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E' morto l'abbé Pierre. Una vita dedicata agli ultimi, con polemiche, sull'aids e sull'Olocausto

di Anna Maria Merlo - 24/01/2007

L'insurrezione della bontà  

E' morto l'abbé Pierre. Una vita dedicata agli ultimi
Dalla resistenza alla politica, ma la sua scelta di campo è stata sempre al fianco dei senza fissa dimora. Le grandi campagne contro la fame e per la dignità di tutti gli esseri umani. Aveva 94 anni e la sua azione è stata accompagnata anche da polemiche, sull'aids e sull'Olocausto


Ieri mattina, le radio, dopo aver dato la notizia della morte dell'abbé Pierre, hanno raccontato il decesso di un senza tetto avvenuto a Valence all'alba di sabato, schiacciato da un camion della nettezza urbana che non l'aveva visto mentre dormiva, avvolto in una coperta. Più di 50 anni dopo il grido di indignazione che aveva fatto conoscere a tutta la Francia l'abbé Pierre, quando il 1° febbraio del '54, sulle onde di Radio Luxembourg, il frate cappuccino aveva chiesto aiuto, perché «una donna è appena morta congelata», il problema dei senza tetto è tornato in primo piano, con più di 100mila persone costrette a vivere in strada all'inizio del XXI secolo.
Simbolo della lotta per la dignità

L'abbé Pierre, che Roland Barthes aveva messo nelle sue Mythologies, è morto alle 5,25 di ieri mattina all'ospedale militare Val de Grâce a Parigi per un'infezione polmonare. Era ricoverato da otto giorni. Aveva 94 anni. In Francia e nel mondo, Il frate cappuccino era un simbolo della lotta per la dignità dei poveri. Negli anni Novanta è stato sempre in testa alla classifica della «personalità più amata dai francesi» (17 volte, dall'83 al 2003), dopo il comandate Cousteau e prima di Zinedine Zidane. L'abbé Pierre era una personalità circondata dal consenso, ma che ha lottato senza guardare in faccia nessuno, mettendo sotto accusa il mondo politico. Anche la sua popolarità lo lasciava scettico: «è sovente un modo per sfuggire alle proprie responsabilità», diceva.

L'abbé Pierre se le era assunte queste responsabilità. Era nato in una famiglia borghese di Lione, il suo vero nome era Henri Grouès e prese lo pseudonimo di abbé Pierre durante la clandestinità degli anni della resistenza. Quando entrò nell'ordine dei cappucini, a 19 anni, distribuì la sua parte di eredità ai poveri della città. L'abbé Pierre aveva una salute precaria, è stato più volte ricoverato all'ospedale durante la sua esistenza, ma questa informazione è sempre rimasta nell'ombra.

L'impegno all'inizio è stato di ordine politico. A Grenoble, durante l'occupazione, crea il primo rifugio per chi sfugge al lavoro obbligatorio in Germania e fonda un giornale clandestino, L'Union patriotique indépendante. Viene arrestato due volte, evade e incontra il generale De Gaulle ad Algeri il 17 giugno del '44. Il governo provvisorio lo nomina cappellano della marina. Alla Liberazione viene eletto deputato, nel '46 entra nel gruppo dell'Mrp e nel '50 nella Sinistra indipendente socialista, prima di essere battuto alle elezioni del '51. In questi anni comincia a operarare a favore dei senza tetto. All'inizio, accoglie delle persone in difficoltà in una casetta di Neuilly-Plaisence, nel dipartimento popolare della Seine-Saint-Denis. Tra le persone che gli stanno intorno, un ex detenuto, Georges, che aveva tentato di suicidarsi e che diventerà il suo primo stretto collaboratore. Questo luogo sarà battezzato «Emmaus»: oggi, dice Martin Hirsch, che dirige Emmaus France, «i 250 gruppi Emmaus nel mondo sono in profondo lutto. L'abbé Pierre aveva creato Emmaus nel '49. Dal frutto dell'incontro con un ex ergastolano, è nato un movimento che ha accolto, sostenuto e rimesso in piedi centinaia di migliaia di persone in Francia e nei quaranta paesi dove Emmaus è presente sotto l'egida di Emmaus Internazionale. L'abbé Pierre ha incarcato la generosità, l'impegno e la solidarietà, sempre mantenendo con forza la propria indipendenza. E' stato un perpetuo precursore, un eterno insoddisfatto di fronte alle ingiustizie, un infaticabile combattente per la dignità, un disarmante impenitente per tutti i poteri. Nessuno lo sostituirà, nessuno potrà pretendersi suo sucessore».

