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I padroni delle notizie. La marchetta infinita

di Giuseppe Altamore /Pietro Ricca - 29/12/2006

 



Intervista di Pietro Ricca con Giuseppe Altamore vice caporedattore di "Famiglia Cristiana" e autore de "I padroni delle notizie"

R : Siamo con Giuseppe Altamore che è autore di un recente volume sull'informazione "i padroni delle notizie". Intanto perché questo titolo e poi ti chiedo di parlarci del sistema dei media oggi.

A: Mah, i padroni delle notizie perché non siamo più noi giornalisti i veri protagonisti dell'informazione, ma i veri protagonisti dell'informazione sono gli inserzionisti pubblicitari che attreverso gli editori, attraverso i direttori dei giornali, riescono a far passare molta informazione a carattere commerciale che finisce per veicolare veri e proprio "consigli per gli acquisti" camuffati negli articoli, ai danni del povero lettore che non sa nulla di tutto questo.

Il sistema dei media in Italia è viziato da un problema di concentrazione della pubblicità in mano di pochi ed è una cosa che non ha altri esempi in altri Paesi occidentali. Praticamente quasi il 70% delle risorse pubblicitarie è in mano a un duopolio televisivo: Rai più Mediaset. Il 50% grosso modo finisce a Mediaset, il 20% alla Rai e il rimanente 30% suddiviso fra televisioni locali, giornali, radio e così via. Ai giornali, soprattutto ai periodici, rimangono le briciole, rimane poca roba e quindi diciamo che la pubblicità che si riversa sui quotidiani e sui periodici è una pubblicità che ha uno scarso peso. Gli inserzionisti preferiscono innanzitutto investire sulla televisione e poi investono anche sui giornali, se da parte dei giornali c'è diciamo così un'attenzione particolare; quella che Marcello Dell'Utri chiamava "attenzione al cliente". Nei primi anni '90, agli esordi della tv commerciale, si sono inventati questa bellisssima formula. L'inserzionista arriva, attirato non soltanto dagli sconti sugli spot che venivano proposti, ma anche una forma di "coccolamento" del cliente: la sbirciatina della telecamera alla marca, un servizio benevolo e così via.

R : La pubblicità è in poche mani come risorsa, come soldi; la proprietà dei mezzi è anch'essa concentrata in poche mani.

A : E' concentrata in poche mani e soprattutto la proprietà dei mezzi è nelle mani di editori non puri. Chi governa questo sistema è poi soprattutto la pubblicità, perché è attraverso la pubblicità che vengono tenuti in piedi i mezzi di comunicazione di massa. Il 50% dello stipendio di un giornalista, il 50% del bilancio di una qualsiasi casa editrice, è costituito dagli introiti pubblicitari e quindi questi ultimi sono preziosissimi tanto è vero che negli ultimi tempi sono usciti diversi giornali "free press" che vengono regalati. Per questi giornali dunque non conta più l'acquisto da parte del lettore, conta molto di più la pubblicità. E quindi senza pubblicità i giornali non possono vivere assolutamente. Ma un conto è la pubblicità palese, tabellare, ben riconoscibile, ben altra cosa è la pubblicità occulta e di questo io parlo nel mio libro.

R :Ecco tu dici nel libro che il sistema dell'antica "marchetta" che è un pò vecchio come il giornalismo...

A : magari spieghiamo cos'è la "marchetta"...

R: Si, è diventato industriale; che cos'è la "marchetta" e qual è la sua evoluzione.

A:La "marchetta" è un termine volgare, brutto, mutuato dalle case di tolleranza, che sta a significare che i giornalisti si vendono per qualcosa; questo significa in estrema sintesi. Si vendono per che cosa? Per un gadget, per un viaggio premio e qualche volta anche per qualcosa di più. E' sempre esistita la "marchetta" soltanto che negli ultimi anni questo sistema è diventato dilagante perché i giornali vengono pensati soprattutto per la pubblicità e le "marchette" vengono decise non più in un accordo fra il giornalista e l'inserzionista, l'azienda, l'impresa che vuole promuovere il prorio marchio o il proprio prodotto, ma è qualcosa che viene deciso a livello alto nei giornali, nelle famose riunioni in cui - come dico nel mio libro - il direttore, l'ufficio marketing e il concessionario della pubblicità stabiliscono più o meno come dev'essere fatto il giornale. Ed è lì che davvero nasce la vera "marchetta". La "marchetta" da piccolo mezzo per corrompere il giornalista è diventato un sistema dilagante.

R: Un sistema accettato dai giornalisti e imposto dagli editori?

A:Diciamo purtroppo di si. Nel mio libro faccio fare una brutta figura alla mia categoria, alla categoria a cui appartengo; certo, non posso generalizzare perché ci sono delle zone d'eccellenza, però negli ultimi anni effettivamente, la professione giornalistica è stata snaturata e si è snaturata anche da sola al punto da accettare qualsiasi cosa, pur di scrivere di questo o di quell'altro. Veramente siamo arrivati a livelli molto bassi.

