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Gottfried Benn: espettorazioni dell’anima

di Alessandro Sansoni - 12/12/2006

Fragmente,
Seelenauswürfe,
Blutgerinnsel des zwanzigsten Jahrhunderts -

Narben - gestörter Kreislauf der Schöpfungsfrühe,
die historischen Religionen von fünf Jahrhunderten
                                                      zertrümmert,
die Wissenschaft: Risse im Parthenon,
Planck rann mit seiner Quantentheorie
zu Kepler und Kierkegaard neu getrübt zusammen -

aber Abende gab es, die gingen in den Farben
des Allvaters, lockeren, weitwallenden,
unumstößlich in ihrem Schweigen
geströmten Blaus,
Farbe der Introvertierten,
da sammelte man sich
die Hände auf das Knie gestützt
bäuerlich, einfach
und stillem Trunk ergeben
bei den Harmonikas der Knechte -

und andere
gehetzt von inneren Konvoluten,
Wölbungdrängen,
Stilbaukompressionen
oder Jagden nach Liebe.

Ausdruckskrisen und Anfälle von Erotik:
das ist der Mensch von heute,
das Innere ein Vakuum,
die Kontinuität der Persönlichkeit
wird gewahrt von den Anzügen,
die bei gutem Stoff zehn Jahre halten.

Der Rest Fragmente,
halbe Laute,
Melodienansätze aus Nachbarhäusern,
Negerspirituals
oder Ave Marias.

 

(Frammenti, /espettorazioni dell’anima, /coagulazioni sanguinee del secolo ventesimo //cicatrici - circolazione turbata della creazione primeva, /le religioni storiche di cinque secoli una rovina, /la scienza : fenditure nel Partenone, /Planck con la teoria dei quanti /ha confuso torbido il suo scolo /con Keplero e con Kierkegaard //ma c’erano sere che si esalavano nei colori /di Dio padre, vaghi larghi  ondeggianti, /incontestabili nel loro silenzio /di azzurro effuso, /colore d’introvertiti, /in cui ci si riuniva, /le mani appoggiate al ginocchio, /all’uso contadino, semplicemente, /e dediti al bever muto /intorno alle fisarmoniche dei garzoni //Crisi espressive e attacchi d’erotismo : /questo è l’uomo di oggi, /l’interno un vuoto, /la continuità della persona /vien garantita dagli abiti /che, se di buona stoffa, posson durare diec’anni. //Il resto frammenti, /suoni a metà, /accenni di melodie dal vicinato, /spirituals negri /oppure Ave Maria.

Frammenti è uno dei molti esempi rintracciabili nella produzione poetica di Gottfried Benn, in cui il grande riformatore della lirica tedesca di inizio Novecento fa i conti con la malattia dello spirito che affligge l’Europa del suo tempo: il Nichilismo.

La scena postaci dinanzi agli occhi dal poeta è truce, iperrealistica, angosciante: frammenti del corpo umano, ben noti all’autore che, come Celine, oltre ad essere un letterato era anche un medico sifilopatologo, vengono mostrati al lettore in tutta la loro disgustosa veridicità, uno accanto all’altro, ma distinti e disgregati, senza coerenza. Quella coerenza di senso che, con un salto pindarico, il poeta ci dice essere stata perduta dall’uomo con la sconfitta delle religioni storiche operata dalla scienza moderna, che ha complicato il mondo lacerando la coscienza interiore dell’uomo e gettandolo nell’angoscia esistenziale. Quell’angoscia prodotta dal vuoto spirituale, che azzera l’identità di un individuo, la cui unica possibilità è rifugiarsi in una effimera apparenza costruita tramite l’acquisto di merci.

Per molti versi, Benn è una figura paradigmatica tra gli intellettuali teutonici ed europei della sua generazione. Egli nasce a Mansfeld, nella Prussia Orientale, nel 1886 da una famiglia di pastori protestanti come tanti altri uomini di cultura tedeschi. Nel 1912 esce la sua prima raccolta di liriche Morgue, che diventa subito un caso letterario in virtù del particolare linguaggio usato, infarcito di termini medici e scientifici, oltre che contrassegnato da una estrema crudezza di immagini. Con la pubblicazione successiva del racconto-saggio Cervelli (1916) e dei componimenti legati alla prima guerra mondiale Fleisch (Carne), Gottfried Benn si afferma come il massimo esponente dell’Espressionismo tedesco e delinea una concezione del mondo estremamente critica verso la razionalità progressista moderna e desiderosa di tornare alle strutture primordiali dell’Io, che attraverso la forza del suo inconscio può tentare di ritrovare quell’unità paradisiaca dell’uomo con la natura sconvolta dalla Tecnica.

Fortissime sono le suggestioni nietzscheane e spengleriane, che si fanno avanti nei continui richiami alla volontà creatrice dell’Io artistico e nel profondo pessimismo con cui si guarda al futuro della civiltà occidentale.

