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Dovremo versare un miliardo di dollari

di Manlio Dinucci - 09/02/2007

 
3° memorandum Il primo nel 1998 firmato dal governo D'Alema, il secondo, nel 2002 dal governo Berlusconi

Con il memorandum d'intesa, firmato ieri al Pentagono dal sottosegretario di stato per la difesa Giovanni Forcieri (Ds), l'Italia si è assunta ulteriori impegni nel programma del caccia statunitense Joint Strike Fighter, guidato dalla Lockheed Martin. E' il terzo memorandum d'intesa: il primo venne firmato il 23 dicembre 1998, durante il governo D'Alema; il secondo, il 24 giugno 2002 durante il governo Berlusconi. Un caso esemplare di convergenza bipartisan, che ha portato l'Italia a partecipare alla realizzazione di questo caccia, ribattezzato F-35 Lightning (fulmine), definito da Forcieri «il più grande e tecnologicamente più evoluto programma della storia dell'aviazione».

«Questo dovrebbe essere considerato un aereo italoamericano», ha dichiarato orgoglioso il sottosegretario alla commissione difesa della camera lo scorso 16 gennaio. Le ali vengono infatti realizzate in Italia, su disegno e progettazione in parte sviluppati da oltre cento ingegneri di Alenia aeronautica. L'Italia è nel programma come partner di secondo livello, dopo Usa e Gran Bretagna al primo: il tricolore compare quindi al terzo posto sulla fusoliera del caccia che, lo scorso 15 dicembre, ha compiuto in Texas il volo inaugurale. Volerà quindi su ali italiane l'F-35 Lightning che, sottolinea il Pentagono, «come un fulmine colpirà il nemico con forza distruttiva e inaspettatamente».

Una volta testati i prototipi, nel 2008 inizierà la produzione delle tre varianti del caccia: la prima a decollo e atterraggio convenzionali, la seconda per le portaerei, la terza a decollo corto e verticale. Usa e Gran Bretagna ne acquisteranno complessivamente circa 2.600. L'F-35 Lightning è infatti un caccia multiruolo, concepito per tutte le missioni di attacco. L'Italia, ha confermato il sottosegretario Forcieri, ne acquisterà 131 per la marina e l'aeronautica, che saranno così dotate di «uno strumento idoneo ad assolvere ai rispettivi ruoli in modo completo, efficace e, possibilmente, con il minimo impegno finanziario». Sull'efficacia di questo aereo quale strumento di guerra, non ci sono dubbi. Ve ne sono, invece, sul «minimo impegno finanziario».

Per partecipare al programma, l'Italia si è impegnata a versare un miliardo di dollari (oltre 900 milioni di euro). Si aggiungerà a questo il costo degli aerei, quantificato da Forcieri in 45-55 milioni di euro per velivolo a seconda delle versioni. L'acquisizione dei velivoli - si specifica nel comunicato stampa emesso ieri dopo la firma del memorandum d'intesa - «comporterà per l'Italia un impegno stimato in circa 11 miliardi di dollari». Forcieri ignora però che il costo di tutti i sistemi d'arma aumenta in continuazione. La promessa che l'Italia potrà acquistare i caccia «a costi consolidati e definiti» è quindi fallace. Forcieri promette però che vi saranno «ritorni industriali pari al 100%». Le società italiane - Avio, Piaggio, Galileo avionica, Oto Melara e altre - hanno ottenuto contratti per 191 milioni di dollari e ulteriori impegni per 827 per un totale di oltre un miliardo di dollari. Sono stati raggiunti accordi per la costituzione in Italia di una seconda linea di assemblaggio finale e di collaudo del caccia, probabilmente nell'aeroporto di Cameri (Novara).

Il sottosegretario Forcieri lo presenta dunque come un grande affare per l'Italia. Tace però su un particolare: i miliardi dei contratti per l'F-35 Lightning entreranno nelle casse delle aziende private, mentre i miliardi per lo sviluppo e l'acquisto dei caccia usciranno dalle casse pubbliche. Si aggiungono a questi circa 7 miliardi di euro per acquistare 121 Eurofighter Typhoon, il caccia europeo che l'Italia sta costruendo (insieme a Gran Bretagna, Germania e Spagna) mentre allo stesso tempo partecipa alla realizzazione del caccia statunitense, concorrente di quello europeo.
Nel comunicato, il sottosegretario afferma che la partecipazione dell'Italia alla realizzazione dell'F-35 Lightning, «segno tangibile dell'importanza della cooperazione transatlantica», creerà fino a 10mila posti di lavoro, distribuiti per il 40% nel nord e per il 60% nel centro/sud. Il progetto del caccia coinvolge in Italia già 12 regioni e circa 40 siti industriali. E, una volta attivata la linea di assemblaggio e collaudo, tale area si allargherà: la Lockheed Martin punta infatti a una produzione di oltre 4.500 F-35 Lightning. Una bella prospettiva di sviluppo e di crescita dell'occupazione, quella di puntare su uno dei più micidiali sistemi d'arma, che «come un fulmine colpirà il nemico con forza distruttiva e inaspettatamente» nel quadro della strategia statunitense della «guerra preventiva», a cui l'Italia viene sempre più legata. A chi spera di trovare lavoro in questo modo non resta che dire: finché c'è guerra c'è speranza.