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L'Ecologia profonda e l'ecofemminismo

di Mario Spinetti - 26/01/2007

 

“Ogni cosa che dà la vita è femminile. Quando gli uomini cominceranno a capire la segreta armonia dell’universo, di cui le donne sono sempre state a conoscenza, il mondo cambierà in meglio“ (Lorraine Canoe, Mohawk - da AA. VV., 1995).
Il lupo selvaggio ricorda alla donna il suo essere selvaggio e se anche le strutture sociali maschiliste le hanno imposto una maschera e un dominio assoluto, la forza dell’istinto selvaggio può tornare alla luce per ridare alla donna la sua vera essenza e per riaffermare la sua profonda visione ecologica ed unitaria della natura. “Non è azzardato affermare che lo scisma primario tra natura e umanità (uno scisma che forse ha avuto origine dalla subordinazione gerarchica della donna da parte dell’uomo) ha ingenerato enormi fratture nella vita quotidiana, oltre che nella nostra sensibilità teoretica” (M. Bookchin in AA.VV., 1987).
La sensibilità femminile è nettamente più incline a percepire quel superamento del dualismo tra mondo umano e mondo naturale e se l’uomo non le avesse imposto la sua arroganza e la sua dominanza, il mutuo rapporto tra l’essere vivente e l’universo non avrebbe subito la scissione che invece ci ha condotto verso il baratro ed ha portato la condizione femminile verso la perdita della propria dignità e del proprio respiro selvaggio. Ma l’ululato del lupo ricorda alla donna il suo essere profondo, scevro, nella sua intimità, dai meschini parametri di dominio che sono invece profondamente radicati nell’essere maschile. La donna, liberata dalle catene che l’hanno avvolta per secoli, può tornare a correre, libera ed unitaria con il mondo selvaggio che le riconosce invece, in uno spirito assoluto, il suo valore e la sua partecipazione al concerto multiforme della natura. Occorre che la sua ribellione prenda il sopravvento affinché annulli in un sol colpo, dalle fondamenta, quella gabbia in cui è stata reclusa alienandola dalla dialettica degli elementi unitari. L’ululato del lupo selvaggio ricorderà alla donna che può farcela, può gettare la maschera imposta, può liberarsi del giogo che la opprime e farle adornare il capo con il senso della profonda verità delle cose. Il lupo selvaggio ricorda alla donna che l’uomo, nella sua infinita tristezza ha incupito la sua stessa esistenza lacerando la sua compagna della vita, rinunciando a vivere in armonia con essa e rinunciando alle gioie del vivere unitario. Da qui ha infierito nella distruzione anche su se stesso, perché distruggendo la donna ha tolto da se quel saggio e profondo senso del selvaggio che lo ha condotto verso la sua misera ed angosciata esistenza. Con il dominio assoluto, l’uomo ha dimenticato e soppresso ciò che la donna aveva da insegnarli: la profonda uguaglianza tra uomini e donne e la profonda uguaglianza ed unità con tutti gli elementi dell’universo. “Rispondi. Alla voce del vento. All’invito della natura. Alle domande del cuore. Rispondi al richiamo” (N. Evans, 1998).
“L’ecofemminismo considera la dominanza patriarcale degli uomini sulle donne come il prototipo di ogni dominazione e di ogni sfruttamento nelle loro varie forme: gerarchie, militaristiche, capitalistiche, industriali. In particolare sottolinea che lo sfruttamento della Natura è andato di pari passo con quello delle donne, che in ogni epoca sono state identificate con essa. Questa antica comunione fra donna e Natura lega la storia della donna a quella dell’ambiente, ed è all’origine di una affinità ovvia tra femminismo ed ecologia. Di conseguenza, l’ecofemminismo considera la conoscenza empirica tipicamente femminile come uno dei principi fondamentaali per una visione ecologica della realtà” (Capra, 1997).