Eppure l’aggressivo nichilismo di Benn non è fine a se stesso, non è indirizzato verso un disfacimento premeditato e rassegnato. La forza della forma e della potenza estetica, riprodotta poeticamente attraverso il rigore metrico e la cesellatura linguistica, sono la risposta dell’artista al vuoto di certezze spirituali ed all’assenza di un orizzonte di senso.

Benn prova a mettere un po’ di smalto sul nulla.

L’avanzare del nichilismo ha una sua precisa origine storica. Nel saggio Oltre il nichilismo Benn la individua nell’avanzata delle idee illuministiche e meccanicistiche, il cui necessario corollario è fornito dal determinismo darwiniano; leggiamo: “Intorno all’epoca della morte di Goethe cominciò la dissoluzione di questo sentimento [Dio, o quantomeno la Natura percepita grecamente come un tutto animato]. Sorse una visione del mondo cui mancava ogni tensione verso un aldilà, ogni senso di legame con un essere extraumano. L’uomo divenne la corona della creazione e la scimmia il suo animale prediletto, dalla scimmia l’uomo si faceva confermare (…) fino a quale splendore egli si fosse esaltato nel suo ricambio di materia e di energia”.

Consapevole di ciò, negli anni ’30 Benn abbandona il pessimismo spengleriano, suggestionato dalla travolgente affermazione del Nazionalsocialismo. Interrompe l’attività poetica e si getta anima e corpo in un intenso lavoro saggistico volto a definire i contorni di una posizione filosofica e politica che vede nello stretto rapporto tra arte e potenza, basato su di una serrata critica della modernità, la risposta più efficace al tramonto della civiltà europea (concezione dettagliatamente esposta nel saggio intitolato Mondo dorico. Indagine sui rapporti fra arte e potenza del 1934).

Come lo stesso Tarmo Kunnas in La tentazione fascista sottolinea, negli anni dell’avvento al potere di Hitler, Benn è un tipico intellettuale fascista. Proprio la dimensione estetizzante della politica da lui prediletta lo certifica in modo inequivocabile. Nei totalitarismi di marca fascista il disagio della civiltà moderna e la crisi dei valori tradizionali e cristiani, viene risolta attraverso la costruzione di una nuova religione laica in cui il collante mitico non è più di natura sacrale e trascendente, ma piuttosto il prodotto del sapiente utilizzo di materiali artistico-estetici finalizzati alla mobilitazione delle masse ed alla diffusione di un’identità collettiva eroica e nazionalista.

E’ ciò che Claudia Salaris ha chiamato, con riferimento alle avanguardie futuriste italiane vicine al regime di Mussolini, Artecrazia.

In effetti la dolcezza dell’espressione benniana, lo smalto sul nulla, non deve trarre in inganno: quello che lui propone è uno sforzo faustiano e sovrumanista volto a piegare la realtà ad un ideale. Non a caso egli prende spunto da un aforisma di Nietzsche che si trova ne La volontà di potenza: “Una visione antimetafisica del mondo, va bene – ma allora una visione artistica”, che successivamente così declina nel saggio sopraccitato: “Quindi valori estetici in Germania, Artistik nietscheana in un Paese dove per natura si sogna già tanto e tanto torbidamente? Sì, la coltivata assolutezza della forma, il cui grado di purezza lineare e di immacolatezza stilistica non dovrebbe essere peraltro inferiore al grado di perfezione contenutistica di anteriori epoche culturali, addirittura fino ai gradi raggiunti davanti alla coppa con la cicuta e davanti alla croce -, sì, solo dalle estreme tensioni del formale, solo dal più estremo potenziamento dell’elemento costruttivo che giunge sino al confine dell’immaterialità, si potrebbe plasmare una nuova realtà eticaoltre il nichilismo!”.

Purtroppo come ogni assalto titanico alla realtà delle cose intrapreso dall’uomo, anche quello di Benn non è stato premiato dalla sorte.

Nel 1936 egli sarà soggetto ad un violento attacco della stampa di regime che vede in lui l’interprete principe di quell’espressionismo dal nazismo inteso come forma d’”arte degenerata”: la querelle si concluderà col divieto a pubblicare imposto a Benn, cui seguirà nel 1945 il veto analogo emesso dal governo militare alleato.

Un ostracismo incrociato che appare come la triste metafora dell’impossibilità per l’arte di ottenere cittadinanza piena e riconosciuta dopo l’avvento dell’epoca della Tecnica e della secolarizzazione del mondo. L’era del nichilismo. Un sostanziale ritorno alle idee di Spengler cui pure Benn aveva aderito prima del suo impegno come teorico del Nazionalsocialismo e a cui egli darà ancora una volta uno “smalto” con la raccolta Poesie statiche (1936-1945), la cui poetica della staticità e della solitudine è riassumibile con il passo di una lettera datata 18 novembre 1945: “Io vivo completamente solo. Persona non grata allora, oggi di nuovo persona non grata, e dunque davvero abbondantemente e assolutamente non grato, io trovo che ciò sia giusto e che sia una conferma dell’intima convinzione che ho espresso più volte: che l’arte stia al di fuori dei rapporti di stato e storia e che l’ostilità che le mostra il mondo sia parte della sua essenza”.