R: Quindi l'effetto della "marchetta" esponenziale è quello d'inquinare il rapporto di fiducia fra giornalista e testata da una parte e lettore dall'altra. Ci puoi fare qualche esempio di contenuti artefatti in funzione di un'operazione commerciale?

A :Beh, posso fare l'esempio di u gruppo di giornalisti che qualche tempo fa è stato trasportato con un aereo speciale a Santo Domingo per presentare una pillola anticoncezionale. La piccola anticoncezionale "Jasmine" della Shering. La Shering ha ammesso, io gliel'ho chiesto, di aver pagato il viaggio, il soggiorno e tutto il resto a questi venticinque giornalisti che si sonon sollazzati per qualche giorno per una conferenza stampa a Santo Domingo. Al ritorno poi hanno scritto, eccome se hanno scritto della pillola anticoncezionale "Jasmine". "Jasmine, la pillola anticoncezionale che non fa ingrassare e rende la pelle liscia", questa era una delle espressioni utilizzate. Gli articoli io me lisono letti, ne riporto anche stralci nel mio libro, sono proprio articoli dal sapore pubblicitario, non c'è dubbio. E senza nessun pudore poi, sui loro giornali i loro articoli venivano presentati "dal nostro inviato a Santo Domingo". Insomma, siamo arrivati veramente a livelli assurdi.

R: Ma in questi casi c'è pure la pagina pubblicitaria dell'azienda o è soltanto un redazionale?

A: Può essere un articolo in cui il giornalista si è venduto per un piatto di minestra o per un viaggio a Santo Domingo, può essere invece che ci sia sotto un accordo tra l'inserzionista e l'editore, a fronte di X pagine di pubblicità tabellare. Poi l'inserzionista pretende, addirittura per contratto, un'intervista all'amministratore delegato oppure un reportage sull'azienda, per far apparire quest'azienda nel migliore dei modi. E' un sistema che tradisce la fiducia dei lettori perché il lettore non sa cosa c'è dietro. E quindi si beve ques'informazione come se fosse informazione pura, in realtà è informazione commerciale.

R: quindi nella futuribile legge sul coflitto d'interessi, bisogna mettere anche questa incompatibilità fra operatori dell'informazione e gestori delle tavole rotonde...

A: Mah, diciamo che la legge già esiste e non ci sarebbe bisogno d'inventarsi altro. La legge sull'ordine vieta questo genere di cose. Poi abbiamo il decreto legislativo n.74 del 1992 che recepisce una direttiva europea che si occupa di pubblicità occulta e ingannevole e quindi non dovrebbe esserci confusione fra informazione giornalistica e pubblicità. Però, chi applica queste leggi? Come avvengono i controlli? E qui si apre un altro scenario inquietante perché se ne dovrebbe occupare l'ordine dei giornalisti; però l'ordine dei giornalisti svolge una funzione di controllore e di controllato nello stesso tempo. Poi c'è l'autorità antitrust, ossia l'autorità garante della concorrenza del mercato, però si muove soltanto su segnalazione. Se non arriva una segnalazione non si muove. Ma quando la segnalazione arriva si muove eccome. E' successo qualche anno fa, caso clamoroso, storico, che hanno beccato con le mani nella marmellata "quattroruote" perché hanno scoperto che "quattroruote" si era fatto pagare per scrivere degli articoli sulla "Passat". Questo è un caso che io racconto nel mio libro ed è un caso che è stato affrontato dall'autorità antitrust.

R: I "big spenders" della pubblicità cosa sono?, spieghiamo in modo chiaro chi sono questi investitori? I primi quali sono e se ci puoi raccontare qualche esempio su di loro...

A:L'auto, il largo consumo in generale, le acque minerali, i farmaci... sono questi che condizionano pesantemente l'informazione; sono loro i veri padroni delle notizie.

R: Che ordine di cifre spendono all'anno nel mercato dei media?

A: Siamo allo 0,7 del Pil; 7,5 miliardi di euro spesi in pubblicità ogni anno in Italia.

R: Per esempio l'automobile quanto investe?

A: Parecchi milioni di euro.Posso ricordare il caso delle acque minerali e qui siamo a circa 300 milioni di euro, che già è una bella cifretta. Quello è un prodotto tipicamente pubblicitario, nel senso che senza la pubblicità l'acqua minerale non esisterebbe.

R: I grossi strateghi del mondo pubblicitario, i gestori delle concessionarie, i proprietari dei media, addirittura teorizzano l'evoluzione dell'informazione nel senso di una promiscuità fra informazione e pubblicità.

A: Assolutamente si.

R: Ricordavamo prima il caso Giliberti; chi è Eduardo Giliberti?

