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Evo Morales: ''Le elite non sopportano un presidente indigeno''

di Evo Morales/Pablo Stefanone/Elonora Gosman - 18/12/2006





Intervista di Pablo Stefanone e Elonora Gosman col Capo di Stato boliviano

Il Presidente boliviano ha parlato dell'integrazione regionale. A riguardo della crisi nel suo paese ha detto che la provocano coloro che hanno perso i loro privilegi e non tollerano che un dirigente "indio e sindacalista spinga in avanti il paese".

Il presidente boliviano conserva, dopo dieci mesi al potere, la stessa apparenza dimessa dei tempi in cui era un leader cocalero. Ieri, nella sua casa nel quartiere Maestro, alla periferia di questa città boliviana, ha ricevuto gli inviati del Clarín. La stanza in cui l'intervista ha avuto luogo consta di un tavolo di formica e quattro sedie tappezzate di cuoio sintetico. Il mobilio si completa con un ampio letto, alcuni armadi e un antiquato televisore.

In questo ambiente austero, Morales non ha nascosto la sua delusione per l'assenza del suo collega Néstor Kirchner, al vertice della Comunità Sudamericana delle Nazioni che gli è toccato organizzare. Ha atteso il presidente argentino, col quale ha una cordiale relazione -- secondo le sue stesse parole -- fino all'ultimo momento; ma quando ha capito che non sarebbe venuto, Morales non ha fatto alcuna rimostranza.

Nelle sfere diplomatiche e governative del vertice si è arrivato ad insinuare che l'assenza del presidente argentino serviva ad eludere una proposta: "Evo aveva suggerito che l'Argentina fosse la prossima sede del vertice della comunità sudamericana, ma Kirchner non ha voluto". Mentre a Cochabamba si discute l'integrazione sudamericana, a circa 50 minuti di volo, a Santa Cruz della Sierra, cresceva ieri il movimento nemico di Morales.

Molti analisti sostengono che l'integrazione regionale è un'utopia. Che aspettativa ha lei per questo vertice?

In America Latina attraversiamo un periodo di cambiamenti. Non ci sono dittature. Le dittature servili all'impero incontrano la loro fine. Questi sono tempi d'impegno a risolvere i problemi economici e sociali con le risorse naturali. Vi è una stretta relazione tra i presidenti, e in questo vertice, e ciò non è mai accaduto, stiamo facendo incontrare i capi di stato con i movimenti sociali.

Però si constata una polarizzazione crescente in quasi tuti i paesi della regione.

Storicamente vi sono elite che si sono opposte ai processi di cambiamento ed integrazione. E così continuerà ad essere in futuro. Ma non possiamo comparare questa congiuntura con i 15 o 20 anni che abbiamo alle spalle. Ci sono delle brecce tra gruppi delle elite e le masse; ma questo tipo di integrazione che vogliamo deve permettere di superare le asimmetrie tra famiglia e famiglia, tra nazione e nazione.

Questa polarizzazione politica e sociale non è un rischio per le democrazie regionali?

L'America Latina non sopporterebbe una dittatura o un colpo di stato. Guardi, in Bolivia non c'è stato un voto universale dal 1952. E se ora conquistiamo questa democrazia fu grazie alla lotta dei popoli. Allora, difficilmente qualche militare potrebbe avventurarsi in un golpe. Ed una dittatura civile non avrebbe possibilità di prosperare. Quello che c'è è un tentativo di ex presidenti di combattere i governi attuali. Le oligarchie resistono e resisteranno. Ciò che qui importa è che esiste una grande coscienza nazionale. Io credo solo nei movimenti sociali organizzati e mobilizzati per difendere i loro processi di cambiamento.

Qui in Bolivia sta avendo luogo una grande offensiva dell'opposizione.

Vi è stata una permanente provocazione, una cospirazione. Ma non ci spaventiamo. E' un loro diritto entrare in sciopero. Il ritiro dei senatori della destra dal Senato è autoritario e antidemocratico. Ma stiamo resistendo. E' tutto un pretesto per un problema politico: certa gente non accetta che un dirigente indigeno sia presidente. E' parte del razzismo fascista.

Si aspetta che questo vertice rafforzi la sua posizione?

Guardi noi ci siamo rafforzati. Il processo che portiamo avanti è irreversibile. Ma alcune persone vogliono sabotare, e sono quelle famiglie che difendono i loro privilegi. Quando abbiamo deciso di mettere fine al latifondo, sono venuti fuori. Si tratta di cupidigia: non accettano che un dirigente indio e sindacalista, che è stato accusato di terrorismo e narcotraffico, possa portare avanti il paese insieme a molte altre personalità. Dicono che il potere non deve stare nelle mani degli indigeni e della sinistra. Si propongono di recuperarlo. Per questo abbiamo vissuto 10 mesi di governo passando da cospirazione a cospirazione. I neoliberisti sono ai loro ultimi colpi di coda.

La Bolivia pensa di essere un socio a pieno titolo del Mercosur, come lo è ora il Venezuela?

Proprio domani faremo un annuncio al riguardo.

Quale esattamente?

Dobbiamo ancora discutere alcuni dettagli. Qui c'è un tema di fondo che non è stato ancora risolto: il problema del commercio. Non possiamo governare con i trattati di libero commercio, non sono la soluzione per l'America latina.

Lei si riferisce ai trattati di libero commercio con gli USA?

A quelli con gli USA e a quelli tra noi. Il commercio è importante, ma deve essere un commercio giusto. Noi sosteniamo il commercio dei popoli. L'altra questione è la riduzione delle asimmetrie tra gli stati. L'aspetto più interessante di questo vertice è che puntiamo a far sì che ogni cittadino abbia la cittadinanza regionale, per viaggiare liberamente senza visti e passaporti.

Com'è la relazione con Kirchner?

Molto buona. Abbiamo parlato ieri l'altro. Mi ha raccontato che ultimamente ha avuto dei problemi. Mi ha detto che avrebbe cercato di venire e che non scartava questa possibilità. La sua presenza è importante.

Si sono ridotte le differenze col Brasile?

I problemi erano di carattere tecnico e giuridico riguardo un'impresa di stato come PetroBras. E' tutto risolto, ma è necessario rafforzare in qualche modo questi negoziati tecnici, politici e giuridici, perché tutti i paesi vicini traggano beneficio dal tema energetico.

E con la presidente Bachelet?

E' uno scenario particolare: è la seconda volta in 200 anni che la Bolivia riceverà un presidente del Cile. In Gennaio fu la volta di Lagos. Ora tocca alla Bachelet.


Originale da www.clarin.com
Pubblicato su Rebelion
Tradotto dallo spagnolo all'italiano da Gianluca Bifolchi, un membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questa traduzione è in Copyleft per ogni uso non-commerciale : è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne l'autore e la fonte.
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