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Sydney, un clima da apocalisse

di Paola Desai - 02/02/2007

 
Con la sua spettacolare baia e le belle spiagge suburbane, Sydney in Australia passa per una delle città dove la vita è più piacevole. Eppure su questa città della dolce vita incombe un futuro di ondate di caldo sempre più feroci, alluvioni e incendi forestali, siccità prolungata. Un futuro molto vicino, per molti aspetti già presente - questo prevede il rapporto pubblicato ieri dal Csiro (Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization), la più importante istituzione statale di ricerca scientifica, che ha analizzato gli effetti del previsto cambiamento del clima in Australia.

La ricerca prende proprio la città di Sydney come «caso», e traccia un quadro allarmante. Lo scenario delle previsioni è all'anno 2050, cioè un orizzonte temporale tutto sommato vicino per dei decisori politici. Dice il Csiro che le temperature nella regione di Sydney potrebbero aumentare di 5 gradi centigradi sopra alla media globale, provocando uno stato permanente di siccità: per la precisione la temperatura massima salirà di 1,6 gradi entro il 2030 e 4,8 entro il 2070, mentre la media delle precipitazioni sarà diminuita del 40%. La siccità è già una condizione ricorrente in Australia, quest'anno si parla della peggiore dell'ultimo secolo. Ora il Csiro avverte: Sydney diverrà insostenibile a meno che nei prossimi vent'anni gli abitanti riescano a tagliare i consumi d'acqua della metà rispetto a quelli attuali. Basta che la temperatura aumenti un grado di media (nei prossimi vent'anni?) e la pioggia cali del 5%, e i 4 milioni di abitanti della città più piacevole dell'Australia si sentiranno come gli abitanti di una qualche cittadina rurale dell'arido entroterra. Anche perché l'innalzamento del livello dell'oceano (uno degli effetti del riscaldamento globale del clima del Pianeta) provocherà l'erosione fino a 22 metri delle famose spiagge a nord della città - e insieme alla spiaggia «mangerà» molte delle residenze milionarie oggi affacciate sul mare. Tutto questo avrà un costo umano molto alto: il rapporto prevede ad esempio un aumento notevole di morti dovute al caldo nella popolazione di età superiore ai 65 anni: dagli attuali 176 all'anno a 1.312 nel 2050.

Il rapporto del Csiro è «una lettura terrificante», ha commentato Morris Iemma, premier dello stato del New South Wales (che aveva commissionato lo studio): «Può suonare come unpo scenario da apocalisse, ma è lo scenario con cui la città e lo stato devono fare i conti», ha dichiarato. E ha telefonato al primo ministro John Howard per chiedere un impegno a riduzioni drastiche delle emissioni di gas di serra, responsabili del riscaldamento abnorme dell'atmosfera terrestre.

Questo è uno dei punti dolenti. L'Australia, con gli Stati uniti d'America, è la seconda nazione industrializzata al mondo che ha rifiutato di ratificare il Protocollo di Kyoto, cioè l'unico trattato internazionale vincolante che impone ai circa 40 paesi industrializzati del pianeta di tagliare le emissioni di gas di serra: l'obiettivo è probabilmente insufficente (meno 5,2% in media rispetto al livello di emissioni del 1990), ma sarebbe almeno un primo passo. Sia Washington che il governo di Canberra rifiutano Kyoto con l'argomento che danneggerebbe le rispettive economie, e poi che è scorretto perché non obbliga i grandi paesi «in via di sviluppo» a tagliare le loro emissioni - paesi come Cina e India, che in effetti stanno diventando grandi inquinatori: ma procapite non si avvicinano neppure al livello dei paesi industrializzati. L'Australia ad esempio, uno dei maggiori esportatori di carbone al mondo, è il decimo più grande emettitore di gas di serra. «Il Commonwealth non può continuare a nascondere la testa nella sabbia su questa questione. E' ora che il primo ministro si impegni a adeguarsi agli obiettivi che ci siamo dato nel New South Wales per cpombattere il cambiamento del clima». Lo stato con Sydney in effetti ha varato una sua politica in controtendenza con quella nazionale: l'obiettivo è di produrre il 15% della sua energia con fonti rinnovabili entro il 2020, e ridurre del 60% le emissioni di gas di serra entro il 2050.