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Giovanni (Bazoli) delle "banche nere"

di redazionale - 10/12/2006

 

 

La situazione giudiziaria di Cesare Geronzi potrebbe costituire un buon punto di partenza per riattivare gli appetiti della San-Intesa su Capitalia. Lo diciamo subito, Bazoli non ha mai deposto le sue mire sulla banca romana, la quale resta un viatico privilegiato per scardinare alcuni equilibri in Mediobanca e arrivare così al boccone più succulento, cioè le Assicurazioni Generali.

Geronzi è stato condannato a 20 mesi (ci sarà l’appello) per il crac Italcase (banchieri brava gente!) e questo potrebbe comportare la sospensione da tutte le sue cariche nella banca romana. Chiunque, dotato di un minimo di buon senso, può capire che se il capo della “baracca” è in difficoltà quello è il momento miglior per agire. I sintomi di questi movimenti sotterranei ci sono tutti. Le azioni Generali stanno sfavillando. Il luccichio attrae le gazze “ladre” della finanza italiana, ma non solo di questa (la finanza straniera parteciperà alle operazioni ma come mero supporto di qualche gruppo nostrano). Come ben si sa, difatti,  questi affari sono più facili a concludersi in famiglia (Italia) piuttosto che all’estero, la diga dell’italianità è già stata eretta e puntellata a destra e a sinistra perchè è “giusto” che alcune “sostanze” restino legittimo patrimonio della nazione, et voilà il LIBEROMERCATO! (chissà perché gli interessi particolari di certa finanza italiana divengono in questi casi interessi universali del popolo italiano, potere dell’ideologia liberoscambista a convenienza!). In Italia ci sono poche banche che possono azzardare una scalata del genere, ed in questo momento storico, una su tutte può avanzare pericolosamente, grazie ad una serie di fusioni (dirette e trasversali) già messe in atto e ad una sponda politica privilegiata nel governo (tutti, più o meno, riconosciamo in Bazoli il ventriloquo di Prodi). Certo non si tratterà di un blitzkrieg, ma Bazoli e Salza stanno disponendo gli eserciti sul campo. Nel frattempo agiscono gli emissari. Uno di questi è il finanziere franco-polacco Romain Zaleski molto vicino a Bazoli che detiene il 2,035% del San Paolo, l’1,5% di Intesa, il 2,2% di Generali e il 5% di Banca Lombarda (fusasi con la BPU, sempre con la benedizione di Bazoli che praticamente è il “protettore” della prima, qui si comprende il nostro precedente riferimento alle fusioni trasversali). Insomma una serie di “connessioni pericolose” che lasciano poco spazio all’immaginazione, almeno rispetto a chi incarnerà la parte dell’aquila predatrice nel “nuovo” capitalismo italiano. Per ora possiamo dire che questo rapace sta lavorando ad una maggiore “apertura alare”. Il fatto che questo gruppo stia estendo i propri tentacoli in tutte le direzioni possibili (anche negli organismi pubblici e semi-pubblici) è dimostrato dalla nomina di gente di fiducia negli “avamposti” che contano. Ad esempio il vice-presidente della “creatura rapace” (leggi San-Intesa), tale Alfonso Iozzo è stato nominato alla presidenza della CDP, dietro la quale agiscono le maggiori fondazioni bancarie. Tra queste un ruolo di primo piano è svolto dalla fondazione Cariplo il cui presidente, Giuseppe Guzzetti è anch’esso socio della San-Intesa. Non dobbiamo dimenticare, inoltre, le nomine avvenute precedentemente. Corrado Faissola, presidente della Banca Lombarda, nominato presidente dell’ABI  (organo di rappresentanza delle banche italiane), Vittorio Conti, responsabile della direzione risk management di Intesa, nominato commissario Consob.

Un perfetto connubio semipubblico-privato attraverso il quale agire per papparsi tutte le risorse disponibili nel nostro sistema-paese. Adesso, sempre il buon senso di cui parlavo all’inizio di questo articolo, dovrebbe mettere in allarme la politica, almeno quella che non è d’accordo con questo blocco di potere. Effettivamente qualcuno è molto preoccupato, ma non si tratta dei terribili anticapitalisti rifondaroli bertinottiani o degli inetti pcdiiani dilibertiani (i quali si sono fatti già fatti mettere nel sacco con l’affare Telecom, per cui nella loro mente bacata hanno visto il potenziale passaggio di Telecom alla CDP come una operazione di soviettizzazione dei centri nevralgici del potere economico, imbecilli!). Chi si preoccupa di più in realtà è D’Alema il quale non vede con favore il rafforzamento di Prodi tramite questi suoi potenti amici finanzieri-finanziatori. Se l’attacco a Generali dovesse riuscire diventerebbe davvero difficile per lui poter immaginare di scalzare, nel breve periodo, il professore bolognese. Ancora una volta D’Alema uscirebbe sconfitto e perderebbe credito anche di fronte a quei poteri (certo non equiparabili a quelli vicini a Prodi) che oggi sono dalla sua parte (e che si aspettano da lui strategie meno avventuristiche rispetto a quelle messe in atto precedentemente, come con l’affaire Banca del Salento).

D’Alema sarà sicuramente un “figlio di buona donna” (nel senso che tutto è fuorché il personaggio calmo e responsabile che la sua immagine televisiva vorrebbe far credere) ma è sicuramente meno stupido dei pavidi rifondaroli che “viaggiano” a parole d’ordine ottocentesche e sono disattenti alle questioni che abbiamo appena sceverato, tanto da poter credere che la statizzazione delle Telecom fosse un’operazione a favore del popolo.

Tornando a Generali possiamo a questo punto capire perché la volpe Salza abbia offerto la vice-presidenza di San-Intesa a Antoine Berhneim, attuale numero uno del Leone. Ecco che si scopre anche chi potrebbero essere i partner di supporto del duo Bazoli-Salza. Berhneim difatti è sostenuto da certa finanza francese, quella stessa finanza che aiutò Geronzi a scalzare Vicenzo Maranghi da Piazzetta Cuccia. Si tratterebbe, allora, di un vero golpe che farebbe tremare dalle fondamenta Mediobanca, nel cui patto siedono tra gli altri Geronzi-Profumo-MPS, i quali solo qualche giorno fa avevano rinnovato il patto di consultazione siglato nel 2003 su Generali, cercando di consolidare la propria alleanza ed evitare eventuali attacchi. Proprio Profumo, l’unico possibile antagonista di San-Intesa, in questo momento preferisce tacere ed assistere allo sviluppo degli avvenimenti, come lui stesso ha ribadito in una intervista. E’ chiaro che questo silenzio non durerà comunque a lungo.

Alla fine, anche se cambiassero i “membri onorevoli” del nostro capitalismo, state pur certi che il culo ce lo metteranno pur sempre gli italiani.