non è ancora chiaro se la progenie risulti da un’unione tra la ragazza e un maschio o da una tecnica di fecondazione assistita con il solo contributo di un donatore anonimo di seme maschile. Espressioni di inimicizia verso il comportamento omosessuale sono perseguite dalla legge in molti paesi del mondo occidentale, insieme all’islamofobia cosiddetta, mentre in alcune delle civiltà con cui questo stesso mondo intende dialogare tra pari, anche e soprattutto islamiche, i gay o froci (è ancora legale il termine?) finiscono in carcere se non peggio. Il matrimonio omosessuale con diritto all’educazione/produzione di figli è legge quasi dovunque in Europa. In Spagna è perfettamente parificato a quello tradizionale tra uomo e donna (il codice non menziona più moglie, marito, mamma e papà ma coniugi asessuati e progenitori A e B). Altrove si è scelto o si va scegliendo un contratto, che l’autorità pubblica riconosce come una sorta di altro matrimonio, e che regola i rapporti giuridici tra conviventi non sposati e tra la coppia di fatto e altri soggetti (Pacs è il nome francese, patto di unione affettiva è la formula approvata dal comune di Padova per l’anagrafe cittadina). Ci sono poi complicati casi di endogamia e poligamia legati alle diverse soluzioni possibili nell’ambito del costume della sharia islamica e del codice tecno-scientifico nei suoi vari risvolti e possibilità (un figlio fecondato appositamente per il/la single e magari per un terzetto o quartetto affettivo, perché no?). Alla base di tutto questo rivoluzionare la famiglia tradizionale, o il suo modello matrimoniale già messo in crisi dal divorzio seriale e magari breve, sta la politica attiva di non discriminazione e piena integrazione culturale giuridica e affettiva dell’omosessualità. Discriminare non è più anche una attività della ragione classificatrice, un termine analogo a discernere e magari legato alla realtà, è solo e sempre un sinonimo di perseguitare, segregare, escludere, insomma un idolo polemico che allude alla negazione di diritti acquisiti nella mentalità ideologica del mainstream, della maggioranza (per lo meno delle élite).
Lo abbiamo visto qualche anno fa, quando un goffo politico cattolico, che però aveva letto Kant e conosceva la distinzione liberale tra morale e legge, fu cacciato da Strasburgo perché aveva riconosciuto che la sua confessione religiosa, quella cattolica, proponeva una discriminazione tra il comportamento eterosessuale, come premessa per la formazione di una famiglia tradizionale biparentale e l’attesa di bambini da educare, e quello omosessuale, considerato intrinsecamente disordinato. Lo abbiamo visto, con un segnale di controtendenza, quando una legge equilibrata, che comunque consente di fabbricare bambini secondo desiderio invece di attenderli quando è possibile averli, è stata aggredita come barbarica perché non era abbastanza women oriented, e chissenefrega degli embrioni, secondo i cantori dell’autodeterminazione universale. Non basta dunque rispettare le varianti dell’erotismo e dell’amore, compresa quella omosessuale, e consentire a chiunque di viverle senza essere molestato, distribuendo diritti della persona che sono radicati nella nostra cultura di liberi. No. Bisogna istituzionalizzare queste varianti nella forma matrimoniale, perché il problema non è la libertà dei gay di essere quel che sono, cioè una cosa diversa dalla famiglia, ma la nostra emancipazione dal mito della famiglia tradizionale e dell’educazione tradizionale dei figli, anzi dal mito della tradizione in generale. Dobbiamo volare in alto, sempre più in alto, verso il grande e comico vuoto del nichilismo culturale. Ora comincia il ballo della legislazione italiana sulle coppie di fatto. Quel che precede solo per dire che in quel ballo la nostra sarà la maschera di don Chisciotte, perché la partita è già ampiamente perduta e l’unica possibilità è che non sia chiusa per sempre con un risultato senza appello, da morire di noia e di convenzioni conformi alla noia.