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Biancaneve e i denti di Martha

di Miguel Martinez - 12/01/2007

 

"Attraverso il fumo scorsi un cadavere carbonizzato proprio davanti casa. Credevo fosse mia moglie, la presi fra le braccia e la strinsi a lungo, le tolsi con cautela la fede nuziale e l'orologio da polso. D'un tratto notai che un incisivo aveva una strana otturazione d'oro. Allora capii che non era Martha".

Testimonianza di un sopravvissuto al bombardamento di Darmstadt, settembre 1944 [1]


Pochi sanno che in una zona sperduta dello Utah, sorge un cosiddetto "Villaggio tedesco" di circa tredici chilometri quadrati, che ospita alcuni dei capolavori dell'architetto espressionista berlinese, Eric Mendelsohn [2].

German Village si trova all'interno del Dugway Proving Ground (DPG), un'area pari all'incirca alla Val d'Aosta, in pieno deserto.

Sul sito del DPG, potrete leggere la bella frase, "Caring for the Environment is also our business" all'incirca, "anche noi ci occupiamo dell'ambiente".

E in effetti il DPG è il luogo in cui i creativi del Chemical Warfare Service, oggi il Chemical Corps, si occupano da sessantacinque anni di napalm, botulina, antrace e gas nervino. Come dice un sito semi-ufficiale, con il solito linguaggio,   "The Chemical Branch is a branch of diversity, opportunity, and challenge."

Ma torniamo al Villaggio Tedesco. E' stato costruito nel 1943, dal Chemical Warfare Service.

Mendelsohn, che conosceva ogni dettaglio dell'architettura berlinese, ha elaborato i progetti, gli scenografi della RKO - i produttori di King Kong, Biancaneve e Via col vento, per capirci [3] -, esperti di ingegneria immaginaria, hanno curato le strutture e i tecnici della Standard Oil hanno fatto il lavoro. La bassa manovalanza fu, però, fornita dal lavoro forzato di detenuti comuni.

Attorno, una frotta di assicuratori esperti di incendi, e di psicologi intenditori del "morale del nemico". Una coproduzione, insomma, o se preferite, una feconda partnership di privato e pubblico.

L'idea era di costruire repliche perfette delle case operaie tedesche, per vedere come bruciarle, ovviamente con dentro i loro occupanti: non soldati, ma invalidi, mogli e vedove di soldati, con contorno di bambini e anziani, oppure lavoratori stranieri, sia volontari che schiavizzati.

Già nel novembre del 1942, Churchill aveva raccontato a Roosevelt le quote che la RAF si era proposta: "900.000 civili morti, un milione seriamente feriti, e 25 milioni senza tetto".[4]

Gli americani però fermarono Churchill, quando propose di bombardare le principali città tedesche con l'antrace prodotto a Dugway, allo scopo di uccidere subito la metà della popolazione per inalazione diretta.[5]

Le città tedesche (e non solo) venivano colpite regolarmente con bombe incendiarie a partire dai centri storici, con le loro antiche casette indifese e ravvicinate, piene di cianfrusaglie, in grado di prendere subito fuoco, magari ripassando per sterminare i vigili del fuoco: fu così che in pochi mesi, fu distrutto il 45% del patrimonio immobiliare tedesco.

Ma Berlino era un'altra cosa, con i suoi grandi casermoni operai.

Il Villaggio Tedesco permetteva di capire come far sì che gli esplosivi penetrassero attraverso i tetti, e soprattutto come far diffondere gli incendi all'interno. Per questo, ogni appartamento veniva arredato con mobili in stile proletario tedesco, costruiti - da perfezionisti - con legno russo e non americano.

Al Villaggio Tedesco si affiancò presto un Villaggio Giapponese, sempre a Dugway, e una "Little Tokyo" in Florida, ovviamente con il giusto arredamento di tatami.

Il think tank incaricato studiò, con un amore tutto americano per i numeri, un progetto per uccidere "584.000 persone" in sei città giapponesi, soprattutto per mandare un messaggio indiretto ai sovietici.

Il primo esperimento lo fecero, però, sulla città di Hankow, occupata certo dai giapponesi, ma abitata da cinesi.

Il 10 marzo del 1945, il comandante Curtis Le May applicò a Tokyo i risultati degli esperimenti a Dugway e in Florida, facendo sganciare di notte duemila tonnellate di soli prodotti incendiari. In alto nel cielo notturno, i piloti dovettero infilarsi le maschere a ossigeno per non vomitare per la puzza di centomila civili arsi vivi (ma il New York Times titolò, orgoglioso, "Forse morto un milione di giapponesi").

Così, giusto se volevate sapere che cos'era il German Village cui ho accennato nel post di ieri.

Note:

[1] Jörg Friedrich, La Germania bombardata. La popolazione tedesca sotto gli attacchi alleati 1940-1945, Mondadori, 2004. Il bombardamento uccise in un colpo solo il 10% della popolazione della città.

[2] Nella biografia su Wikipedia,  il "German Village" non compare nel pur lungo elenco delle sue opere.

[3] Sul sito della RKO, non troverete nulla su questa pur notevole realizzazione scenografica.

[4] La fonte è John Terraine, The Right of the Line: The Royal Airforce in the European war, 1939-1945, p. 507, citato in Mike Davis, Città morte. Storie di inferno metropolitano, Feltrinelli, 2004: è da questo libro che ho appreso dell'esistenza del Villaggio Tedesco, e da lì provengono le informazioni che riporto, salvo diversa indicazione. L'intero capitolo del libro riguardante il Villaggio Tedesco è disponibile in rete (in inglese).

[5] Davis cita come fonte Barton Bernstein, Churchill's Secret Biological Weapons, in "Bullettin of Atomic Scientists", gennaio-febbraio 1987, p. 49.