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Ecce Homo? No: ecce bombo... L'economia del riflusso (recensione)

di Annalisa Terranova - 15/12/2006

 


Ritorna nelle sale Ecce Bombo, di Nanni Moretti. Per molti è solo uno dei film più riusciti del repertorio morettiano, intimismo un po’ snob nel pieno degli anni di piombo. Ma per una parte del Paese fu, nel lontano 1978, un film-evento, nel quale venivano esposti, in forma embrionale, abbozzata o addirittura comicizzata i segnali di crisi di una sinistra che ancora oggi non si è liberata del tutto di quei fantasmi e di quelle ossessioni: dall’omicidio Moro all’incapacità di crescere, fino all’impossibilità di sentire un’appartenenza condivisa con il resto del Paese. Un tema che emerge quando il protagonista, Michele, assiste alle chiacchiere da bar di un avventore e alla fine sbotta: «Te lo meriti Alberto Sordi!». Una frase che l’altro è destinato a non capire: e l’incomunicabilità è un altro dei grandi temi che il film mette in scena e che attualmente la stessa sinistra, orfana di un linguaggio rivoluzionario e non più egemone rispetto alle lingue collettive che incidono sulla società civile, è ben lungi dal risolvere.

«È un film metagenerazionale – commenta Giuseppe Del Ninno, che sul finire degli anni Settanta pubblicò un libro, “Ecce Alien”, che riprendeva il titolo della pellicola morettiana – sulle prime poteva essere confuso con un film sulla crisi dei ventenni di allora invece si è poi rivelato un film profetico, sulla afasia di un certo mondo, che proprio all’epoca ha inaugurato il linguaggio dell’inconcludenza, un linguaggio che non riesce ad esprimere nulla perché già allora, e siamo nel 1978, si comincia a capire che non c’è più nulla da esprimere. Non a caso anche in politica si diceva che si era esaurita la “spinta propulsiva della rivoluzione bolscevica”. Riproporre oggi un film del genere può essere un’operazione di carattere storico ma può anche rivelarsi operazione di diverso tipo, che cade proprio nel pieno del dibattito sulla ristrutturazione del mondo della sinistra». Pur essendo autoreferenziale, il film di Nanni Moretti piacque molto anche a destra, dove il mondo giovanile, parallelamente a quello avversario, faticava a liberarsi da ossessioni antiche: «Fu un film apprezzato anche a destra – ammette Del Ninno – visto che anche a destra si avvertiva chiaramente che le ideologie andavano a diluirsi».

Ma cosa può comunicare un film del genere a un pubblico giovanile che del ’68 sa poco o nulla e che del “riflusso” (anticipato proprio dal film di Moretti) sa ancora meno? Soccorre la definizione di Ugo Casiraghi che definì il gruppo di amici di “Ecce Bombo”, capitanati dall’angosciato Michele, «nuovi vitelloni». Continuano a vivere in famiglia, nella quale scaricano tutte le rispettive frustrazioni, e nel cui contesto vivono angosce e contraddizioni: «Quando i miei non mi mantengono più - chiede Michele a una delle sue occasionali ragazze - che cazzo faccio? Ma tu concretamente cosa fai, come campi?». E lei risponde: «Giro... vedo gente... mi muovo... conosco... faccio cose». Una risposta destinata a diventare l’emblema di una generazione “scoppiata” non molto lontana, se si aggiunge il cellulare, dall’odierna antropologia dei ventenni.

Pure, secondo Maurizio Cabona, critico cinematografico e scrittore, i giovani d’oggi di un film come “Ecce Bombo” capiranno e apprezzeranno poco. «Forse nei centri sociali – dice – c’è un culto per i film di Nanni Moretti, ma per il resto... Riproporlo nelle sale mi sembra un’operazione nostalgica, destinata ai cinquantenni». All’epoca il film fu un successo però a sinistra come a destra, categorie politiche da cui Cabona rifugge:

«Diciamo che piaceva a tutti, perché Moretti era autoironico, non si prendeva sul serio, non affrontava ancora tematiche serie come la morte. Vedeva la politica come un gioco e interpretava la figura di un giovane di formazione intellettuale che giungeva a chiedersi se a una festa lo si notava di più se c’era o se non c’era. Non era tanto un’attitudine ideologica quanto direi antropologica, e che era comune anche a chi non militava a sinistra. Direi che era comune a tutti quelli che pensano di essere al centro del mondo. Prendiamo il tema delle relazioni con le donne: nel film c’è molta problematicità, “Lo facciamo? Non lo facciamo? ”, nel neofascismo invece avevano prevalso culture diverse rispetto alle donne, primo perché di donne ce n’erano poche e secondo perché la cultura della caserma e quella del casino si mescolavano insieme. C’era un’impronta in queste persone che veniva da mentalità precedenti: avevano vent’anni, ma ragionavano come i loro genitori».

Il problema dell’attualità del film è scartato a priori da Giampiero Mughini, che fece parte del cast di “Ecce Bombo”:

«Perché porsi il problema dell’attualità? Ci si interroga forse sull’attualità della “Divina Commedia”? L’arte è eterna, in questo film c’è un quadro poetico e vibrante di una generazione che, secondo me, è molto attuale».