A: Io ho intervistato Eduardo Giliberti che attualmente è amministratore delegato di Mondadori pubblicità ed è un personaggio che ha viaggiato moltissimo in questo settore, sempre ai vertici. E' stato amministratore delegato della Sipra, la concessionaria della Rai, poi è passato alla concessionaria della Rizzoli e adesso è al vertice della Mondadori pubblicità. Io l'ho intervistato e lui teorizza la confusione fra giornalismo e pubblicità. Dice che giornalismo e pubblicità sono la stessa cosa. Dice anche che, quando serve, chiama i direttori per far scrivere un articolo compiacente nei confronti degli inserzionisti.

R: E i direttori cosa fanno?

A: Accettanto

R: Quindi orami questa cosa è entrata nella cultura della comunicazione?

A: Si. d'altra parte io sono in grado di esibire una ricerca riservata che mi è stata passata proprio in questi giorni da un'agenzia di pubbliche relazioni. Il titolare di quest'agenzia ha letto il mio libro e lo ha trovato coerente con la realtà. Quest'agenzia, per il suo settore "ricerche e sviluppo", fa una ricerca tutti gli anni. Cosa fanno.... cercano di monitorare la stampa per capire quanto volte sono stati citati i marchi dei loro clienti. Tra novembre e gennaio controllano attentamente le cosidette "vetrine di Natale" che sono quelle paginate di giornale dedicate a vari prodotti, vendute come informazione giornalistica e in realtà è pubblicità pura. Ma questo non è tanto scandaloso perché il lettore sa che quelli sono dei prodotti promozionati. Però è curioso osservare come questi numeri sono cresciuti nel corso degli anni. Intendo dire le citazioni in pagina di questi prodotti. Nel 2002 le citazioni dei prodotto sono state 1.700, nel 2003 4000, nel 2004 5.700, nel 2005 11.799. Insomma, gli inserzionisti dicono "va bene, noi vi diamo un pò di pubblicità per tirare avanti, però voi ci date un pò di vetrine, o anche d'informazione redazionale e quindi poco a poco stanno conquistando i giornali.

R: la logica è quella che gli utenti dell'informazione, i cittadini, in realtà sono dei consumatori; è questa un pò la morale della favola.

A: Esattamente. I giornali si fanno per convincere i lettori ad acquistare delle merci, tant'è vero che in Italia c'è un'industria fiorente che è quella delle pubbliche relazioni. Sono 60.000 gli addetti in questo settore, contro 15.500 giornalisti professionisti. Quindi ognuno di noi ha tre addetti alle pubbliche relazioni che fanno di tutto: preparano comunicati stampa, veri e propri servizi giornalistici corredati di fotografie e di video; la nuova frontiera è preparare una parte del giornale "fuori" con una serie numerosa di "consigli per gli acquisti" da piazzare belli e pronti sui giornali. Complice è la crisi economica e anche la pigrizia dei colleghi.

R: E i cittadini cosa possono fare per resistere e per opporsi?

A: Beh, intanto leggere il mio libro perché è stato pensato come un manuale di autodifesa. Dopo aver letto questo libro nessun articolo vi sembrerà più autentico, o pochi articoli vi sembreranno autentici. Tenderete a vedere le cosiddette "marchette" un pò dappertutto. Però non dobbiamo esagerare; ci sono dei criteri che io spiego per individuare le "marchette". Dopo che le avete individuate, per favore, scrivere all'autorità antitrust; l'indirizzo lo trovate nel libro, lo trovate su internet e informate l'ordine dei giornalisti. E' solo così che noi possimamo mettere in un angolo i giornali, scartando quelli che vendono soltanto imbrogli.

R: Diccene uno di metodo per individuare una "marchetta".

A: Se un giornale vanta le proprietà di un solo prodotto e parla di un solo prodotto o di una sola azienda con degli aggettivi molto ricercati e senza un accenno di critica, quello è il primo segnale di allarme. Quando notate che accanto alla pubblicità c'è poi un articolo su un argomento simile, vuol dire che quella parte lì è stata concordata con l'inserzionista. Comunque a poco a poco, con l'allenamento, si scoprirà che solo un 30% del giornale che voi acquistate, soprattutto dei periodici, è informazione pura, il resto è quasi tutta pubblicità occulta.

R: Hai fiducia in una rinascita etica del giornalismo?

A: Ma si, perché stiamo toccando ormai il fondo, soprattutto perché i conti economici delle imprese editoriali non vanno bene, ci sono molte aziende in crisi e il contratto dei giornalisti non si riesce a fare e addirittura non c'è ancora un tavolo aperto con gli editori. Il giornalista in realtà è in crisi come figura professionale e quidi da questa crisi bisogna uscire nel migliore dei modi, con una riflessione etica, perché senza l'etica non si va da nessuna parte. Le leggi già esistono, però ci vuole più moralità.


trascritto da www.beppegrillo.it