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Mario Tozzi: «Io, ecologista alla de Benoist»

di Mario Tozzi/Angelo Mellone - 28/12/2006

Intervista con Mario Tozzi, scienziato e conduttore televisivo.

Alcuni lo vedono, e si toccano.
Altri lo incontrano e lo venerano». Certo, se scrivi un libro  intitolato “Catastrofi”in una nazione di superstiziosi, battutine di questo genere te le devi aspettare e Mario Tozzi, conduttore di Gaia su Rai3 ed esponente di punta dell'ecologismo italiano, un po' se ne infischia, un po' ci gongola. C'è chi si tocca e chi gli dedica versi infatuati, come ecoblog: «I romanisti hanno Totti, noi abbiamo Tozzi». Adesso è nelle librerie il suo L'Italia a secco (Rizzoli, pp. 396 € 18), libro che sta facendo discutere tantissimo anche al di fuori della cerchia degli esperti. Ma Tozzi e pure un curioso caso di sdoppiamento della personalità. Tutte le mattine o quasi, il compassato conduttore televisivo fa posto a uno scatenato radiopredicatore, che su “Radio Radio”, la principale emittente romana, mena fendenti, litiga con gli ascoltatori, attira odi d'amore e odi punto e basta.
E questo Rush Limbaugh, cuore pugliese e residenza romana, ha i suoi chiodi fissi. Come tutti, del resto, solo che i suoi di solito imbestialire i diretti interessati, siano essi “suvisti” o tassisti o elettori di Forza Italia. Perché su tutti il suo chiodo fisso è l’antiberlusconismo; declinato, per fortuna, con una punta di autoironia. Cominciamo da qui.


All’inizio di aprile eravate in tre a credere che Berlusconi avrebbe vinto le elezioni: Alessandra Ghisleri di Euromedia Research, Emilio Fede e lei, che ha pure esposto la sua teoria in dieci punti. Berlusconi, diceva, vincerà le elezioni perché: 1) è al governo da cinque anni, 2) è un signore dei media, 3) controlla la Rai, 4)è un asso della propaganda e ha i denari per farla, 5) si è scelto la legge elettorale e 6)la data in cui votare,7)è più divertente di Prodi, 8) guida una coalizione coesa, 9) odia le regole e per questo piace a  tanti italiani, 10) ha avuto culo nella vita. Però le elezioni, riconteggio delle schede a parte, le ha perse. Niente regime?

Alla storia del "regime" non ho mai creduto. Forse se avesse evitato di dare del "coglione" a centinaia di migliaia di italiani, le cose sarebbero andate diversamente.

Come si passa dai documentari di "Gaia" alle litigate radiofoniche?

Un conto è il servizio pubblico, dove devi rispettare tutti. Nell'agone di una radio privata mi lascio andare, e non mi offendo se tirano giù duro anche contro di me.

Lo dica al cardinale Ruini, a cui ha dato del bacarozzo

Acqua passata. La CEI mi ha invitato a un convegno a Cefalù sulla "salvaguardia del Creato". Con il vescovo Sgalambro e Massimo Cacciari. Le dico di più.                                           

Prego.                                       

Questo Papa non mi dispiace, è molto ecologista.                                                      

Ma se un giorno sì e l'altro pure se la prende con le ingerenze politiche della Chiesa!

È un'altra storia. Benedetto XVI mi piace.         I

Sta diventando buonista. Cosa dice allora delle polemiche ferocissime con i tassisti romani?
Non con tutti e non su tutto. Sulle corsie preferenziali, ad esempio, hanno ragione. Il presidente dell'Associazione tassisti italiani, Cario Bologna, una volta che ero a Termini e non c'erano taxi, m'è venuto a prendere di persona - pure gratis – mentre stavamo battibeccando con uno di loro alla radio.

Provochiamo. È vero che, se i leader ambientalisti anziché girare il mondo in aereo andando per convegni, se ne stessero a casa farebbero meno chiacchiere e più lotta all'inquinamento?

L’aereo è il mezzo più energivoro che c'è. Bisognerebbe organizzare convegni a "emissione zero", ad esempio piantando un bosco per compensare le emissioni di anidride carbonica. Avrebbe un grande valore simbolico oltre che pratico.

Giuliano Ferrara scrive che quelli come lei sono i profeti del «totalitarismo della precauzione».

Ferrara probabilmente non ha la percezione reale della situazione che, allarmismi a parte, è critica. Non mi interessa salvare il pesce rosso delle Maldive, ma ragionare sul destino dell'Uomo. Oggi tutti si alzano in piedi e parlano di ambiente con la stessa sicumera con cui parlano di calcio, ma la scienza non è democratica, non ha la par condicio, bisogna studiare, avere basi teoriche, dimostrare ciò che si dice. Il "principio di precauzione", che fa     andare in puzza Ferrara, se fosse stato applicato in qualche caso, vedi l'amianto o la diossina, avrebbe risparmiato grandi rogne. Il punto è uno.

Quale?

Che un'ulteriore crescita dei consumi non è più possibile, se non a discapito di altri uomini o dell'ambiente. L'Occidente deve fare i conti con il tabù del limite. E cominciare a interrogarsi sulla decrescita.

Alain de Benoist in "Comunità e decrescita" (Arianna editrice, pp. 220, € 13) espone chiaramente questa tesi: la sfida contemporanea è trovare un limite ecologico alla crescita incontrollata e ribaltare il concetto di benessere = appropriazione limitata. Passando, dice de Benoist, dal "sempre di più" al "mi è sufficiente".

Sottoscrivo parola per parola.

De Benoist è il teorico della Nuova destra.