“In effetti, alcune femministe sostengono che l’ecologia profonda sia una formulazione intellettuale delle intuizioni che molte donne hanno da secoli.....
Le femministe ampliano il senso di meraviglia nella nostra vita e l’impegno per un ruolo nella società attivo, nonviolento e creativo, dal momento che ci invitano a curare le nostre relazioni personali e a esaminare più a fondo i modi di pensiero prevalenti che sono la causa dell’egoismo, della competitività, dell’astrazione e del dominio. Il femminismo, inoltre, ha svelato l’esistenza di una ‘voce per la natura’ in quanto tale, piuttosto che esclusivamente per gli esseri umani” (Devall & Sessions, 1989).
Nessun dominio dovrebbe esistere nel rapporto uomo-donna e quindi nel rapporto unitario con la natura, ma poiché un dominio è avvenuto (quello dell’uomo) nel paradosso sarebbe stato meglio che le parti si fossero invertite, che la donna avesse avuto il “sopravvento” poiché ora, anche se un atteggiamento del genere può essere ugualmente messo in discussione, non saremmo però ad una arida spiaggia senz’acqua in cui siamo invece approdati. Il rapporto unitario con la natura e il rapporto di interrelazione tra gli esseri umani sarebbe stato in ogni caso sicuramente migliore e sinceramente profondo!
Diamo spazio a Judith Plant che, nell’affrontare l’intimo rapporto tra ecofemminismo e bioregionalismo, evidenzia bene, tra l’altro, il dominio dell’uomo sulla donna (da AA. VV., 1994 pagg. 48-51): “L’ecologia è lo studio delle interdipendenze e dell’interconnessione di tutti i sistemi viventi.
E’ a partire dall’osservazione delle gravi conseguenze ambientali che ne derivano, che gli ecologisti sono obbligati a porsi in posizione critica rispetto agli attuali comportamenti sociali.
Visto che il mondo naturale è pensato come risorsa, viene sfruttato senza riguardi per il suo ruolo di supporto a tutte le specie viventi.
L’ecologia sociale cerca di opporsi a questo atteggiamento dominante, indicando nell’armonizzazione fra la natura ed i bisogni vitali, cui la società deve far fronte, la via maestra per una società giusta.....
Nella cultura umana, l’idea di gerarchia è stata usata per giustificare la pratica della dominazione sociale; è stata poi proiettata nella natura, portando alla concreta affermazione di un atteggiamento di dominio anche nei suoi confronti.
La consapevolezza che in natura non esistono reali gerarchie, il riconoscersi nel valore della diversità e in una visione non gerarchica delle cose, sono punti strettamente condivisi da ecologisti e femministe.....
Storicamente, non abbiamo mai avuto potere sociale, al di là dei confini domestici, nè ruolo nella vita intellettuale.
Se l’ecologia parla a favore dell’altro, inteso come Terra, il femminismo parla invece dell’altro nella relazione ineguale uomo-donna.
L’ecofemminismo, così, parlando per entrambi gli altri originari, cerca di comprendere le radici comuni ad ambedue i tipi di dominio e sopraffazione e di indicare i modi di resistenza e di cambiamento.
Il compito assuntosi dall’ecofemminismo è quello di sviluppare la capacità di immedesimazione nell’altro, quando ci si trovi a considerare le conseguenze delle proprie azioni, e la consapevolezza di essere ognuno parte dell’altro......
Prima che il mondo venisse meccanizzato e industrializzato, la metafora per spiegare il Sè, la Società ed il Cosmo era l’immagine dell’Organismo.
Questo in ragione del fatto che la maggior parte della gente era quotidianamente in contatto con la terra e viveva un’esistenza basata su di essa.
La terra era vista come una femmina sotto due aspetti: uno passivo, di madre nutrice; l’altro, selvaggio e incontrollabile.
Queste immagini avevano la funzione di archetipi culturali. La terra era viva, sensibile, e perciò era contrario all’etica usarle violenza.....