Da Charlie Chaplin alla regina del Belgio

La sua filosofia di vita era da un lato una permanente forza di indignazione e dall'altro la volontà di rimettere «in piedi» le persone, di ridare loro la dignità perduta. «La lotta per il mio pane - diceva - puo' essere del materialismo, la lotta per il pane degli altri, è già dello spiritualismo». L'abbé Pierre chiede l'elemosina sui Grands Boulevard, fa costruire delle abitazioni dagli stessi senza tetto (spesso sfidando le leggi comunali), è all'origine di campagne di raccolta di derrate per i poveri. Irrompe sulla scena pubblica francese nel freddissimo inverno del '54, che generò quella che il cappuccino aveva chiamato «l'insurrezione della bontà ». Decine di migliaia di persone si mobilitano, da Charlie Chaplin alla regina del Belgio gli danno consistenti assegni. L'androne della gare d'Orsay viene sequestrato per imagazzinare i doni che arrivano a tonnellate. La mobilitazione raccoglie mezzo miliardo di franchi nel '54, una cifra enorme. Questo tipo di protesta contro l'inaccettabile diventa un modello: sarà ripreso da Coluche, il fondatore dei Restos du cœur di cui il cappuccino celebrerà il funerale nell'86, e da tanti altri.

L'abbé Pierre, anche se per tre decenni sparisce quasi dalla scena pubblica, continua la sua lotta. Ogni tanto, emerge. Nel '69 elabora un «manifesto universale» che sarà adottato a Berna dalla prima assemblea mondiale di Emmaus, che all'articolo 1 dice che siano «serviti per primi i più sofferenti». Sognava un governo federale su scala planetaria, «rispettoso delle diversità umane, ma capace di imporre una legge minima comune». Prenderà posizione a favore degli abitanti del Bangladesh affamato nel '71 e per i boat people nel '79. Nell'84, fonda la prima «banca alimentare». Quell'anno irrompe di nuovo sulla scena pubblica, a causa di una storia legata alle Brigate rosse italiane: Vanni Mulinaris, un insegnante della scuola parigina Hyperion, sospettata dal governo italiano di essere una base della Br, viene arrestato mentre è in viaggio a Udine e incarcerato con l'accusa di terrorismo. L'abbé Pierre, che conosce personalmente Mulinaris, si indigna pubblicamente e denuncia una «violazione dei diritti dell'uomo» (Mulinaris resterà in carcere in Italia tre anni, prima di essere liberato senza processo).

Dall'84, ogni dieci anni rilancia lo stesso grido di indignazione del '54, di fronte a una povertà che invece di diminuire, aumenta: nel 2004, al Trocadero, lancia un nuovo appello a favore dei più poveri, condannando l'egoismo dei politici e dei proprietari, che si oppongono alle requisizioni di appartamenti vuoti. Ancora nel 2006, già in sedia a rotelle, si reca all'Assemblea nazionale per assistere al dibattito parlamentare sulla casa e palesare la sua indignazione di fronte a dei deputati che avevano ridotto i doveri dei comuni nella costruzione di case popolari. Nel '94 e nel '99 aveva ancora appoggiato e partecipato a delle occupazioni di case a Parigi.
L'immagine positiva dell'abbé Pierre è stata intaccata a due riprese nella sua lunga vita. Una prima volta, nel '94, quando in una trasmissione televisiva afferma che la migliore arma per lottare contro l'aids è «la fedeltà». Poi cambierà idea. Ma, soprattutto, crea un caso nel '96 quando difende Roger Garaudy, un suo amico, poi condannato per incitazione all'odio razziale a causa delle sue posizioni negazioniste sull'Olocausto. L'abbé Pierre, per difenderlo, fa riferimento a una lettura tradizionalista della Bibbia, pre-Vaticano II, in termini antiebraici. Verrà escluso dalla Licra (Lega contro il razzismo e l'antisemitismo). Si scuserà.
Anche se quando era deputato era stato vicino alla sinistra, l'abbé Pierre scrive nel suo libro di memoria, Testament: «Dicono che sono di sinistra. Mi fa sorridere. Destra, sinistra, non ne so nulla. La mia scelta è di mostare la realtà così com'è e di farne percepire le priorità».

Un funerale privato

Le reazioni per la morte dell'abbé Pierre sono state immediate. Per il presidente Jacques Chirac, «è tutta la Francia che è colpita al cuore», «la Francia perde un'immensa coscienza, l'incarnazione stessa della solidarietà». Per il primo ministro Dominique de Villepin, «l'abbé Pierre è stato, durante tutta la vita, una forza di indignazione capace di smuovere coscienze e cuori». L'ex presidente Valéry Giscard d'Estaing ha chiesto «ossequi nazionali», il socialista Laurent Fabius propone che venga inumato al Panthéon, tra i grandi uomini a cui la «patria è riconoscente». Il funerale si svolgerà in forma privata in Normandia, ma venerdì gli sarà reso un omaggio pubblico a Notre Dame. Reazioni immediate anche dai principali candidati alle presidenziali. Per Nicolas Sarkozy, «dalla resistenza all'appello del '54, dalla creazione di Emmaus alla sua lotta contro tutte le forme di ingiustizia, l'abbé Pierre era la voce dell'insurrezione e dell'interpellazione». Per Ségolène Royal, «la lotta della sua vita per i mal alloggiati resta purtroppo di attualità, il suo spirito di rivolta deve trovare un seguito per dare a tutti la sicurezza e la dignità della casa». Royal propone la «requisizione di alloggi vuoti speculativi e la costruizione di case popolari». Per Marie George Buffet, candidata del Pcf, «siamo milioni a portare l'immensa responsabilità di proseguire la sua lotta per sradicare la povertà». I Verdi promettono di «continuare l'azione» dell'abbé Pierre.