Se su questi temi si crea uno schieramento culturale e politico trasversale, ben venga.

Parentesi. Lei parta di cultura del limite, ma ha simpatizzato per la Rosa nel pugno, che vuole eliminare ogni limite alla ricerca scientifica.

Sono uno dei pochi ricercatori che il problema del limite nella scienza se lo pone eccome. Quando fai ricerca devi chiederti quali saranno le conseguenze future delle tue scoperte. Non condivido il neopositivismo, per intenderci, alla Piero Angela. Bisogna giudicare caso per caso, evitando lotte dal sapore religioso tra fazioni opposte.

Il suo recentissimo "L’Italia a secco" è tutto basato su una tesi forte e per molti dirompente: o investiamo sulle energie rinnovabili, o fra qualche decennio non più un litro di combustibile. Perché non è ancora successo?

I produttori di idrocarburi non ritengono che queste forme di energia abbiano una densità industriale tate da permettere gli stessi profitti del petrolio. In più, le energie rinnovabili sono decentrate per definizione – sogno villaggi africani alimentati da pannelli solari sui tetti – e questo non va alle grandi compagnie che producono energia elettrica. Oggi, però, qualcosa sta cambiando: ad esempio, il Giappone e la Germania sono tra i più grandi costruttori di pannelli solari.

Una delle accuse del libro è che sprechiamo un sacco di energia.

Certo. Pensi a quella che buttiamo via lasciando televisori,dvd ecc. in standby anziché spegnerli prima di andare a letto.

Cosa dobbiamo fare?

Rendere le centrali che abbiamo più efficienti nella produzione di energia, utilizzare il calore che le stesse centrali sprigionano per il riscaldamento domestico, evitare gli sprechi di energia, in casa. L’efficienza e il risparmio certamente non risolvono tutto, sono stratagemmi che per lo meno allontanano il momento del big bang energetico.

Va bene, ma sa benissimo che quando si vuole impiantare un gassificatore o un inceneritore per produrre energia dai rifiuti, nella popolazione scatta la sindrome “nimby”, “not in my backyard”: fate quello che vi pare, ma lontano da casa mia.

Sui gassificatori non so che dire: è dimostrato, dimostratissimo, che hanno un impatto ambientale perfettamente sostenibile, eppure anche il solo nominarli crea panico tra la popolazione. Sulla sindrome "nimby", è paradossale  ricordare il caso di Modena. I Modenesi, da un lato, non vogliono un inceneritore (la cui nocività è tutta da dimostrare) a sei km di distanza dal centro cittadino e non si preoccupano di avere a tre chilometri – cioè molto più vicino – il traffico dell’Autosole, il cui impatto cancerogeno è dimostrato ampiamente. L’ho scritto e per tutta risposta mi sono arrivate alcune lettere di minaccia. È che non riusciamo ad avere un'idea del bene comune. Se ti opponi a tutto, se non vuoi nemmeno porti il problema di investire seriamente sulle energie alternative, almeno dimmi a cosa rinunci: all'automobile?

Ecco. Si legge a pagina 128: «L'auto ci ha colonizzato l'anima e svuotato il portafoglio»

Qualcuno mi spiega che senso ha comprare un Suv per intasare le metropoli? A Londra la velocità media in città è più o meno la stessa di quando c'erano le carrozze. Che non inquinavano. Quando si comincerà a capire che dobbiamo abbandonare l'abitudine dell'automobile a tutti i costi e investire sui motori a idrogeno, faremo grandi passi in avanti. Innovazioni apparentemente rivoluzionarie si riveleranno semplici abitudini, facili da cambiare, come è successo in quei borghi dell'Italia centrale che hanno chiuso i centri al traffico.

Sono ancora casi isolati. Sotto la scorza apparentemente innocua delle sue affermazioni si nasconde il germe di un totale rivolgimento delle nostre abitudini.

Abitudine o non abitudine, in ogni caso è un fatto necessario. Ogni anno muoiono nel mondo quattro milioni di persone per l’inquinamento, capisce? E per quanto tempo potremo impedire al resto del mondo di produrre benessere, e quindi inquinare, come il nostro occidente? Tutti si dimenticano della Cina, che per il suo sviluppo ci farà pagare un prezzo ambientale enorme. Hanno le centrali a carbone, le auto più inquinanti in circolazione. E intanto cominciano a ritrovarsi il problema delle piogge acide.

Il ministro dell’Ambiente, il verde Pecoraio Scanio, l’ha nominata presidente del Parco Nazionale dell’Arcipelago toscano. Senta il giudizio del non-allineato – e firma di “Diorama letterario” – Eduardo Zarelli sull’ideologia dei Verdi: «Un progressismo filantropico-naturalistico del tutto funzionante alla civilizzazione industriale»

Per certi versi è vero. L'ecologia è una scienza, l'ambientalismo è una passione o, nel peggiori dei casi, una moda. Una parte dei Verdi è figlia del positivismo e dell'iperfiducia nella scienza. Tendenzialmente, un partito verde non dovrebbe nemmeno esserci. Se c'è una critica che devo porre al centrodestra, è che si è persa quella parte profonda, vedi i Gruppi di Ricerca Ecologica e Fare Verde, che è stata soffocata dalla retorica delle grandi opere. È un errore politico lasciare alla sinistra la difesa dell'ambiente.

Cosa risponde a chi l'accusa di essere un nemico dello sviluppo, un profeta di un nuovo oscurantismo antiscientifico?

Io, a dire il vero, vorrei evitare che fra un po' il medioevo arrivi per via traumatica, con un blackout o una catastrofe ecotogica.

Ahia, ancora con queste catastrofi...

E come le vogliamo chiamare, incidenti della natura?!