Nel momento in cui la società iniziò il suo mutamento (...) l’immagine di una terra passiva, gentile, svanì.
La collera, la furia della natura, sempre vista come donna, ne divennero i nuovi tratti-simbolo, da cui la ‘necessità’ del dominio. E grazie alle nuove tecnologie, l’uomo, si pensava, sarebbe stato in grado di sottometterla veramente. (...)
Le battaglie per la vita della natura ... diventano temi femministi, se posti all’interno della prospettiva che abbiamo assunto: partecipando a queste lotte contro coloro che si arrogano il diritto di dominare il mondo naturale, contribuiamo a creare una coscienza della dominazione in atto a tutti i livelli.
Ma l’ecofemminismo crea anche interessi comuni fra donne e uomini.
Noi siamo state, sì, paragonate alla natura, ma anche educate dalla società a pensare in maniera dualistica: così, esattamente come gli uomini, ci sentiamo alienate.
Il sistema sociale non è buono, né per noi né per i maschi.
E’ dunque necessario individuare un campo comune da cui muovere per creare una coscienza critica, che renda possibile influenzare le strutture profonde della relazione società/ambiente. Le forme di resistenza non violenta - come la disobbedienza civile - contro lo scempio ambientale, possono promuovere, sostenere e sviluppare una vita culturale, che esalti le molte diversità presenti in natura e ne tragga le conseguenze sul piano dei rapporti interpersonali.....
La donna e la natura, ma bisognerebbe dire l’umanità e la natura, hanno bisogno di essere viste sotto una nuova luce, in base alla quale sia possibile ricucire i legami smagliati fra gli individui, e fra questi e la Terra... “.

“Siamo pervase dalla nostalgia per l’antica natura selvaggia. Pochi sono gli antidoti autorizzati a questo struggimento. Ci hanno insegnato a vergognarci di un simile desiderio. Ci siamo lasciate crescere i capelli e li abbiamo usati per nascondere i sentimenti. Ma l’ombra della Donna selvaggia ancora si appiatta dietro di noi, nei nostri giorni, nelle nostre notti. Ovunque e sempre, l’ombra che ci trotterella dietro va indubbiamente a quattro zampe.....
La fauna selvaggia e la Donna Selvaggia sono specie a rischio.
Nel tempo, abbiamo visto saccheggiare, respingere, sovraccaricare la natura istintiva della donna. Per lunghi periodi è stata devastata, come la fauna e i territori selvaggi. Per alcune migliaia di anni, e basta guardarsi indietro perché la visione si rappresenti, resta relegata nel più misero territorio della psiche....
Non a caso le antiche lande selvagge del nostro pianeta scompaiono a mano a mano che svanisce la comprensione della nostra intima natura selvaggia.....
Dunque la parola selvaggio qui non è usata nel suo senso moderno peggiorativo, con il significato di incontrollato, ma nel suo senso originale, che significa vivere una vita naturale, in cui la creatura ha la sua integrità innata e sani confini.... “ (Pinkola Estés, 1993).
Occorre ricordare che non a caso in questo libro quando si cita la parola “uomo” ci si riferisce quasi sempre al significato letterale del termine escludendo quindi volutamente la donna. Il mondo umano anche nella terminologia è purtroppo essenzialmente volto al maschile! Facciamo un piccolo esempio al riguardo. Se si scrive un libro sul lupo e si intitola “La lupa” chiunque interpreterebbe l’argomento su una trattazione della vita della femmina del lupo anche se la pubblicazione intenderebbe approfondire la vita della specie nella sua interezza. Questo la dice fin troppo lunga. E’ palesemente evidente che anche nella semplice terminologia il mondo tende “razzisticamente” al maschile. Questa non è una supposizione ma un crudo fatto reale, assolutamente unilaterale, ma assolutamente ingiusto. Eppure la natura ci ha insegnato una ben altra universalità!!